Tribunale di Roma, sez. XIII civ., sentenza 30 ottobre 2015.
Interessante sentenza del Tribunale di Roma nella quale si ribadisce che il previo esperimento del tentativo di mediazione ante causam, conclusosi negativamente, non preclude in alcun modo la possibilità, per il Giudice che ritenga in ogni caso “mediabile” la controversia, di disporre la mediazione delegata di cui all’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, con il conseguente insorgere di una ulteriore condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Nel caso di specie, a suo tempo (3 dicembre 2012), era stato introdotto il procedimento di mediazione ante causam, dato che la lite era relativa a danni cagionati dalla circolazione di autoveicoli, materia, com’è noto, assoggettata al regime dell’obbligatorietà della mediazione fino alla riforma di cui alla L. 98/2013; il tentativo, tuttavia, si era concluso negativamente stante la mancata partecipazione dell’assicurazione al procedimento.
Con ordinanza del 16 giugno 2014 il Giudice disponeva la mediazione demandata ai sensi del novellato art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.
L’istanza di mediazione, però, non era stata depositata dall’attore (né dalla controparte), in quanto ritenuto scontato (!) l’esito infruttuoso del tentativo, avendo la compagnia assicuratrice, sollecitata più volte dalla difesa dell’attore, comunicato di voler definire la causa con soli € 5.000 più € 2.000 per onorari, cifra considerata palesemente inadeguata dalla stessa parte attrice.
Orbene, secondo il Giudice, il comportamento omissivo di cui sopra starebbe ad evidenziare “…la mancata comprensione da parte dei soggetti costituiti del valore e dell’efficacia della mediazione”.
In effetti, premesso che in ordine alla “…possibilità del giudice di disporre la mediazione demandata anche allorché sia stata già avviato e concluso negativamente un esperimento di mediazione obbligatoria non possono essere nutriti seri dubbi”, il Tribunale sottolinea la diversa natura della mediazione delegata rispetto a quella avviata ante causam, sia che si tratti di materia obbligatoria, sia che si tratti, invece, di volontaria scelta della parte interessata.
Nella mediazione demandata, infatti, si è in presenza “… di una precisa e riflettuta decisione del Giudice che assume in questo caso una funzione di assistenza e guida, di modelli diversi e non alternativi, che si sviluppano con presupposti, forza ed efficacia non sovrapponibili”.
D’altra parte, “…compito dei difensori è quello di evocare la possibilità per le parti, cogliendo le potenzialità del provvedimento del Giudice, di trovare ragionevoli soluzioni e punti di accordo, non celando, in mancanza, i possibili sviluppi negativi delle aspettative che l’inevitabile antagonismo insito nella avviata contesa giudiziaria tende, per ciascuna delle parti, a radicare ed esaltare”.
In sostanza, osserva il Tribunale, “…con la mediazione demandata si evita di intraprendere percorsi spesso già condannati in partenza (si pensi ad una mediazione obbligatoria prima della causa nella quale saranno protagonisti necessari soggetti terzi, come assicurazioni successivamente chiamate; ovvero a situazioni in ordine alle quali le risultanze della consulenza tecnica disposta dal giudice sono determinanti per meglio fissare l’ubi consistam della lite..); e ciò perché è il Giudice che sceglie, con oculatezza, il momento migliore per disporne l’avvio”.
Rilevato poi come la vicenda sia dimostrativa di quanto ancora risulti poco sviluppata la cultura della mediazione, con conseguente sottovalutazione delle possibilità che con la stessa possono in concreto schiudersi, il Giudice, con una certa amarezza, sia consentito rilevarlo, osserva come nel caso di specie, per una soddisfacente risoluzione della controversia, sarebbe stato verosimilmente sufficiente “…sedersi intorno al tavolo di un bravo e competente mediatore, le parti personalmente quanto all’attore e rappresentata la compagnia assicuratrice da un procuratore speciale, entrambe assistite dai rispettivi legali, con una reale volontà di chiudere la controversia presto e bene, utilizzando le preziose indicazioni offerte dal giudice”.
Dalla vicenda, dunque, al di là della sua conclusione in termini di improcedibilità della domanda, deve trarsi, secondo il Giudice, un chiaro ammonimento su quanto ancora debba essere fatto, a tutti i livelli, al fine di una maggiore diffusione della “cultura della mediazione”, come può agevolmente rilevarsi dalla chiosa che segue: “…se le parti avessero compreso e metabolizzato, già prima del provvedimento, il valore sociale ed individuale e l’efficacia della mediazione, il giudice non avrebbe scritto questa sentenza, l’attore avrebbe portato a casa una ragionevole somma di denaro, l’avvocato la sua parcella e l’assicurazione la tranquillità di non vedersi arrivare, dopo questa sentenza, una nuova causa che la improcedibilità che si dichiara non impedisce in alcun modo”.
Al di là dell’opinione che ciascuno può essersi formato in ordine all’utilizzo della mediazione delegata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 (nonché di altre novelle di recente introduzione, come ad esempio la proposta conciliativa del giudice ex art. 185 – bis c.p.c.), indubbiamente il fatto che per un numero rilevantissimo di controversie simili a quella all’origine della pronuncia qui in commento neanche si intraprenda, in concreto, un tentativo di risoluzione alternativa e condivisa della lite appare, oggi, oggettivamente non più sostenibile.
Dott. Luigi Majoli
Testo integrale:
Tribunale di Roma
Sez. XIII Civile
Sentenza
I fatti della causa
Lamentava l’attore che il giorno 19 marzo 2012 mentre attraversava a piedi alle ore 23,15 circa via dei Monti Tiburtini, all’altezza dell’incrocio con la carreggiata di via dei Durantini, durante la fase di regolare attraversamento pedonale, effettuato sulle strisce pedonali con semaforo verde, veniva travolto dall’autovettura di proprietà di ___ condotta da _____ che procedeva a velocità eccessiva ed oltre i limiti consentiti per quel tratto di strada. La compagnia assicuratrice si costituiva facendo presente che aveva già risarcito l’attore con la somma di €.5.850,00 e che essendo quanto l’attore corresponsabile per aver attraversato imprudentemente con luce gialla come si evinceva dalla relazione della P.M. la somma era da considerarsi satisfattiva.
Con ordinanza del 16.6.2014 il giudice disponeva la mediazione demandata ai sensi del novellato art.5 co.II° del decr. lgsl.28/10. All’udienza di verifica la difesa dell’attore faceva presente che il R. aveva a suo tempo (3.12.2012) e prima della causa introdotto una procedura di mediazione (in quel momento ancora) obbligatoria in materia di RCA, che si era conclusa negativamente per l’assenza dell’assicurazione.
Aggiungeva che avendo il R. aderito alla proposta del giudice, la domanda di mediazione (demandata dal giudice) non era stata introdotta dall’attore (né dall’altra parte attivata) essendone prevedibile l’esito infruttuoso avendo la compagnia assicuratrice, sollecitata più volte a mezzo mail dalla difesa dell’attore, comunicato di voler definire la causa con soli €.5.000 più €.2.000 per onorari. Ed invero a tal fine l’attore produceva una missiva nella quale la compagnia, evidenziato che il giudice, presupposta una invalidità permanente del 7%, aveva effettuato i calcoli, nella proposta ex art.185 bis, sulla base delle tabelle del tribunale invece che per quelle previste per le micropermanenti, aveva formulato la suddetta offerta (€.5.000 più €.2.000 per onorari).
La mancata comprensione da parte dei soggetti costituiti del valore e dell’efficacia della mediazione – L’improcedibilità della domanda L’art. 5 co. II° prevede che “fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”. Circa la possibilità del giudice di disporre la mediazione demandata anche allorché sia stata già avviato e concluso negativamente un esperimento di mediazione obbligatoria non possono essere nutriti seri dubbi.
E’ stato più volte sottolineata la diversità di presupposti e contesto nei quali si collocano la mediazione obbligatoria e quella demandata. Ed invero nell’ordinanza del 16.6.2014 il giudice osservava: “Va precisato che nel dicembre 2012 è stato tentato dall’attore un percorso di mediazione volontaria.
Si ritiene che tale circostanza, vale a dire che l’attrice abbia proposto prima e fuori della causa, una domanda di mediazione (non ha rilevanza – ai fini che qui interessano- la natura volontaria o obbligatoria), non sia impeditiva all’esercizio ed all’attivazione da parte del Giudice della mediazione demandata di cui all’art.5 co.II° del decr.lgsl.28/2010 nella versione riformata dal D.L.69/13 cit.. Si tratta infatti, ove la mediazione demandata sia frutto di una precisa e riflettuta decisione del Giudice che assume in questo caso una funzione di assistenza e guida, di modelli diversi e non alternativi, che si sviluppano con presupposti, forza ed efficacia non sovrapponibili.
Da quanto si espone di seguito è di solare evidenza che nella mediazione demandata la realizzazione della condizione di procedibilità è solo una delle sue ragion d’essere. Esse consistono piuttosto nel giudizio del Giudice secondo il quale sussistono, nel caso specificamente esaminato, anche (e specialmente) considerate le difese della controparte in un complessivo bilanciamento (nel senso anche letterale del termine) con quelle dell’attore, le condizioni positive perché le parti possano pervenire ad un accordo amichevole, di tipo conciliativo o transattivo. La forza e l’efficacia è del tutto diversa. Il momento in cui il Giudice invia le parti in mediazione è svincolato da rigidità processuali se non quelle molto avanzate del giudizio (conclusioni/discussione), consentendogli di individuare e di scegliere il momento più propizio in relazione alle circostanze ed agli sviluppi della causa (e ciò anche in relazione alle difese articolate dalle parti). La possibilità, come la presente ordinanza testimonia, di rappresentare pacatamente, con equidistanza ed imparzialità, i punti di debolezza e di forza delle rispettive posizioni, consente di esaltare la sensibilità culturale e giuridica dei difensori, che tanto ruolo hanno nella mediazione riformata.
E, tramite essi, parlare alle parti che pertanto dovranno essere informate nel modo più ampio e sostanziale dai difensori circa il contenuto del provvedimento, al fine che esse possano, esattamente come in ambito sanitario, determinarsi verso la scelta migliore da assumere, in ordine alla quale è precondizione una adeguata consapevolezza.
Compito dei difensori è quello di evocare la possibilità per le parti, cogliendo le potenzialità del provvedimento del Giudice, di trovare ragionevoli soluzioni e punti di accordo, non celando, in mancanza, i possibili sviluppi negativi delle aspettative che l’inevitabile antagonismo insito nella avviata contesa giudiziaria tende, per ciascuna delle parti, a radicare ed esaltare.
Con la mediazione demandata si evita di intraprendere percorsi spesso già condannati in partenza (si pensi ad una mediazione obbligatoria prima della causa nella quale saranno protagonisti necessari soggetti terzi, come assicurazioni successivamente chiamate; ovvero a situazioni in ordine alle quali le risultanze della consulenza tecnica disposta dal giudice sono determinanti per meglio fissare l’ubi consistam della lite..); e ciò perché è il Giudice che sceglie, con oculatezza, il momento migliore per disporne l’avvio. Dell’assistenza si è già detto. Se del caso, e questo lo è, il provvedimento di avvio alla mediazione demandata può contenere, ad opera del Giudice, utili indicazioni e parametri che difensori e parti, assistite da mediatori di qualità, potranno sviluppare nel miglior modo.
Infine la diversa e solo eventuale onerosità del nuovo procedimento di mediazione per il quale il primo incontro (preliminare alla mediazione vera e propria) sconta, in caso di insuccesso, il solo pagamento delle modeste spese di avvio previste dalla normativa vigente (cfr.per la autorevole conferma di tale opinamento la Circolare del Ministero della Giustizia 27 novembre 2013 Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti) esclude che quello che di fatto si presenta come una -sia pure legittima- seconda mediazione possa essere un aggravio irragionevole per le parti”.
La vicenda, a far tempo dalla comunicazione della proposta del giudice alle parti e fino al mancato avvio della mediazione, è paradigmatica di quanto sia ancora lontano il raggiungimento del fondamentale obiettivo di una generale diffusa e soddisfacente comprensione ed apprezzamento da parte dell’utenza e del Foro (che tuttavia, come la stessa Magistratura ha fatto in subiecta materia notevoli progressi assiologici nell’ultimo anno e mezzo) del valore strategico per il contenimento della straripante mole di contenzioso e per la pacificazione sociale che diffonde, dei vantaggi in termini di tempi stretti di conclusione e di certezza dell’ottenimento del bene della vita oggetto dell’accordo, e, in definitiva, dei straordinari risultati che la mediazione può offrire.
In questo caso, ed è di tutta evidenza, per un conveniente e conclusivo accordo, sarebbe stato sufficiente sedersi intorno al tavolo di un bravo e competente mediatore, le parti personalmente quanto all’attore e rappresentata la compagnia assicuratrice da un procuratore speciale, entrambe assistite dai rispettivi legali, con una reale volontà di chiudere la controversia presto e bene, utilizzando le preziose indicazioni offerte dal giudice. Il quale faceva chiaramente intendere, nell’ordinanza, che le affermazioni rese nell’immediato ai vigili urbani intervenuti da parte della compagna del R., partecipe con lui all’evento, e che ammetteva un attraversamento quanto meno affannoso e imprudente (con semaforo giallo e si era a tarda notte, era buio..), avrebbero potuto condurre ad una decisione affermativa di una qualche misura di concorso di colpa del danneggiato. Il giudice, è pur vero, che effettuava i calcoli sulla base delle tabelle del tribunale, ma è altrettanto vero che prendeva per buona, in quella fase di proposta, senza aver prima disposto ed acquisito una consulenza medica, la percentuale di invalidità indicata dall’assicurazione (7% e non quella dell’attore 9%).
La proposta del giudice, come è scritto nell’ordinanza, non è una sentenza, piuttosto un’autorevole e meditata indicazione, allo stato e sulla base degli atti, di un punto di equilibrio conciliativo, irrorato di equità, sulle quale ben possono ed anzi debbono le parti, in caso di difficoltà ad accordarsi sull’ esatto contenuto della proposta, continuare a discutere, anche con l’ausilio di un soggetto terzo ed imparziale, qual’è il mediatore, a tale fine essendo previsto nell’ordinanza di cui supra il successivo percorso di mediazione. L’assicurazione rispondeva alla mail della difesa dell’attore proponendo ciò che si è detto supra (€.5000 + €.2000, oltre al già corrisposto) che è più meno quello che il giudice avrebbe verosimilmente accertato e concesso all’esito di un percorso istruttorio (CTU, testimonianze …), applicativo delle tabelle previste per le micropermanenti, in ambito di concorso di colpa del pedone. Cosa dice tutto questo? Che se le parti avessero compreso e metabolizzato, già prima del provvedimento, il valore sociale ed individuale e l’efficacia della mediazione, il giudice non avrebbe scritto questa sentenza, l’attore avrebbe portato a casa una ragionevole somma di denaro, l’avvocato la sua parcella e l’assicurazione la tranquillità di non vedersi arrivare, dopo questa sentenza, una nuova causa che la improcedibilità che si dichiara non impedisce in alcun modo. E de hoc satis. Essendo pacifico che il procedimento di mediazione non è stato avviato, e non essendo stato addotto -come dimostrato supra- alcun valido motivo giustificativo, ne consegue la improcedibilità della domanda.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto- della l.24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n.55) vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
dà atto della mancata attivazione dell’esperimento di mediazione demandata;
dichiara improcedibile la domanda di V___;
condanna V.__ al pagamento delle spese di causa che liquida in favore della Spa _____ in persona del legale rappresentante pro tempore in complessivi €.1.300,00 oltre IVA, CAP e spese generali.
Roma, 30.10.2015
Il Giudice
dott. Massimo Moriconi