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31 Ottobre

Luigi Majoli

Diritti reali

Diritti reali e mediazione civile

I diritti reali sono caratterizzati dalla peculiarità di consentire al titolare di disporre direttamente della res oggetto del diritto stesso, salvi, naturalmente, gli eventuali limiti previsti dalla legge.
Nella nozione di res rientra qualsiasi bene della vita, sia esso materiale ovvero immateriale (ad es. il diritto d’autore relativo ad una determinata opera).
Nell’assenza di un’espressa previsione normativa, si ritiene tuttavia che i diritti reali costituiscano un numerus clausus, vale a dire che sia precluso ai privati creare diritti reali diversi ed ulteriori rispetto a quelli espressamente disciplinati dalla legge. Inoltre, altro tratto distintivo proprio dei diritti reali è quello della tipicità, in conseguenza del quale risulta preclusa all’autonomia privata la possibilità di modificare il contenuto essenziale dei singoli diritti reali.
Nell’ambito dei diritti reali, la distinzione fondamentale è quella tra diritti di godimento e diritti di garanzia.
Con riferimento alla prima categoria, occorre precisare che i diritti reali di godimento possono riguardare la cosa propria (ius in re propria), come nel caso della proprietà di un bene, oppure una cosa altrui (ius in re aliena), ossia i diritti reali che gravano su beni di proprietà altrui e che sono destinati a coesistere, comprimendolo, con il diritto del proprietario.

La Proprietà (art. 832 c.c.) è il diritto che consente al titolare la libertà più ampia di godere e di disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, con esclusione, beninteso, degli atti che possano nuocere o recare molestia ad altri (art. 833 c.c.). Naturalmente, tra i modi di acquisto della proprietà rientra l’usucapione.

L’Usufrutto (art. 981 c.c.) consente al titolare (usufruttuario) di godere della cosa di proprietà altrui, rispettandone la destinazione economica (art. 981), traendone ogni utilità possibile, conseguendo i frutti civili per un tempo determinato, stabilito dalla legge o mediante contratto (artt. 978 e ss. c.c.).

L’Uso (art. 1021 c.c.) consente di servirsi di una cosa di proprietà altrui limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.

L’Abitazione (art. 1022 c.c.) è un diritto similare all’uso, ma relativo a una casa che può essere abitata dal titolare del diritto limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.

L’Enfiteusi (artt. 957 ss. c.c.) attribuisce al titolare (enfiteuta), per almeno 20 anni (art. 958 c.c.), gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti di un fondo, sulle utilizzazioni del sottosuolo e sulla scoperta di un eventuale tesoro (art. 959 c.c.), con obbligo dell’enfiteuta di migliorare il fondo, di corrispondere un canone (artt. 959-960 c.c.) e di pagare le imposte (art. 964 c.c.).

La Superficie (art. 952 c.c.) è il diritto, attribuito ad altri dal proprietario di un suolo, di erigere e mantenere una costruzione, che rimarrà di proprietà di colui il quale l’avrà costruita (art. 952) e che potrà dallo stesso anche essere alienata. In particolare, la superficie trova frequente applicazione nell’ambito dell’edilizia pubblica: l’ente pubblico (ad es. Comune) favorisce, sotto il profilo del prezzo, l’acquisto di un immobile da parte delle categorie meno abbienti, ma solo a titolo di superficie, con conseguente impossibilità per l’acquirente, dunque, di alienare la piena proprietà dello stesso.

Le Servitù prediali (art. 1027 ss. c.c.) consistono nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente ad altro proprietario. Si pensi al caso del terreno raggiungibile dal proprietario solo mediante attraversamento di altro terreno di proprietà d’altri (passaggio coattivo, art. 1051 cc.). Ma si pensi anche, a titolo esemplificativo, alle servitù di acquedotto e di scarico coattivo (artt. 1033 e 1043 c.c.).

Con riferimento ai diritti reali di garanzia, come è noto, si distinguono il pegno (artt. 2784 ss. c.c.), con cui il debitore consegna una cosa mobile al creditore, con obbligo del creditore di restituirla al debitore dopo l’estinzione del debito e l’ipoteca (artt. 2808 ss. c.c.), che attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche nei confronti del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione.

In relazione in particolare alla proprietà, l’art. 922 c.c. ne disciplina i modi di acquisto, vale a dire gli atti o fatti giuridici che consentono di divenire proprietario di un bene, sia esso mobile o immobile. Non deve intendersi tuttavia un’elencazione tassativa, stante la previsione della possibilità di acquisizione del diritto anche “negli altri modi stabiliti dalla legge”.

Devono distinguersi i modi di acquisto della proprietà a titolo originario da quelli a titolo derivativo.

Nel primo caso, l’acquisizione del diritto prescinde dalla titolarità dello stesso in capo ad un altro soggetto, il che significa che non si verifica alcun trasferimento.

Si tratta dell’occupazione, dell’invenzione, dell’accessione, dell’unione, della specificazione e dell’usucapione, relativamente alla quale, nello specifico, il comma 12 – bis dell’art. 2643 c.c. prevede che tra gli atti che devono essere resi pubblici con il mezzo della trascrizione rientrino gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Nel caso invece di acquisto a titolo derivativo, si ha il trasferimento del diritto da un soggetto a un altro. Ciò può avvenire naturalmente tanto in forza di atti mortis causa, quanto di atti inter vivos, quali, ad esempio, la donazione, la permuta e la compravendita: si pensi, ad esempio, all’utilità dello strumento della mediazione nell’ambito delle controversie, assai frequenti, aventi ad oggetto inadempimenti di contratti preliminari che prevedono trasferimenti immobiliari

Ora, ai sensi dell’art. 5, D.lgs 28/2010, le controversie in materia di diritti reali richiedono il preliminare esperimento del tentativo di mediazione, che si pone dunque come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Con particolare riferimento alla proprietà, ogni controversia riguardante detto diritto risulta dunque assoggettata, a pena di improcedibilità della domanda, al previo esperimento del tentativo di mediazione.

Ciò vale, quindi, per tutte le c.d. azioni petitorie, le quali hanno natura reale in quanto volte a far valere un diritto reale. Si tratta:

dell’azione di rivendicazione (art. 948 c.c.), vale a dire l’azione concessa a chi si afferma proprietario di un bene non avendone tuttavia il possesso, al fine di ottenere l’accertamento del diritto di proprietà e la condanna di chi lo possiede o detiene alla sua restituzione;

dell’azione di mero accertamento della proprietà, riconosciuta a chi ha interesse ad una pronuncia giudiziale che affermi il suo diritto di proprietà su un determinato bene;

dell’azione negatoria (art. 949 c.c.), concessa al proprietario di un bene al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza di diritti reali vantati da terzi sul bene stesso, nonché la condanna alla cessazione delle molestie o turbative poste in essere e al risarcimento del danno;

dell’azione di regolamento dei confini (art. 950 c.c.), concessa al proprietario nei confronti del confinante e volta all’accertamento dell’esatta collocazione del confine tra due fondi contigui e, eventualmente, all’ottenimento della condanna alla restituzione della parte di terreno che dovesse risultare posseduta dal non proprietario;

dell’azione per opposizione di termini (art. 951 c.c.), prevista al fine di apporre o ristabilire i segni di confine tra due fondi.

Il necessario esperimento ante causam del tentativo di mediazione non riguarda invece le azioni possessorie (azione di reintegrazione, art. 1168 c.c. ed azione di manutenzione, art. 1170 c.c.), in quanto la regola dell’obbligatorietà della mediazione ratione materiae non opera, nei predetti casi, stante la previsione di cui all’art. 5, co. 6, lett. d), D.lgs 28/2010.

Il legislatore, dunque, sin dalla originaria formulazione del D.lgs 28/2010, ha inteso inserire il contenzioso in materia di diritti reali nel novero delle materie assoggettate all’obbligatorietà del preventivo tentativo di mediazione.

Scelta certamente da condividersi, in quanto si tratta, nella grande maggioranza dei casi, di controversie afferenti a rapporti destinati a durare nel tempo, che coinvolgono soggetti che fanno parte del medesimo gruppo sociale o del medesimo territorio o addirittura, ipotesi assai frequente, legati da vincoli di famiglia.

Si è evidentemente ritenuto che i predetti aspetti facilitino il dialogo e la mediazione e quindi la possibilità di trovare una soluzione al contrasto. I conflitti relativi ai diritti reali, infatti, derivano da motivazioni le più svariate, ma di regola nascono dalle problematiche inerenti all’esecuzione o all’interpretazione di un contratto, con cui le parti hanno costituito e regolato un diritto reale, ovvero, caso ancor più frequente, dalla richiesta, negata, di costituzione di un diritto reale.

L’esperienza insegna che le controversie in materia di diritti reali risultano spesso derivare da problematiche concernenti la relazione interpersonale tra le parti: di qui l’utilità di uno strumento come la mediazione, idoneo a favorire le parti nella ricostruzione di una visione comune e un percorso condiviso.

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