L’ordinanza in commento va a iscriversi a pieno titolo nel novero dei provvedimenti secondo cui, in sostanza, il concetto di “primo incontro” all’esito del quale le parti sono chiamate ad esprimersi circa la “possibilità” di iniziare il tentativo di mediazione non può ritenersi operante in sede di mediazione delegata ex art. 5, co 2, D.lgs 28/2010.
O emerge, dinanzi al mediatore, una qualche questione pregiudiziale (non facilmente precisabile, per la verità) tale da impedire al procedimento di svolgersi, oppure, ai fini del verificarsi della condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la mediazione dovrà essere effettiva, vale a dire con ingresso nel merito della controversia, indipendentemente, poi, dall’esito della stessa.
La vicenda, come è noto, parte da lontano.
All’origine, senza dubbio, un dato incontrovertibile: il legislatore del 2013, mentre da un lato ha inteso potenziare l’istituto della mediazione delegata, con la previsione del potere, per il giudice, di “disporla”, condizionando ex post la procedibilità della domanda dinanzi a sé pendente, dall’altro non ha ritenuto di precisare regole procedimentali proprie per l’ipotesi de qua.
Con la conseguenza che, in presenza di un’unica disposizione, l’art. 8, D.lgs 28/2010, dedicato al “procedimento”, le regole nello stesso prescritte dovrebbero ritenersi applicabili a tutte le tipologie di mediazione, ivi compresa la mediazione delegata ai sensi dell’art. 5, co. 2.
Il “primo incontro”, di cui al primo comma del medesimo art. 8, costituirebbe pertanto una caratteristica anche del modello di mediazione da ultimo considerato, con la conseguenza – bizzarra sul piano puramente logico prima ancora che giuridico – che a fronte di una valutazione di “mediabilità” della causa previamente operata dal giudice, finirebbe con il prevalere una valutazione di segno contrario svolta dalle parti in sede di primo incontro con il mediatore.
Quest’ultimo dovrebbe verbalizzare l’esito negativo dell’incontro “…non avendo le parti riscontrato la sussistenza dei presupposti per l’inizio del tentativo di mediazione di cui all’art. 8, co. 1, D.lgs 28/2010”, e detto verbale renderebbe la causa procedibile, secondo un’interpretazione puramente letterale del dettato dell’art. 5, co. 2 – bis, secondo cui “…quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”.
Non è chi non veda la contorsione e la viziosità di un simile stato di cose, che finisce con il vanificare l’ordine del giudice, per definizione successivo ad una attenta valutazione, da parte dello stesso, in ordine agli spazi di mediabilità della lite.
Di qui, le reazioni di una cospicua parte della giurisprudenza, il cui orientamento può essere paradigmaticamente condensato in un notissimo passaggio dell’ordinanza 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze, che, con la “consorella” del 17 marzo, diede i natali all’indirizzo in parola: “…ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’ inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. Non avrebbe ragion d’essere una dilazione del processo civile per un adempimento burocratico del genere. La dilazione si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un’effettiva chance di raggiungimento dell’accordo alle parti. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione”.
Da allora molto di positivo è avvenuto nell’ambito della mediazione, ma il legislatore, a proposito di mediazione delegata, nulla ha inteso mutare o precisare. Inevitabile, quindi, che la giurisprudenza ne abbia fatto in qualche modo le veci, mirando a rendere effettivo un tentativo conciliativo, tale da condizionare la procedibilità della causa, che, in ultima analisi, deriva da un’iniziativa che la legge ha consentito espressamente al giudice di assumere.
Dott. Luigi Majoli
Il Giudice Istruttore
Esaminati gli atti del procedimento e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 24 settembre 2015;
valutata la natura della causa (risarcimento danni a seguito di evento dannoso verificatosi nel corso di un viaggio crociera) e le difese delle parti;
ritenuto opportuno disporre l’esperimento del procedimento di mediazione in vista di una possibile conciliazione, alla luce degli elementi in fatto e diritto prospettati dalle parti e della tipologia dei rapporti intercorsi;
viste le modifiche introdotte dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98;
Letto ed applicato l’art. 5, comma II, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28,
DISPONE l’esperimento della mediazione ed assegna termine alle parti di quindici giorni per depositare la domanda di mediazione dinanzi a un organismo scelto dalle parti, avuto riguardo ai criteri dell’art. 4 I comma del d.lgs. 28/2010, salva la facoltà delle parti di scegliere concordemente un organismo avente sede in luogo diverso da quello indicato nell’art. 4 citato;
FISSA nuova udienza in data 21 aprile 2016 per verificare l’esito della procedura di mediazione.
PRECISA che per “mediazione disposta dal Giudice” si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e le parti – anziché limitarsi ad incontrarsi e informarsi, non aderendo poi alla proposta del mediatore di procedere – adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità;
PRECISA che le parti dovranno presentarsi dinanzi al mediatore personalmente e munite di assistenza legale di un avvocato iscritto all’Albo.
Si comunichi alle parti.
Reggio Calabria, 5 ottobre 2015
Il giudice
Dott.ssa Lucia Delfino