La compagnia di assicurazione che non partecipa al procedimento di mediazione adducendo quale giustificazione la fondatezza delle proprie ragioni, ostacola il corretto esplicarsi degli strumenti conciliativi e può essere condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio e al doppio delle spese processuali per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.
Secondo il Tribunale di Roma, la parte non può limitarsi ad opporre quale giustificato motivo della mancata partecipazione alla mediazione, l’asserzione aprioristica che la propria posizione sia fondata rispetto alle tesi della controparte, poiché ammettendo ciò sussisterebbe sempre e comunque in capo a chiunque un giustificato motivo per non comparire.
Poiché, invece, la mediazione nasce da un contrasto tra le parti che il mediatore tenta di dirimere riallacciando canali di dialogo, non può esserci alcuna presa di posizione preconcetta fondata su ragioni proprie occorrendo, invece, una partecipazione effettiva.
Testo integrale:
IN NOME del POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di ROMA SEZIONE Sez.XIII°
N. RG.14521-11
Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi
nella causa tra
G.A. (avv.to R.N.) attore
e
A.N. convenuta contumace
e
spa ASSICURAZIONE…. in persona del suo legale rappresentante pro tempore convenuta (avv. A.R.)
ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art. 281 sexies cpc, alla pubblica udienza del 29.5.2014 dando lettura del dispositivo e della presente motivazione, facente parte integrale del verbale di udienza, la seguente
S E N T E N Z A
letti gli atti e le istanze delle parti, osserva:
Esclusa la necessità di ulteriore attività istruttoria, il fatto e la responsabilità esclusiva, della causazione del sinistro del conducente della Toyota Yaris tg .., A.N. non sono contestati né dalla N. (che lo ha ammesso) né dalla compagnia di assicurazione che ha provveduto al risarcimento dei danni.
L’evento dannoso è accaduto in data 29.12.2008 quando G.A. aveva 58 anni.
E’ importante indicare la data del fatto in quanto dal marzo 2001 (l.5.3.2001 n.57) è in vigore il sistema del punto legale al quale il giudice in virtù della legge 12.12.2002 n. 273 può derogare in aumento solo nella misura di un quinto (cosa che non si ritiene di fare in questo caso).
Più specificamente la legge (oggi decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 Codice delle assicurazioni private, art.139) prevede che “il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all’applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6. L’importo così determinato si riduce con il crescere dell’età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall’undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari ad euro seicentosettantaquattro virgola settantotto; a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di euro trentanove virgola trentasette per ogni giorno di inabilità assoluta;in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno”.
Come detto, la legge prevede che “l’ammontare del danno biologico (temporaneo e permanente) liquidato ai fini può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
Ne consegue che per quanto riguarda il danno biologico permanente da 1 a 9 punti ed il danno biologico temporaneo vanno applicate, de plano, le norme suindicate e le relative tabelle applicative (derivanti dai decreti ministeriali di periodico aggiornamento).
Per quanto invece concerne:
1. il danno biologico (temporaneo e permanente) relativo ad aree diverse da quella dei danni derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ed
2. il danno biologico permanente derivante da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti per il quale i postumi delle lesioni sono superiori al nove per cento, il sistema seguito per la valutazione del danno biologico può muovere (il corsivo sta a significare che non si tratta di un’applicazione standardizzata ed automatica) dal valore di punto che rappresenta il criterio più ampiamente diffuso nell’ambito dei tribunali.
Invero l’applicazione delle tabelle di punto ha il vantaggio di attenuare la possibilità di trattamenti diversi per situazioni analoghe (come pure quello di consentire alle parti di addivenire più agevolmente a soluzioni transattive extragiudiziali).
Omissis (…)
L’oggetto sostanziale della lite – La proposta ex art.185 bis e l’invio in mediazione demandata
La controversia come evidenziato supra riguarda nella sostanza i contenuti risarcitori più che la sussistenza del diritto al risarcimento nelle sue diverse voci.
Ovvero, in parole semplici, il contrasto fra le parti costituite si è appuntato sul se le somme già erogate fossero adeguate e interamente satisfattive, come ritenuto, contrariamente dall’attrice, dalla compagnia assicuratrice.
Con ordinanza del 30.9.2013 il giudice formulava una proposta ai sensi dell’art.185 bis e nello stesso provvedimento disponeva, per l’ipotesi che le parti non fossero riuscite da sole a trovare un accordo su tale proposta, un percorso di mediazione demandata ai sensi del comma secondo dell’art.5 decr. lgs.28/2010 come modificato dal d.l.69/2013.
L’assicurazione ha rigettato la proposta del giudice e non si è presentata, benché ritualmente convocata dall’attore, in mediazione.
Ha chiesto ed ottenuto di inserire a verbale quale motivo della mancato accoglimento della proposta e della mancata partecipazione alla mediazione demandata dal giudice la seguente circostanza: “alla luce delle risultanze della consulenza medico legale, l’offerta formulata in data 8.9.2009 risulta congrua” (lettera del 30.12.2013)
Omissis (…)
Le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente convocato al procedimento di mediazione attivato dall’attore su disposizione del giudice ex art. 5 co. II° decr. lgsl. 28/10 comma (mediazione demandata).
L’art.8 co.IV° bis prima parte del decr. lgsl. 28/2010 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
La norma si applica a differenza della seconda parte dell’art. 8 co.IV° bis (relativa al contributo unificato) che riguarda solo le parti costituite, a tutte le parti.
La (in)sussistenza di un giustificato motivo per non aderire, non presentandosi, all’ incontro di mediazione.
Quanto al giustificato motivo addotto dall’assicurazione per non aderire alla disposizione del giudice emessa ai sensi dell’art.5 co.II° (che per l’attore non è più un invito, per quanto autorevole,come previsto dalla previgente norma, ma un ordine, presidiato com’è dalla improcedibilità della domanda in caso di inottemperanza), l’affermazione avente ad oggetto la ritenuta congruità delle somme già versate, non può essere condivisa.
Traslando tale ragionamento in generale si potrebbe infatti affermare che ogni qualvolta la controparte ritenga erronea la tesi della parte che l’ha convocata in mediazione (come in questo caso), e pertanto inutile la sua partecipazione all’esperimento di mediazione, essa sia validamente dispensata dal comparirvi.
L’esponente non si avvede nell’aporia in cui incorre posto che così ragionando sussisterebbe sempre in ogni causa un giustificato motivo di non comparizione, se è vero com’è vero che se la controparte condividesse la tesi del suo avversario la lite non potrebbe neppure insorgere e se insorta verrebbe subito meno. La ragione d’essere della mediazione si fonda proprio sulla esistenza di un contrasto di opinioni, di vedute, di volontà, di intenti, di interpretazioni etc., che il mediatore esperto tenta di sciogliere favorendo l’avvicinamento delle posizioni delle parti fino al raggiungimento di un accordo amichevole.
In questo caso poi l’assicuratore aveva una doppia ragione per partecipare alla mediazione: da una parte la sussistenza dell’usuale conflitto di opinioni fra le parti che in questo caso verteva sulla sussistenza o meno dell’esatto adempimento dell’obbligo risarcitorio ritenuto sussistente dall’assicurazione ed insussistente dall’attore.
Dall’altra la circostanza che il giudice aveva evidentemente (come suggeriva il contenuto della coeva proposta ex art.185 bis) esaminato gli atti, studiato le posizioni delle parti, ed infine effettuata una delibazione che, in relazione alle circostanze tutte indicate dal secondo comma dell’art.5 decr. lgsl.28/2010, lo aveva convinto della utilità di un percorso di mediazione nell’ambito del quale le parti avrebbero potuto approfondire le rispettive posizioni fino al raggiungimento di un accordo per entrambe vantaggioso.
Omissis (…)
Non avendo partecipato, ingiustificatamente, l’assicurazione al procedimento di mediazione al quale era stata convocata la stessa va condannata al versamento all’Erario della somma di €.374,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.
La cancelleria provvederà alla riscossione.
La condanna alle spese processuali (artt.91 e 92 cpc), che può riguardare anche la parte vittoriosa in giudizio, nonché ai sensi dell’art.96 co.III° sarà trattata infra (3.4.) unitariamente alle conseguenze processuali del mancato ingiustificato accoglimento del percorso avviato con la proposta del giudice ex art. 185 bis.
Il mancato accoglimento della proposta del giudice. Effetti processuali e sostanziali.
Seppure non sia stato previsto dal legislatore un sistema sanzionatorio ad hoc, come nel caso della mediazione, devesi ritenere che la fatica e l’impegno del giudice, che per adottare il provvedimento di cui all’art.185 bis cpc, studia gli atti, valuta e soppesa le diverse posizioni e cerca di mettere le parti nella migliore condizione per raggiungere un accordo per tutte in qualche misura vantaggioso – evidentemente più vantaggioso della sentenza (altrimenti perché accordarsi ?) – non sia stato previsto per essere destinato ad essere considerato un mero flatus vocis.
Con l’ordinanza di cui all’art.185 bis il giudice deve sviluppare una formidabile energia al fine di fare emergere quanto di più genuino, essenziale e serio vi è nelle opposte posizioni delle parti.
La proposta contiene quindi un più o meno implicito invito alle parti a rinunciare a tattiche e strategie che poco hanno a che vedere con quel nucleo di giusto e di vero che si è ricercato e ravvisato nelle rispettive posizioni delle stesse.
La proposta deve essere di conseguenza dai destinatari rispettata e considerata con altrettanta serietà e attenzione.
La proposta si fonda sull’esame, da parte dello stesso giudice che in caso di mancato accordo deciderà con sentenza la causa, del materiale istruttorio fino al momento della proposta acquisito.
In primo luogo, non può ontologicamente affermarsi a carico di alcuna delle parti l’obbligo cogente di accogliere la proposta del giudice, e ciò proprio per la natura dello stesso provvedimento, che non è uno iussum ma appunto una proposta.
Ma il fatto stesso che la legge preveda la possibilità che il giudice formuli la proposta implica che non è consentito alle parti non prenderla in alcuna considerazione.
Perché così opinando si ammetterebbe che l’introduzione di un forte ed innovativo incentivo legale alla soluzione alternativa delle liti, con la formulazione della proposta da parte del giudice con l’impegno e l’assunzione di responsabilità che essa comporta ed alla quale non fa certo da usbergo il divieto di ricusazione, sia per sua natura imbelle.
Il che è illogico.
Per contro, e proprio in virtù di quanto finora detto circa l’importanza e delicatezza della proposta che, impegnando non poco la sensibilità oltre che l’arte del giudice, assolve nell’ottica del legislatore ad un importante compito deflattivo e di A.D.R. impedendo che ogni controversia debba necessariamente concludersi con una sentenza, non può ammettersi che le parti possano assumere senza conseguenze, contro di essa, un atteggiamento anodino, di totale disinteresse, deresponsabilizzato, solo ostinatamente ed immotivatamente diretto a coltivare la permanenza e protrazione della controversia.
Le parti hanno invece l’obbligo, derivante sia dalla norma di cui all’art.88 c.p.c. secondo cui le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, e sia in base al precetto di cui all’art.116 c.p.c., norma di carattere generale, di prendere in esame con attenzione e diligenza la proposta del giudice di cui all’art.185 bis c.p.c., e di fare quanto in loro potere per aprire ed intraprendere su di essa un dialogo, una discussione fruttuosa, e, in caso di non raggiunto accordo, di fare emergere a verbale dell’udienza di verifica, lealmente, la rispettiva posizione al riguardo.
Le parti hanno quindi un’alternativa all’accettazione della proposta.
Questa alternativa si può articolare in diversi modi.
La proposta è un offerta mobile, irrorata, come si legge nel provvedimento supra riportato,dall’equità e da uno spirito conciliativo.
Le parti possono disarticolarne il contenuto, trasformandola secondo i loro più veritieri e non rinunciabili interessi primari.
Non è invece ammesso l’accesso alla superficialità, ad un rifiuto preconcetto, ad un pregiudizio astratto, al proposito ed all’interesse, non tutelati dalle norme, a protrarre a lungo la durata e la decisione della causa.
Né ha lecito ingresso un rifiuto palesemente irragionevole, in irriducibile contrasto con le risultanze della causa, specialmente laddove il materiale istruttorio sia ampio e satisfattivo.
L’astrattezza delle pretese e degli obiettivi sperati si deve trasformare, davanti alla proposta, nell’esame ragionato e approfondito, ad opera delle parti, del concreto peso e valenza del materiale su cui la proposta si fonda.
Il merito ragionato deve diventare la stella polare della adesione o meno (se del caso con i concordati adattamenti) alla proposta.
E correlativamente, ad opera del giudice, misura e metro della valutazione della condotta di chi si è sottratto al dovere di lealtà processuale che la proposta ex art. 185 bis richiama ed esalta.
Omissis (…)
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
Roma lì 29.5.2014
Il Giudice
dott. cons. Massimo Moriconi