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Decreto sviluppo: i quattro nodi relativi alla Giustizia

Nell’ambito delle misure urgenti per la crescita, contenute nel c.d. Decreto sviluppo cui il Consiglio dei Ministri ha dato ieri il via libera (sia pure con la formula ”salvo intese”, vale a dire con possibili modifiche in vista), emergono quattro punti direttamente concernenti il settore Giustizia.

Esaminiamoli nelle rispettive linee essenziali:

1)    Revisione legge fallimentare: si introduce, anche alla luce dell’esperienza maturata in svariati ordinamenti di altri Paesi (ad es. il Chapter 11 USA), la facoltà di proporre una mera domanda di concordato preventivo, senza contestuale presentazione dell’intera documentazione fino ad oggi prevista. In tal modo si tende a favorire l’emersione anticipata della crisi, potendo il debitore accedere immediatamente alle tutele previste dalla legge fallimentare. Sin dall’inizio della procedura sarà possibile ottenere l’erogazione di nuova finanza interinale e pagare le forniture strumentali in un contesto di stabilità, che consenta la prosecuzione dell’attività fino all’omologa del concordato. Si prevede altresì la necessaria indipendenza, dal debitore e dai creditori, del professionista che attesta i piani di risanamento, con sanzioni penali nell’ipotesi di informazioni false o di omissione di informazioni rilevanti. Sotto il profilo fiscale, infine, è prevista l’estensione agli accordi di ristrutturazione omologati e ai piani attestati della disciplina già prevista per le sopravvenienze attive e le perdite sui crediti formatesi a seguito di piani di concordato preventivo omologati.

2)    Processo civile: modifiche alle impugnazioni: come ben noto, le impugnazioni rappresentano un punto di particolare criticità nel sistema processuale italiano, contribuendo in misura notevole alla dilatazione dei tempi di giustizia. Pertanto, si è inteso intervenire al fine di incrementare l’efficienza del sistema impugnatorio, in particolare con riferimento all’appello. La soluzione prescelta non è stata quella di limitare l’impugnazione di merito, ma di introdurre un vero e proprio filtro in appello, demandando al medesimo giudice della revisio il compito di dichiarare, con ordinanza, l’inammissibilità del gravame a seguito di prognosi negativa circa la fondatezza dello stesso. Si intende, come risulta agevole rilevare, ridurre in misura considerevole i carichi (e quindi i tempi) delle Corti d’appello, atteso che attualmente nel 68% dei casi l’appello si conclude, a livello di giustizia civile, con la conferma della decisione di primo grado.

3)    Modifiche alla legge Pinto: risulterà modificata la disciplina dei procedimenti relativi alle domande di indennizzo conseguenti alla violazione dei termini di durata dei giudizi penali e civili. Muovendo dal presupposto che si tratta di oneri per la finanza pubblica pari, per l’anno 2011, a oltre 200 milioni di euro, si introducono indennizzi predeterminati e calmierati (in misura variabile da 500 a 1500 euro per ogni anno di ritardo), termini complessivi e di singola fase prefissati (6 anni complessivi, 3 per il primo grado, 2 per l’appello e 1 per la cassazione) nonché cause di non indennizzabilità per condotte non diligenti, dilatorie o abusive ad opera delle parti. Il ricorso potrà essere proposto ad un giudice della Corte d’appello, con la possibilità di opposizione avverso il decreto ma anche con la previsione di sanzioni pecuniarie per i casi di opposizione dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

4)    Scuola della magistratura: per quanto concerne le sedi della Scuola della magistratura, a fronte delle tre oggi contemplate ex D. lgs n. 26 del 2006, si prevede la concentrazione delle attività in un’unica sede, tenendo conto delle esigenze imposte dall’attuale fase recessiva e nel rispetto delle politiche di spending review.