Ancora un provvedimento con il quale, nell’ambito della mediazione delegata di cui all’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, si sottolineano con forza i principi – ormai ampiamente condivisi in giurisprudenza – relativi all’effettività del tentativo di mediazione ed alla partecipazione personale delle parti all’incontro con il mediatore.
Il Tribunale osserva innanzitutto come in sede di primo incontro, ex art. 8 D.lgs 28/2010, il mediatore sia tenuto a chiedere alle parti di esprimersi circa la possibilità di iniziare la procedura di mediazione, vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della stessa, e non su una asserita volontà in ordine all’avvio della procedura, dal momento che in tale ultimo caso si tratterebbe, sostanzialmente, di mediazione non obbligatoria bensì facoltativa.
Nel caso di specie (giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo), il Giudice ritiene che sussistano “…i “gravi motivi” di cui all’art. 649 c.p.c. per sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto, i quali possono attenere non soltanto al periculum, qualora si ritenga che l’esecuzione forzata del decreto ingiuntivo opposto possa danneggiare in modo grave il debitore, senza garanzia di risarcimento, in caso di accoglimento dell’opposizione ma anche, a prescindere dalla sussistenza di tale presupposto, alla probabile fondatezza dell’opposizione”.
Ciò posto, considerato che l’art. 5, co. 4, D.lgs 28/2010, prevede che i precedenti commi 1 – bis e 2 non si applichino “…nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione …”, il Tribunale rileva tuttavia come, in considerazione della natura della causa, del concreto oggetto di lite e del valore di essa, emerga l’opportunità che le parti sperimentino un procedimento di mediazione ai sensi del dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2020 (delegata quindi dal giudice), da intendersi comunque a pena di improcedibilità della domanda.
Proprio ai fini del verificarsi della condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la pronuncia in oggetto mostra di aderire a pieno titolo a quella sempre più sedimentata giurisprudenza per la quale per mediazione disposta dal giudice (e, in senso più lato, per mediazione a tutti gli effetti) deve intendersi un tentativo di mediazione effettivamente avviato, ossia il fatto che le parti, anziché limitarsi ad incontrarsi ed informarsi, per poi non aderire alla proposta del mediatore di iniziare il tentativo, adempiano effettivamente all’ordine del giudice, partecipando alla vera e propria procedura (auspicabilmente) conciliativa, salvo, naturalmente, l’emergere di questioni pregiudiziali (di natura – pertanto – oggettiva) ostative al suo svolgimento.
Paradigmatica, sul punto, l’ordinanza 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze, nella quale, pur muovendo dalla premessa di una difficile individuazione del confine tra la fase preliminare e la mediazione vera e propria, si osserva, con riferimento alla mediazione delegata ex art. 5, co. 2, come “…ritenere che l’ordine del giudice sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione, (…) possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre, appare una conclusione irrazionale e inaccettabile”.
Ciò in quanto “…ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’ inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. Non avrebbe ragion d’essere una dilazione del processo civile per un adempimento burocratico del genere. La dilazione si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un’effettiva chance di raggiungimento dell’accordo alle parti. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione”.
Come ormai ben noto, alle c.d. ordinanze “fiorentine”, si sono in seguito aggiunti molti altri provvedimenti di diversi uffici giudiziari, che hanno ritenuto di confermare, più e più volte, il medesimo orientamento.
Naturalmente, l’orientamento in parola non può che poggiare anche su un ulteriore pilastro.
Un tentativo di mediazione che possa definirsi “effettivo”, infatti, non può in alcun modo prescindere dalla presenza personale delle parti, dovendo limitarsi a casi eccezionali l’ipotesi in cui esse siano sostituite da un rappresentante sostanziale, pure munito dei necessari poteri.
Tale principio è ribadito ancora una volta nella presente ordinanza, nel momento in cui si evidenzia come la previsione contenuta nell’art. 8, D.lgs 28/2010, secondo cui “…al primo incontro e agli incontri successivi fino al termine della procedura le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato…”, implichi la volontà di favorire la comparizione personale delle parti, quale indefettibile e autonomo centro di imputazione e valutazione di interessi.
In sintesi, si osserva come l’assenza delle parti determini conseguenze rilevanti sulla natura stessa del tentativo di mediazione che, in quanto tale, dovrebbe dipanarsi in modo tale da consentire agli interessati di assurgere quanto più possibile al ruolo di autentici protagonisti della vicenda (auspicabilmente) destinata a favorire il recupero di un rapporto tra loro, anticamera di ogni ipotesi di conciliazione. Una trattativa svolta dai soli avvocati potrebbe anche portare ad un esito fruttuoso, ma non rappresenterebbe una mediazione vera e propria, assumendo piuttosto le sembianze di una mera transazione, in quanto tale ispirata alla (diversa) logica delle reciproche rinunce.
Sulla base delle considerazioni che precedono, dunque, i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di mediazione delegata sottolineano, in sostanza, come sia connaturata al concetto stesso di mediazione la presenza delle parti dinanzi al mediatore (Cfr., ex multis, Trib. Firenze, ordd. 17 e 19 marzo 2014; Trib. Roma, sent. 29 maggio 2014 e ord. 30 giugno 2014; Trib. Bologna, ord. 5 giugno 2014).
Senza parti, salvo casi eccezionali, parlare di mediazione diventa arduo.
Ma si può parlare di mediazione quando – presenti le parti – il primo incontro si esaurisca nella mera manifestazione di una (asserita) volontà “di non mediare” che varrebbe a realizzare una condizione di procedibilità? Secondo un numero sempre crescente di giudici, una tale situazione deve considerarsi un non senso logico, prima ancora che giuridico.
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TRIBUNALE ORDINARIO di SIRACUSA
II Sezione Civile
Nella causa civile iscritta al n.r.g. XXXX promossa da: XXXX con il patrocinio dell’avv. XXXX
OPPONENTE
contro YYYY con il patrocinio dell’avv. YYYY
OPPOSTO
Il Giudice dott. Stefania Muratore,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 13/01/2015, letti gli atti,
rilevato che l’opposizione è fondata su prova scritta, in quanto l’opponente ha prodotto due quietanze liberatorie, riferite agli assegni sulla base dei quali è stato emesso il decreto ingiuntivo opposto, sottoscritte da parte opposta con firma autenticata da Pubblico Ufficiale del Comune di …..;
ritenuto che pertanto ricorrano i “gravi motivi” di cui all’art. 649 c.p.c. per sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto, i quali possono attenere non soltanto al periculum, qualora si ritenga che l’esecuzione forzata del decreto ingiuntivo opposto possa danneggiare in modo grave il debitore, senza garanzia di risarcimento, in caso di accoglimento dell’opposizione ma anche, a prescindere dalla sussistenza di tale presupposto, alla probabile fondatezza dell’opposizione;
rilevato, con riferimento al procedimento di mediazione, che l’art. 5/4 del d.lgs. 28/2010 (come modificato dal dl. 21.06.2013 n. 69 convertito in l. 09.08.2013 n. 98) prevede che i precedenti commi l bis e 2 non si applichino ” …nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione …”;
ritenuto, peraltro, che, in considerazione della natura della causa, del concreto oggetto di lite, del valore di essa e di quanto sopra indicato con riferimento alle contrastanti prove documentali in ordine alle reciproche pretese, emerge l’opportunità che le parti sperimentino un procedimento di mediazione ai sensi del decreto citato, ex art. 5/2 decreto cit. (su disposizione del giudice), da intendersi comunque a pena di improcedibilità della domanda; ritenuto, con riferimento a detto procedimento: 1) in primo luogo, che l’esplicito riferimento
operato dalla legge (art. 8) alla circostanza che ” …al primo incontro e agli incontri successivi fino al termine della procedura le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato …” implica la volontà di favorire la comparizione personale della parte, quale indefettibile e autonomo centro di imputazione e valutazione di interessi, dovendo limitarsi a casi eccezionali l’ipotesi che essa sia sostituita da un rappresentante sostanziale, pure munito dei necessari poteri; 2) inoltre, che le procedure di mediazione ex art. 5, comma l bis (ex lege) e comma 2 (su disposizione del giudice) del d.lgs. 28/10 (e succ. mod.), sono da ritenersi ambedue di esperimento obbligatorio, essendo addirittura previste a pena di improcedibilità dell’azione; che difatti, per espressa volontà del legislatore, il mediatore nel primo incontro chiede alle parti di esprimersi sulla”possibilità” di iniziare la procedura dimediazione, vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della medesima e non sulla volontà delle parti, dal momento che in tale ultimo caso si tratterebbe, nella sostanza, di mediazione non obbligatoria bensì facoltativa e rimessa al mero arbitrio delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva;
P.Q.M.
SOSPENDE la provvisoria esecuzione del decreto opposto;
RINVIA la causa per il prosieguo all’udienza del 9.06.2015 h. 9.30 (orario effettivo di trattazione);
DISPONE che le parti esperiscano il procedimento di mediazione, come in parte motiva, con onere di impulso a carico della parte più diligente entro il termine perentorio di gg. 15 dalla comunicazione della presente ordinanza, a pena di improcedibilità della domanda;
INVITA le parti a comunicare l’esito della mediazione con nota da depositare in Cancelleria almeno 10 gg prima dell’udienza, nota che dovrà contenere informazioni in merito all’eventuale mancata partecipazione delle parti personalmente senza giustificato motivo; agli eventuali impedimenti di natura pregiudiziale che abbiano impedito l’effettivo avvio del procedimento di mediazione; nonché infine, con riferimento al regolamento delle spese processuali, ai motivi del rifiuto dell’eventuale proposta di conciliazione formulata dal mediatore;
DISPONE infine che a cura della parte attivante il procedimento, copia del presente verbale sia trasmesso altresì al mediatore.
Si comunichi alle Parti. Siracusa, 17 gennaio 2015
II Giudice
dott. Stefania Muratore