La partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione è richiesta dalla natura stessa dell’istituto
Commento:
Muovendo dalla considerazione di una ambiguità di fondo riscontrabile nella formulazione dell’art. 8, D. lgs 28/2010, nella pronuncia in esame si rileva che “…tuttavia, nell’art. 5, comma 5 bis, si parla di “primo incontro concluso senza l’accordo”. Sembra dunque che il primo incontro non sia una fase estranea alla mediazione vera e propria: non avrebbe molto senso parlare di ‘mancato accordo’ se il primo incontro fosse destinato non a ricercare l’accordo tra le parti rispetto alla lite, ma solo la volontà di iniziare la mediazione vera e propria”.
In tale prospettiva, prosegue il Tribunale, non potrà ritenersi osservato l’ordine del giudice laddove i soli difensori delle parti si rechino dal mediatore e, ricevute le chiarificazioni del caso su funzione e modalità della mediazione, dichiarino il proprio rifiuto di procedere nel tentativo.
Posto infatti che “…la natura della mediazione esige che siano presenti di persona anche le parti: l’istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto: questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. L’assenza delle parti, rappresentate dai soli difensori, dà vita ad altro sistema di soluzione dei conflitti, che può avere la sua utilità, ma non può considerarsi mediazione. D’altronde, questa conclusione emerge anche dall’interpretazione letterale: l’art. 5, comma 1-bis e l’art. 8 prevedono che le parti esperiscano il (o partecipino al) procedimento mediativo con l’ ‘assistenza degli avvocati’, e questo implica la presenza degli assistiti”, il giudice osserva che “…i difensori, definiti mediatori di diritto dalla stessa legge, hanno sicuramente già conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità. Se così non fosse non si vede come potrebbero fornire al cliente l’ informazione prescritta dall’art. 4, comma 3, del d.lgs 28/2010, senza contare che obblighi informativi in tal senso si desumono già sul piano deontologico (art. 40 codice deontologico ). Non avrebbe dunque senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore solo in vista di un’informativa”.
Il fatto che la condizione si avveri con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore appare poi “…particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di ‘mediabilità’ del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare ”la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”), e che tale valutazione si sia svolta nel colloquio processuale con i difensori. Questo presuppone anche un’adeguata informazione ai clienti da parte dei difensori; inoltre, in caso di lacuna al riguardo, lo stesso giudice, qualora verifichi la mancata allegazione del documento informativo, deve a sua volta informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione”.
Testo:
N. R.G. 2010/5210 T
TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE
Seconda sezione CIVILE
Il Giudice dott. Luciana Breggia,
sciogliendo la riserva che precede,
visti gli atti del procedimento di cui si trascrive la scheda di lite:
<<Parte attrice, omissis, deduce:
1. che in data 22.2.2000 i Sigg.ri omissis e Andrea acquistavano tutte le quote di partecipazione della Società in accomandita semplice, la quale era già proprietaria di tre immobili ad uso abitativo posti in Firenze, Via omissis;
2. Tali immobili presentavano precarie condizioni dovute a infiltrazione d’acqua provenienti dai lastrici solari e dalle terrazze sovrastanti di proprietà della omissis Sas di Giorgio omissis.
3. Le parti avevano trovato un accordo per la stipula di una successiva scrittura privata, in base alla quale la omissis. Sas avrebbe acconsentito ad una rapida esecuzione dei lavori e la omissis Sas si sarebbe assunta integralmente gli oneri di esecuzione dei lavori di sistemazione dei lastrici e quindi delle terrazze di proprietà della omissis.
4. In data 5.4.2000, al momento della firma della scrittura-convenzione condominiale, il Sig. omissis aveva sottoscritto la stessa, pur non comprendendo la lingua italiana, nella convinzione che si trattasse del medesimo contenuto dell’accordo in precedenza raggiunto.
5. Soltanto in seguito, aveva appreso che il testo sottoscritto disponeva, al punto 3, che la società omissis in futuro avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché alla stessa ricostruzione del lastrico solario.
Pertanto parte attrice chiede che il Giudice’’ accerti e dichiari la nullità della convenzione condominiale sottoscritta dalla società omissis Immobiliare stipulato in data 5.04.2000, ovvero la nullità della stessa nella sua parte individuata dal punto “3”;
Parte convenuta, Società omissis di Giorgio omissis Sas, si costituiva deducendo: che parte attrice contestava solo il contenuto della clausola n. 3, per cui la domanda di nullità dell’intera convenzione non doveva meritare accoglimento; la convenzione era stata stipulata nel 2000 davanti ad un notaio proprio al fine di trascrivere la stessa presso la competente Conservatoria dei Registri Immobiliari ai fini dell’opponibilità a terzi. Chiedeva il rigetto della domanda.>>
OSSERVA
1. All’esito della discussione con i difensori all’ultima udienza e alla luce della natura della causa, si rende particolarmente adeguato il ricorso a soluzioni amichevoli della medesima in quanto:
– si tratta di rapporto di natura condominiale iniziato nel 2000;
– indipendentemente dalla qualificazione giuridica della convenzione stipulata in data 5.4.2000, di fatto, possono essere intercorsi difetti di comunicazione tra le parti all’epoca dell’accordo;
– le parti hanno già avviato delle trattative (vedi udienze 28.2.2013, 8.5.2013, 19.9.2013, 5.12.2013) che tuttavia non stanno producendo un risultato positivo.
2. Pertanto ricorre il presupposto per ordinare l’invio in mediazione ai sensi dell’art. 5, comma II, del D.lgs 28/2010 (in base al principio tempus regit actum, la disposizione citata è applicabile ai procedimenti in corso a partire dal 21 settembre 2013 – art. 84 D.L. n. 69/2013).
3. Restano da precisare due importanti profili da osservare affinché l’ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità verificata).
I. la mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti;
II. l’ordine del giudice di esperire la mediazione ha riguardo al tentativo di mediazione vero e proprio.
4. A tale conclusione si giunge in base ad un’interpretazione teleologica delle norme che vengono in campo.
L’art. 5, comma 5 bis d.lgs. n. 28/2010, dispone: ”Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”.
L’art. 8 , in tema di ‘ procedimento’, dispone :”1.All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
Come si vede le due norme sono formulate in modo ambiguo: nell’art. 8 sembra che il primo incontro sia destinato solo alle informazioni date dal mediatore e a verificare la volontà di iniziare la mediazione. Tuttavia, nell’art. 5, comma 5 bis, si parla di “primo incontro concluso senza l’accordo”. Sembra dunque che il primo incontro non sia una fase estranea alla mediazione vera e propria: non avrebbe molto senso parlare di ‘mancato accordo’ se il primo incontro fosse destinato non a ricercare l’accordo tra le parti rispetto alla lite, ma solo la volontà di iniziare la mediazione vera e propria.
A parte le difficoltà di individuare con precisione scientifica il confine tra la fase cd preliminare e la mediazione vera e propria (difficoltà ben nota a chi ha pratica della mediazione), data la non felice formulazione della norma, appare necessario ricostruire la regola avendo presente lo scopo della disciplina, anche alla luce del contesto europeo in cui si inserisce (direttiva 2008/52/CE).
In tale prospettiva, ritenere che l’ordine del giudice sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre, appare una conclusione irrazionale e inaccettabile.
Si specificano di seguito i motivi:
A. i difensori, definiti mediatori di diritto dalla stessa legge, hanno sicuramente già conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità. Se così non fosse non si vede come potrebbero fornire al cliente l’ informazione prescritta dall’art. 4, comma 3, del d.lgs 28/2010, senza contare che obblighi informativi in tal senso si desumono già sul piano deontologico (art. 40 codice deontologico ). Non avrebbe dunque senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore solo in vista di un’informativa.
B. la natura della mediazione esige che siano presenti di persona anche le parti: l’istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto: questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. L’assenza delle parti, rappresentate dai soli difensori, dà vita ad altro sistema di soluzione dei conflitti, che può avere la sua utilità, ma non può considerarsi mediazione. D’altronde, questa conclusione emerge anche dall’interpretazione letterale: l’art. 5, comma 1-bis e l’art. 8 prevedono che le parti esperiscano il (o partecipino al) procedimento mediativo con l’ ‘assistenza degli avvocati’, e questo implica la presenza degli assistiti.
C. ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’ inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori.
Non avrebbe ragion d’essere una dilazione del processo civile per un adempimento burocratico del genere. La dilazione si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un’effettiva chance di raggiungimento dell’accordo alle parti. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione.
D. L’informazione sulle finalità della mediazione e le modalità di svolgimento ben possono in realtà essere rapidamente assicurate in altro modo: 1. dall’informativa che i difensori hanno l’obbligo di fornire ex art. 4 cit., come si è detto; 2. dalla possibilità di sessioni informative presso luoghi adeguati (v. direttiva europea) e, per quanto concerne il Tribunale di Firenze, presso l’URP (v. articolo 11 del protocollo Progetto Nausicaa2 ) e da ultimo, sempre nell’ambito di tale Progetto, presso l’ufficio di orientamento gestito dal Laboratorio Unaltromodo dell’Università di Firenze al piano V, stanza 9 del Palazzo di Giustizia;
E. L’ipotesi che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore per le informazioni appare particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di ‘mediabilità’ del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare ”la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”), e che tale valutazione si sia svolta nel colloquio processuale con i difensori. Questo presuppone anche un’adeguata informazione ai clienti da parte dei difensori; inoltre, in caso di lacuna al riguardo, lo stesso giudice, qualora verifichi la mancata allegazione del documento informativo, deve a sua volta informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Come si vede dunque, sono previsti plurimi livelli informativi e non è pensabile che il processo venga momentaneamente interrotto per un’ulteriore informazione anziché per un serio tentativo di risolvere il conflitto.
F. Da ultimo, può ricordarsi che l’art. 5 della direttiva europea citata distingue le ipotesi in cui il giudice invia le parti in mediazione rispetto all’invio per una semplice sessione informativa: un ulteriore motivo per ritenere che nella mediazione disposta dal giudice, viene chiesto alle parti (e ai difensori) di esperire la mediazione e cioè l’attività svolta dal terzo imparziale finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole (secondo la definizione data dall’art. 1 del d.lgs. n. 28/2010) e non di acquisire una mera informazione e di rendere al mediatore una dichiarazione sulla volontà o meno di iniziare la procedura mediativa.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudice ritiene che le ambiguità interpretative evidenziate vadano risolte considerando quale criterio fondamentale la ragion d’essere della mediazione, dovendosi dunque affermare la necessità che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori come previsto dall’art. 8 d.lgs. n. 28/2010) e che la mediazione sia effettivamente avviata.
P.Q.M.
Visto l’art. 5 II° comma d.lgs 28/2010;
visto il Progetto sulla mediazione demandata dal giudice del Tribunale di Firenze (Progetto Nausicaa2);
dispone
l’esperimento della mediazione e assegna termine alle parti di quindici giorni per depositare la domanda di mediazione dinanzi a un organismo scelto dalle parti, avuto riguardo ai criteri dell’art. 4 I comma del d.lgs. 28/2010, salva la facoltà delle parti di scegliere concordemente un organismo avente sede in luogo diverso da quello indicato nell’art. 4 citato;
fissa
udienza per il giorno 1°.10.2014 ore 11.30 per verificare l’esito della procedura di mediazione;
precisa
che per “mediazione disposta dal Giudice” si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti – anziché limitarsi ad incontrarsi e informarsi, non aderendo poi alla proposta del mediatore di procedere – adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità;
precisa
che le parti dovranno essere presenti dinanzi al mediatore personalmente e munite di assistenza legale di un avvocato iscritto all’Albo.
Si comunichi.
Firenze, 19.3.2014
Il Giudice
Luciana Breggia