12 Maggio
Redazione
Condominio
La mediazione civile di cui al D.lgs 28/2010 rappresenta uno strumento di composizione delle controversie alternativo rispetto al giudizio, con conseguente notevole vantaggio in termini di risparmio di tempo e – quindi – di costi.
Se quanto precede è vero in generale, a maggior ragione sembra valere con riferimento alla materia condominiale, materia “particolare” sotto molteplici profili, tanto giuridici quanto umani, nella quale la mediazione veramente può costituire oltre che il luogo in cui dirimere le questioni tecniche e giuridiche anche il momento in cui confrontarsi per comprendere le esigenze delle persone e i risvolti emozionali delle singole situazioni.
L’aspetto attinente ai rapporti interpersonali ed agli interessi comuni è fondamentale nelle controversie condominiali, in quanto riguardanti relazioni di durata, dal momento che di regola le parti continueranno a trovarsi in stretta vicinanza tra loro.
Un’eventuale accordo raggiunto in mediazione – sede in cui le parti sono le reali protagoniste del procedimento – sarà senz’altro preferibile, sotto il profilo della ricostruzione dei rapporti e della condivisione di regole comportamentali – della decisione imposta dall’alto, all’esito di una vicenda lunga e costosa come quella processuale, che spesso lascerà comunque insoddisfazioni latenti e, quindi, strascichi tutt’altro che piacevoli nella quotidianità.
Per queste ragioni si ritiene opportuno sintetizzare, sotto forma di quesiti e relative risposte, taluni aspetti inerenti alla mediazione nell’ambito condominiale.
Il D.lgs 28/2010 dispone, all’art. 5, co. 1, che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio è tenuto, preliminarmente, ad intraprendere il procedimento di mediazione. Quindi, come in tutte le ipotesi contemplate dalla predetta disposizione, la mediazione anche in materia di condominio si pone come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’art. 71 – quater disp. att. cod. civ. afferma che le controversie in materia di condominio, dunque sottoposte a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, D.lgs 28/2010, sono quelle derivanti dalla violazione o dalla errata applicazione delle disposizioni riguardanti il condominio, vale a dire libro II, titolo VII, capo II del codice civile e degli articoli da 61 a 72 delle disp. att. cod. civ.
L’amministratore di condominio, secondo l’art. 5 – ter, D.lgs 28/2010 (introdotto dalla c.d. “Riforma Cartabia” è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.
Laddove la mediazione non sia stata esperita, l’improcedibilità può essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6 del medesimo D.lgs 28/2010. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale.
L’amministratore non potrà assumere alcuna determinazione in ordine alla definizione conciliativa della controversia da mediare. L’amministratore è un mandatario, come tale sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali oggetto di controversia e quindi di mediazione e, di conseguenza, del potere necessario per addivenire alla soluzione della controversia. Il passaggio assembleare, pertanto, dovrà ritenersi necessario con riferimento a qualsiasi decisione da prendere in sede conciliativa.
L’istanza di mediazione deve essere depositata presso un Organismo di Mediazione che abbia una sede (principale o secondaria) nel circondario del Tribunale ove si trova il Condominio.
Decorre dalla data dell’assemblea, nell’ipotesi di condomino presente e, ovviamente, dissenziente, ovvero dalla data di ricezione di copia del verbale, nell’ipotesi di condomino assente.
L’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nella proposta con le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c., secondo cui. “L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.
Beninteso, nell’ipotesi di proposta formulata dal mediatore, il termine di cui all’art. 11, D.lgs 28/2010 (secondo cui “le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni dalla comunicazione o nel maggior termine indicato dal mediatore, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata”), decorrerà dalla data di celebrazione dell’assemblea volta alla discussione e deliberazione sulla stessa.
Nelle ipotesi di controversia tra condominio e amministratore (eventuali negligenze del medesimo, gravi irregolarità, bilancio non veritiero, etc.) possono intraprendersi due percorsi alternativi.
Innanzitutto il giudizio di revoca ex art. 64 disp. att. cod. civ., il quale costituisce un procedimento di volontaria giurisdizione, non avente natura contenziosa, che si svolge in camera di consiglio con le forme di cui agli artt. 737 e segg. c.p.c., e che quindi risulta escluso dall’obbligo di previo ricorso alla mediazione ai sensi di quanto previsto dall’art. 5, co. 6, lett. f), D.lgs 28/2010.
Qualora invece il condominio ritenga di agire in ragione del rapporto contrattuale di mandato intercorrente con il proprio amministratore, la controversia dovrà essere preceduta dall’esperimento del tentativo di mediazione, versandosi a pieno titolo nell’ambito delle controversie in materia condominiale di cui all’art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010.
No, in quanto l’amministratore, ottenuta la deliberazione di approvazione del preventivo o del consuntivo delle spese condominiali e del conseguente piano di riparto, è legittimato al ricorso per ingiunzione (provvisoriamente esecutivo ex lege, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.) nei confronti del condomino moroso.
Giova a tale proposito ricordare che l’art. 5, co. 6, D.lgs. 28/2010, prevede che “I commi 1 e l’art. 5 – quater (vale a dire, rispettivamente, la mediazione obbligatoria ante causam e quella delegata dal giudice) non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, (…)”;
Quindi nel procedimento monitorio la mediazione non è richiesta preventivamente, così come non è richiesta per l’ipotesi di opposizione al decreto da parte del condomino ingiunto, ma dovrà essere attivata solo a seguito della pronunzia da parte del giudice dell’opposizione in ordine alla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ottenuto.
In tal caso, secondo quanto previsto dall’art. 5 – bis, D.lgs 28/2010 “…l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo (…)”. A titolo di esempio: l’amministratore del condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., è il soggetto legittimato ad agire in giudizio, senza preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale, per riscuotere i contributi dovuti in base allo stato di riparto approvato dall’assemblea.
Può, pertanto, ottenere dal giudice un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ex lege, secondo il disposto dell’art. 63, co. 1, disp. att. c.c..). Incomberà dunque sul condominio l’onere di attivazione del tentativo di mediazione una volta che il giudice, nel giudizio di opposizione, abbia pronunciato sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, ai sensi degli artt. 648 e 649 c.p.c.
Sì, potrà depositare istanza di mediazione in tal senso e potrà addivenire ad una ipotesi di accordo conciliativo (ad es. pagamento della morosità in un certo numero di rate) che dovrà poi essere sottoposta all’assemblea, dal momento che spetta ovviamente alla stessa e non all’amministratore il potere di approvare una transazione, mentre viceversa non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i condomini morosi dilazioni di pagamento o accordi conciliativi e/o transattivi senza apposita autorizzazione assembleare.
La mancata convocazione di uno dei proprietari costituisce vizio di annullabilità e non di nullità. Il concetto è stato chiarito dalla nota sentenza della Corte di Cassazione, SS. UU., n. 4806/2005 con cui i giudici di legittimità hanno segnato la differenza fra le due tipologie di vizi. Con la conseguenza che se nessuno impugna la delibera nei termini di cui all’art. 1137 c.c. (entro trenta giorni dall’assemblea per i presenti – astenuti o dissenzienti – ed entro trenta giorni dalla ricezione del verbale per gli assenti) i vizi della medesima vengono sanati e le decisioni assunte diventano definitive.
A norma dell’art. 1137 c.c., tutti i condomini, compresi i singoli comproprietari, devono essere individualmente convocati all’assemblea. La convocazione eseguita nei confronti di un comproprietario di unità immobiliare in condominio non vale anche per l’altro o gli altri. Questo perché tutti i condomini hanno il diritto di agire per tutelare il bene immobile di loro proprietà, anche attraverso l’impugnazione di una delibera condominiale che risulta dannosa per il condominio o per la proprietà singola. Si pensi al caso in cui il comproprietario sia stato del tutto estromesso, non avendo ricevuto l’avviso di convocazione: ben potrà impugnare la deliberazione adottata a seguito dell’assemblea a cui ha partecipato l’altro comproprietario (o gli altri comproprietari), laddove ritenga risultino lesi i propri diritti di proprietario.
Sul punto occorre operare un distinguo.
Se si tratta di azione ordinaria sarà necessario procedere dapprima con l’istanza di mediazione cosicché, nel caso di esito negativo della fase stragiudiziale, la successiva domanda risulti procedibile.
Qualora invece si tratti di azioni possessorie ex art. 1168 e 1170 cod. civ., data l’urgenza di un provvedimento giudiziario volto ad ottenere l’immediata tutela di una situazione di fatto relativa ai beni e servizi del condominio lesi dal condomino (o, in ipotesi, anche da un terzo), l’art. 5, co. 6, lett. d), D.lgs 28/2010, prevede che l’istanza di mediazione non debba essere depositata “…fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile”.
Certamente, in quanto ai sensi dell’art. 71 quater disp. att. cod. civ. tutte le liti interessanti il condominio devono necessariamente passare per l’esperimento del procedimento di mediazione di cui al D.lgs 28/2010 per poter avere accesso, eventualmente, alla fase giudiziale. Basti pensare alla frequenza delle controversie tra il condominio ed un fornitore, oppure a quelle relative ai contratti di appalto tra il condominio e l’impresa incaricata di lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria relativi allo stabile o a parti di esso.
Le spese di mediazione vanno divise esattamente come ogni altra spesa condominiale: in maniera proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.
Occorre distinguere due voci di spesa: in primo luogo, dovrà corrispondere all’organismo, al momento del deposito della domanda, nel caso di Condominio istante, ovvero all’adesione alla procedura, nel caso di Condominio chiamato, oltre alle spese documentate, un importo a titolo di indennità comprendente le spese di avvio e le spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro (art. 17, co. 3, D.lgs 28/2010). Se la mediazione si conclude senza l’accordo al primo incontro, il Condominio non sarà tenuto a corrispondere importi ulteriori.
Se invece il procedimento proseguirà oltre il primo incontro, il regolamento dell’organismo di mediazione indica le ulteriori spese di mediazione dovute dalle parti per la conclusione dell’accordo di conciliazione e per gli incontri successivi al primo, nel rispetto di quanto previsto dal D.M. 150/2023.
In secondo luogo, le spese legali, vale a dire, dal momento che in mediazione obbligatoria è prevista come necessaria l’assistenza obbligatoria di un avvocato, gli onorari da riconoscersi al professionista cui l’assemblea abbia conferito il mandato.
Occorre considerare due ipotesi:
innanzitutto, quella in cui il procedimento di mediazione riguardi una controversia tra condominio e condomino (c.d. lite interna al condominio). In questa ipotesi la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione, sentenza n. 11126/2006) ha precisato, sia pure con riferimento al giudizio, come la controparte del Condominio che tuttavia sia anche condomino debba considerarsi quale soggetto contrapposto alla compagine condominiale e quindi estraneo alle spese della stessa. Non si vede come la stessa regola non possa valere per il procedimento di mediazione, che, come noto, rappresenta in materia condominiale, condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In termini esemplificativi: poniamo il caso di impugnazione di delibera assembleare da parte di un condomino. Le spese legali (somme dovute all’Organismo di mediazione ed onorari dell’avvocato) dovranno porsi a carico di tutti i condomini, secondo i millesimi di proprietà, tranne colui il quale abbia avviato la mediazione, il quale, ovviamente, essendo parte nel procedimento, sarà tenuto al pagamento delle proprie spese di mediazione e degli onorari del proprio legale;
inoltre, il caso in cui sussista un diverso accordo tra tutti i condomini, preventivo rispetto al procedimento ovvero contenuto all’interno dell’accordo conciliativo raggiunto attraverso la procedura di mediazione.
Con riferimento invece alle c.d. liti esterne, quelle cioè tra condominio e terzi (ad es. fornitori, imprese, ditte etc.), le spese di mediazione dovranno necessariamente essere ripartite tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà.
Sì, nel successivo giudizio il giudice può desumere argomenti di prova a sfavore della parte che non abbia partecipato alla mediazione senza giustificato motivo. In secondo luogo – e soprattutto – il giudice potrebbe (rectius: dovrebbe) condannare il condominio renitente alla chiamata in mediazione al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio. Infatti, l’art. 12– bis, D.lgs 28/2010 prevede che “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione”.
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