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23 Dicembre

Avv. Chiara Navarra

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Il conflitto in mediazione: definizione e gestione al fine del raggiungimento dell’accordo

L’art. 1 del D.Lgs. n. 28/2010 definisce la mediazione come l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia.

È peraltro indubbio che una controversia sorga da una situazione di conflitto che si viene a
determinare tra due o più parti.

Ma come può essere definito il “conflitto” che le parti cercano di risolvere in mediazione?

Il conflitto non è una battaglia tra interessi o desideri incompatibili, tra la ragione e il torto, il bene e
il male, ma un confronto tra differenze in alcuni aspetti di una relazione, che può riguardare obiettivi, bisogni, interessi, valori, percezioni, potere, e sentimenti delle parti coinvolte.

Secondo alcuni studiosi, il conflitto genera un senso di debolezza ed incapacità che porta a chiudersi
in sé stessi concentrandosi sulle proprie istanze e sull’autoprotezione.

Così si diventa diffidenti, ostili ed impermeabili alle prospettive dell’altro, lo si aliena e demonizza mentre si è alienati e demonizzati, in una spirale di abbruttimento che viene definita «spirale di degenerazione interazionale».

È quindi fondamentale, soprattutto per il mediatore, ma anche per le parti ed i rispettivi legali, capire come si può gestire il conflitto per riuscire a superarlo al fine di raggiungere l’accordo.

Gli studiosi delle tecniche di negoziazione, hanno chiarito che i principi fondamentali per superare l’escalation conflittuale o semplicemente la stagnazione del conflitto possono essere riassunti nelle seguenti espressioni:

  • scindere le persone dal problema;
  • concentrarsi sugli “interessi” piuttosto che sulle “posizioni”.

Diventa, pertanto, fondamentale capire la differenza tra “posizioni” ed “interessi”.
Le “posizioni” possono essere così sinteticamente definite:

  • il diritto soggettivo sancito da una determinata norma è quella posizione di vantaggio che la norma giuridica riconosce al soggetto al verificarsi di determinate condizioni in essa previste (ad esempio, in materia di successione legittima, sono erede ed ho diritto ad una quota dell’eredità secondo le previsioni del codice civile);
  • le “posizioni” si presentano spesso come incompatibili e reciprocamente escludenti, ostacolando qualsiasi possibilità di arrivare ad un accordo di reciproca soddisfazione;
  • le “posizioni” si riferiscono a quello che le parti affermano di volere.

Invece, come si può definire “l’interesse”?

  • L’interesse è il fine per cui il soggetto può decidere di esercitare un suo diritto.
  • Gli “interessi” indicano ciò che le parti desiderano in realtà e, a differenza delle “posizioni”, non sempre sono opposti ma possono anche essere comuni e differenti.
  • Gli interessi “comuni” sono quelli condivisi dalle parti, mentre gli interessi “differenti” fanno riferimento alle diverse preferenze delle parti.

Per meglio comprendere la differenza tra “posizioni” ed “interessi”, e tra interessi “comuni” ed
interessi “differenti” è utile fare qualche esempio.

a) Esempio di interesse c.d. “comune
Due sorelle, Anna e Maria, sono in conflitto per la divisione dell’eredità della defunta madre, deceduta senza aver redatto un testamento, e Maria attiva un procedimento di mediazione per cercare di addivenire ad un accordo stragiudiziale con Anna.
Le due sorelle sono le uniche eredi della madre, alla cui morte si è aperta la successione c.d. legittima.
Anna e Maria, dopo un lungo confronto in mediazione, riescono a trovare una soluzione condivisa per la suddivisione dei beni materni, ma la possibilità di raggiungere un accordo sembra preclusa dal fatto che entrambe pretendono di vedersi assegnata la proprietà di un paio di orecchini della madre, composti da rubini e diamanti, di ingente valore, anzi il gioiello più prezioso tra quelli lasciati dalla defunta.
Entrambe le sorelle sottolineano come si tratti di un ricordo di famiglia, che entrambe vorrebbero a loro volta donare alle rispettive figlie in ricordo della nonna.
Entrambe osservano che non è possibile dividere la coppia di orecchini perchè altrimenti non sarebbe più possibile indossare il gioiello.
Il Mediatore, sentite le parti anche separatamente, propone a ciascuna di trasformare la coppia di orecchini in due ciondoli da assegnare a ciascuna delle due sorelle, affinchè le stesse possano a loro volta donare il ciondolo alle figlie.
In tal modo, ciascuna delle sorelle può donare alla figlia un gioiello che sia indossabile, di identico valore economico ed affettivo, essendo ciascun pendente un ricordo della nonna.
Tale soluzione, proposta dal mediatore ed accettata dalle parti, ha sbloccato la situazione ed ha aperto la strada all’accordo che è stato poi facilmente raggiunto, con reciproca soddisfazione delle due sorelle.
Così un conflitto di «posizione» (entrambe le sorelle affermano di volere la coppia di orecchini di rubini e diamanti della defunta madre, avendone pari diritto in qualità di eredi) si trasforma nella scoperta dei comuni «interessi» (sia l’una che l’altra vogliono donare alle rispettive figlie un ricordo della nonna che sia anche un gioiello indossabile, nonchè di identico valore economico ed affettivo) ed apre la strada alla soluzione di reciproca soddisfazione.

b) Esempio di interesse c.d. “differente
Per meglio comprendere il concetto di interesse c.d. “differente” è utile riportare l’esempio del famoso conflitto c.d. dell’arancia.
Due bambine litigano per aggiudicarsi l’unica arancia rimasta nel cesto della frutta a casa della nonna.

Ognuna di loro rivendica il diritto a possedere l’arancia.
Una afferma di averne diritto perché ha accompagnato lei la nonna a fare la spesa quando le arance erano state acquistate.
L’altra, dal canto suo, ritiene di avere più ragioni della sorella a pretendere l’arancia in quanto ha aiutato la nonna ad effettuare le pulizie di casa e, pertanto, merita una ricompensa.
Interviene la nonna, che dopo aver attentamente osservato la scena, domanda alle bambine il motivo reale dell’interesse a volere l’arancia intera.
La prima bambina risponde di avere sete e di voler spremere l’arancia per berne il succo, l’altra risponde che vuole grattugiarne la buccia per fare una torta.
La nonna senza indugio spreme la polpa perché la più piccola ne possa bere il succo e grattugia la buccia dell’arancia affinché l’altra possa usarla per fare la torta.
Così un conflitto di «posizione» (entrambe le bambine affermano di volere l’unica arancia disponibile) si trasforma nella scoperta dei diversi «interessi» (l’una ha sete e vuole il succo, l’altra vuole preparare una torta e vuole la buccia del frutto) ed apre la strada alla soluzione di reciproca soddisfazione.

Pertanto, durante lo svolgimento della fase di negoziazione nel procedimento di mediazione, è essenziale che il mediatore presti una particolare attenzione all’indagine degli interessi che si agitano sotto le posizioni (giuridiche) delle parti.
Spesso il compito del mediatore in questa fase è delicato in quanto il conflitto è spesso acceso e, pertanto, occorre gestire l’emotività e la conflittualità più o meno elevata del rapporto e della comunicazione.

È in tale fase che il mediatore gioca un ruolo determinante nel cercare di superare confronti difficili tra le parti e situazioni di stallo, mediante l’impiego di tecniche comunicative appropriate e del c.d. ascolto attivo, al fine di aiutare le parti a gestire e risolvere il conflitto ed a definire la controversia oggetto di mediazione mediante il raggiungimento di un accordo di reciproca soddisfazione.

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