28 Novembre
Redazione
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Tribunale di Cuneo, sentenza 1 ottobre 2015.
Per quanto poco piacevole a rilevarsi, una risoluzione condivisa delle problematiche inerenti al rapporto tra instaurazione del procedimento di mediazione e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo appare ancora assai lontana.
Nell’ambito in questione, va registrato ancora un round favorevole all’orientamento per il quale deve individuarsi nel creditore opposto la parte onerata ad assolvere la condizione di procedibilità della domanda giudiziale, vale a dire, per l’appunto, l’esperimento del tentativo di mediazione. Con la conseguenza che, nell’ipotesi di mancata attivazione del relativo procedimento, verrebbe a determinarsi l’improcedibilità dell’azione così come originariamente proposta nelle forme di cui agli art. 633 ss. c.p.c., derivandone, necessariamente, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Secondo il Tribunale di Cuneo, infatti, la tesi che complessivamente appare oggi prevalente, vale a dire quella per la quale, se l’opponente ha l’onere di introdurre il giudizio di opposizione, si dovrebbe ritenere che su di esso esclusivamente gravi l’onere di coltivare lo stesso giudizio e, pertanto, che su di esso gravino anche gli effetti pregiudizievoli di una eventuale improcedibilità, non risulterebbe la più convincente.
Secondo il Giudice, maggiormente condivisibile appare l’orientamento “…che, nell’ambito dei giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, individua nel creditore opposto la parte onerata ad assolvere la condizione di procedibilità prevista dalla legge (esperimento della mediazione obbligatoria). Per cui, nell’ipotesi di mancata attivazione della procedura di media conciliazione, si determinerà l’improcedibilità dell’azione, così come originariamente proposta mediante il deposito del ricorso monitorio, con la conseguente e necessaria revoca del decreto ingiuntivo opposto” (cfr., in tal senso, Trib. Ferrara, sent. 7 gennaio 2015).
Ciò in quanto “…il creditore opposto è, in senso effettivo e sostanziale, l’attore alla cui iniziativa è imputabile l’introduzione del thema decidendum del successivo giudizio di opposizione ovvero l’introduzione di quella pretesa che costituisce , in una logica unitaria, sia l’oggetto della fase monitoria sia l’oggetto del giudizio di opposizione (ove, evidentemente, introdotto). In altri termini, la fase dell’opposizione non costituisce un autonomo procedimento, ma costituisce una (sia pur eventuale) continuazione della fase monitoria nell’ambito di un unico giudizio, giudizio che, non a caso, secondo la giurisprudenza di legittimità pende sin dal momento del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo” (cfr., ex multis, Corte Cass., ord. 4 settembre 2014, n. 18707, e Corte Cass., ord. 3 settembre 2009, n. 19120).
Quanto poi all’interesse dell’originario ricorrente, secondo la pronuncia in esame, non può ritenersi “…che lo stesso sia già soddisfatto dal titolo monitorio perché, in caso di accoglimento della spiegata opposizione, tale titolo è suscettibile di essere revocato. Dunque, diversamente da quanto affermato dai sostenitori della tesi opposta a quella che qui si preferisce, ben può ritenersi che l’attivazione della procedura di mediazione corrisponda all’interesse del creditore ingiungente giacché, ove quest’ultimo non provveda, il titolo monitorio è destinato alla caducazione per improcedibilità della domanda come originariamente proposta nei confronti del soggetto ingiunto”.
In conclusione, dunque, secondo il Giudice piemontese, deve essere dichiarata l’improcedibilità dell’azione come originariamente proposta dalla convenuta in opposizione, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo.
In virtù poi della natura delle questioni controverse, e soprattutto dell’assenza di un orientamento giurisprudenziale uniforme, si ritengono sussistenti i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO
DI CUNEO
in composizione monocratica, in persona del giudice designato dott. Marco Lombardo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 5447 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi-dell’anno-2013,-vertente
TRA
S. M. I. S.R.L, in persona del legale rappresentante pro tempore, D. M., tutti rappresentati e difesi dall’avv. F.V. per delega in calce alla copia notifica del decreto ingiuntivo opposto
* opponenti –
E
Banca di C. C. di C. Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e dall’avv. A. B. per delega in calce al ricorso per decreto ingiuntivo
opposta –
avente per oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo
CONCLUSIONI: come da verbale di udienza dell’1.10.15
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Oggetto del presente giudizio è l’opposizione proposta dagli attori in epigrafe avverso il decreto ingiuntivo n. 1737 del 25.9.14, pronunciato dall’intestato Tribunale per l’importo di € 92.799,32 (oltre interessi e spese) nei confronti degli stessi odierni attori in opposizione su istanza dell’odierna opposta B. di C. C. di C. soc. coop.
Quest’ultima, in sede monitoria, deduceva di aver accordato alla odierna opponente S. M. I. s.r.l. un affidamento in conto corrente con relativa garanzia prestata dagli odierni opponenti M. D. e M. C. e che la debitrice principale, ampliata oltre i limiti previsti la propria esposizione debitoria, non provvedeva al pagamento del dovuto nonostante i reiterati solleciti alla stessa inoltrati.
Gli odierni opponenti, introducendo il presente giudizio, in via preliminare, chiedevano fissarsi il termine di legge per l’avvio della cosiddetta procedura di mediaconciliazione e, nel merito, lamentavano la violazione, da parte della banca opposta, dei principi di lealtà, correttezza e buona fede, con asserito addebito di interessi non dovuti ed asserite operazioni contabili errate. Ciò premesso, i medesimi suddetti opponenti chiedevano revocarsi (tout court) il suddetto decreto ingiuntivo, od in subordine, previa comunque la revoca dello stesso decreto ingiuntivo, chiedevano pronunciarsi una condanna di pagamento-limitata solo a quanto rigorosamente dovuto e provato con eventuale compensazione delle somme dovute agli attori a titolo risarcitorio e/o di refusione di spese e/o interessi non dovuti.
2. All’udienza-del-12.3.15, sulla base della ritenuta irrilevanza (per una parte), nonché sulla base della ritenuta genericità ed esploratività (per altra parte) delle doglianze articolate quali motivi di opposizione, veniva respinta la formulata istanza di sospensione della efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo opposto e veniva assegnato alle parti il termine di legge per l’avvio della procedura di media conciliazione. Ciò in considerazione della riferibilità dell’oggetto della presente controversia al novero delle controversie in relazione alle quali la suddetta procedura è stata reintrodotta quale condizione di procedibilità dell’azione ad opera del d.l. n.69″13 (convertito con la l.n. 98″13).
3. Poiché, per dato pacifico, nessuna delle parti provvedeva ad avviare la suddetta procedura (cfr. verb. ud. 17.9.15), non vi è dubbio che il presente giudizio debba essere definito con una pronuncia di improcedibilità. Si pone tuttavia la questione, dibattuta tra le parti (cfr. verb. ud. 17.9.15 e verb. ud. 1.10.15), se l’improcedibilità riguardi il mero giudizio di opposizione, con conseguente consolidamento del titolo monitorio, ovvero se riguardi la domanda originariamente proposta in via monitoria, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. In altre parole, è necessario stabilire quale parte avrebbe dovuto attivarsi, se la parte attrice in senso formale (nella fattispecie, gli opponenti) o se la parte attrice in senso sostanziale (nella fattispecie, la banca opposta).
Una prima tesi dottrinale e giurisprudenziale riconduce la condizione di procedibilità in esame al genus delle ipotesi inattività delle parti da cui deriva l’estinzione del giudizio (artt. 102, 181, 307 e 309 c.p.c.). Per cui, se la parte che ha introdotto in giudizio (dunque, se del caso, anche la parte opponente) la quale ha evidentemente interesse alla sua coltivazione non attiva la procedura di mediazione obbligatoria in ossequio all’ordine del giudice, sarà esposta alla declaratoria di improcedibilità dell’azione come dalla stessa introdotta (se del caso, quindi, alla declaratoria di improcedibilità del giudizio di opposizione) (cfr.Trib. Firenze, sent. 30.10.14). In tale solco interpretativo si è altresì sostenuto che la tesi della improcedibilità della domanda proposta in sede monitoria (con conseguente revoca del decreto ingiuntivo), da un lato, evocherebbe l’idea paradossale di una sopravvenuta improcedibilità di una domanda già definita a mezzo del pronunciamento di un titolo e, dall’altro lato, postulerebbe una sorta di sanzione processuale che non consta abbia uguali nell’ordinamento (quello monitorio, appunto) (cfr. Trib. Rimini, sent. 5.8.14; Trib. Chieti, sent. 8.9.15).
La suddetta tesi, inoltre, imporrebbe al creditore un adempimento al fine di consentire la celebrazione di un giudizio (quello di opposizione) cui il creditore medesimo non avrebbe alcun interesse (per essere già munito di un titolo), in contrasto con la peculiarità del giudizio di opposizione, la cui instaurazione è rimessa alla libera scelta dell’ingiunto. In altri termini, se l’opponente ha l’onere di introdurre il giudizio di opposizione, si dovrebbe ritenere che su di esso esclusivamente gravi l’onere di coltivare lo stesso giudizio e, pertanto, che su di esso gravino anche gli effetti pregiudizievoli di una eventuale improcedibilità (cfr.Trib. Nola, sent. 24.2.15).
Si è infine sostenuto che la revoca del decreto ingiuntivo non impedirebbe al creditore di ripromuovere la medesima azione monitoria, cosi gravando il sistema di plurime identiche domande in violazione della ratio deflattiva sottesa alla media-conciliazione (cfr. Trib. Chieti, sent. 8.9.15 cit.).
Appare maggiormente condivisibile, tuttavia, quel diverso orientamento che, nell’ambito dei giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, individua nel creditore opposto la parte onerata ad assolvere la condizione di procedibilità
prevista dalla legge (esperimento della mediazione obbligatoria). Per cui, nell’ipotesi-di-mancata-attivazione-della-procedura-di-media-conciliazione, si determinerà l’improcedibilità dell’azione, così come originariamente proposta mediante il deposito del ricorso monitorio, con la conseguente e necessaria revoca del decreto ingiuntivo opposto (Trib. Ferrara, sent. 7.1.15).
Ciò, innanzitutto, perché il creditore opposto è, in senso effettivo e sostanziale, l’attore alla cui iniziativa è imputabile l’introduzione del thema decidendum del successivo giudizio di opposizione ovvero l’introduzione di quella pretesa che cosstituisce , in una logica unitaria, sia l’oggetto della fase monitoria sia l’oggetto del giudizio di opposizione (ove, evidentemente, introdotto). In altri termini, la fase dell’opposizione non costituisce un autonomo procedimento, ma costituisce una (sia pur eventuale) continuazione della fase monitoria nell’ambito di un unico giudizio, giudizio che, non a caso, secondo la giurisprudenza di legittimità pende sin dal momento del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (cfr., ex multiis, Cass., ord. 4.9.14, n. 18707, e Cass., ord. 3.9.09, n. 19120).
Inoltre, la tesi della improcedibilità del giudizio di opposizione, con conseguente caducazione del decreto ingiuntivo opposto, evoca la logica del giudizio impugnatorio, costantemente rifiutata o sconfessata dalla giurisprudenza di legittimità, perché in qualche modo l’opponente, così come l’appellante, dovrebbe coltivare l’azione per non esporsi ad una declaratoria di improcedibilità (il primo dovrebbe attivarsi un funzione della mediazione, così come il secondo deve costituirsi in termini ai sensi dell’art.348, comma primo, c.p.c.).
La Cassazione, tuttavia, ha sempre affermato che, a prescindere dalla sussistenza dei-presupposti-per-l’emissione-del-decreto-ingiuntivo,-il-giudizio-di-opposizione non ha carattere impugnatorio e deve comunque incentrarsi sul vaglio di fondatezza della pretesa azionata dal creditore in sede monitoria (cfr., a vario titolo, ex multiis, Cass., sent. 23.7.14, n. 16767; Cass., sent. 28.9.06, n. 21050; Cass., sent. 16.3.06, n. 5844; Cass., sent. 27.3.07, n. 7526; Cass., sent. 26.10.00, n. 1426; Cass., sent. 28.9.94, n. 7892; Cass, sent. 19.7.86, n. 4668). Tanto che non assume alcuna rilevanza l’eventuale inssussistenza, ad esempio, della esigibilità o dei fatti costitutivi del credito al momento della emissione del titolo monitorio, se l’esigibilità od i fatti costitutivi sussistano al momento della decisione nel successivo giudizio di opposizione (cfr. Cass., sent. n. 5844/06 cit.; Cass., sent. 24.1.79, n. 528).
Quanto all’obiezione che si incentra sul rifiuto concettuale di una ipotesi di sopravvenuta improcedibilità di una domanda già definita con il pronunciamento di un titolo, si può agevolmente osservare che, nel momento in cui è proposta opposizione, la domanda monitoria non può dirsi definita mediante un titolo consolidato con effetti di giudicato (effetti suscettibili di determinarsi solo in caso di mancata opposizione, rigetto della stessa o estinzione del relativo giudizio). In altre parole, se il titolo monitorio può essere revocato in caso di accoglimento dell’opposizione nei confronti dello stesso spiegata, non si comprende perché lo stesso titolo non possa essere revocato in difetto delle condizioni dell’azione come originariamente proposta dal creditore.
Quanto all’interesse di quest’ultimo, non si può ritenere che lo stesso sia già soddisfatto dal titolo monitorio perché, in caso di accoglimento della spiegata opposizione, tale titolo è suscettibile di essere revocato. Dunque, diversamente da quanto affermato dai sostenitori della tesi opposta a quella che qui si preferisce, ben può ritenersi che l’attivazione della procedura di mediazione corrisponda all’interesse del creditore ingiungente giacché, ove quest’ultimo non provveda, il titolo monitorio è destinato alla caducazione per improcedibilità della domanda come originariamente proposta nei confronti del soggetto ingiunto.
Si noti, infine, che la possibile riproposizione della medesima azione monitoria (che frusterebbe la ratio deflattiva sottesa all’obbligatorietà della mediazione) risponde allo stesso principio di riproponbilità dell’azione monitoria in caso di revoca del titolo monitorio per ragioni di rito.
3. In conclusione, deve essere dichiarata l’improcedibilità dell’azione monitoria come originariamente proposta dalla odierna banca opposta e deve conseguentemente essere revocato il decreto ingiuntivo n. 1737 del 25.9.14, pronunciato dall’intestato Tribunale ed in questa sede opposto.
4. In ragione della natura delle questioni controversie, e quindi della insussistenza (allo stato) di un orientamento giurisprudenziale univoco, e comunque di pronunciamenti di legittimità, devono ritenersi sussistenti i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al n. 5447 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi dell’anno 2014, il Tribunale in composizione monocratica, disattesa ogni contraria deduzione, istanza ed eccezione, così decide:
In Saluzzo, 1.10.15
Il giudice
(dott. Marco Lombardo)
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