11 Giugno
Redazione
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Potrebbe apparire un paradosso ma purtroppo, nell’attuale situazione della giustizia italiana, non lo è.
Una recentissima pronuncia della Cassazione (Cassaz. civ., sez. VI, sent. 24 maggio 2012, n. 8283), anche sulla base degli indirizzi emersi a livello comunitario, ha ritenuto che la durata complessiva dei gradi di merito possa ritenersi ragionevole qualora non ecceda i due anni, stante la natura meramente sollecitatoria del termine (quattro mesi) previsto dalla legge n. 89 del 2001 e considerando, altresì, detto periodo di due anni proporzionato alla ragionevole durata del giudizio di legittimità, che, anche con riferimento ad un processo per equa riparazione, non può essere ristretto in limiti temporali inferiori ad un anno, come già più volte affermato dalla Corte.
D’altra parte, rileva la Corte, il giudizio per equa riparazione è un normale processo ordinario di cognizione, soggetto dunque, in quanto tale, all’esigenza di definizione in tempi ragionevoli allo stesso modo del procedimento presupposto, non potendosi ritenere “…che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale impugnazione costituiscono una fase necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi dinnanzi alla Corte europea (…) atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata”.
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