Istanza di mediazione, forma e contenuto: necessità della forma scritta
Ai sensi dell’art. 4, co. 2, D.lgs 28/2010, l’istanza di mediazione “…deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa“.
La legge, pertanto, nel rispetto delle caratteristiche e delle finalità proprie dell’istituto della mediazione, non prescrive una forma specifica della domanda, stabilendo, tuttavia, che il procedimento si consideri instaurato dal momento della presentazione della domanda, il che implica che la stessa debba essere depositata in forma scritta.
Ciò per svariati ordini di ragioni.
In primo luogo, l’art. 6, co. 2, D.lgs 28/2010, prevede che “il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa…“.
Inoltre, ai sensi del successivo art. 8, l’istanza, nonché la data del primo incontro fissato dall’organismo, devono essere comunicate all’altra parte, con i noti effetti, tra l’altro, in tema di prescrizione e di decadenza di cui all’art. 5, co. 6, del medesimo decreto legislativo.
Certamente, ed in coerenza con la logica dell’istituto in parola, ai sensi dell’art. 3, co. 3, D.lgs 28/2010 “gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità” e, secondo la previsione dell’art. 8, co. 2, “il procedimento si svolge senza formalità“: ciò non può implicare, tuttavia, che l’informalità (vale a dire la non soggezione a forme inderogabili prescritte in termini imperativi) si estenda fino al punto di escludere la previsione di taluni requisiti formali minimi, in assenza dei quali apparirebbe impossibile un qualsivoglia collegamento tra il procedimento de quo e i diritti sostanziali (e le vicende processuali, future ed eventuali o addirittura già pendenti) ad esso collegati.
Per il complesso di motivi che precedono, dunque, l’istanza di mediazione è un atto in forma scritta tale da presentare gli anzidetti requisiti minimi di “certezza”, la sussistenza effettiva dei quali dovrà poi essere accertata alla stregua di canoni sostanziali e non squisitamente formali, operazione che in assenza di forma scritta ben difficilmente potrebbe ritenersi possibile.
D’altra parte, i requisiti richiesti – vale a dire l’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa – sembrano richiamare chiaramente il dettato dell’art. 125 c.p.c., relativo, com’è noto, al contenuto degli atti di parte introduttivi del processo.
Ora, se è vero che il processo civile risulta ispirato ai fondamentali principi della strumentalità delle forme e del raggiungimento dello scopo (argomentando ex art. 156 c.p.c.), vale a dire, in sintesi, al canone della prevalenza della sostanza sulla forma, a fortiori i principi da ultimo richiamati potranno trovare applicazione nell’ambito del procedimento di mediazione, per sua natura (e per coerente scelta legislativa) ispirato all’informalità, e segnatamente con riferimento all’interpretazione dell’istanza di mediazione.
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Evidentemente, in assenza di forma scritta, pur con contenuti non rigorosamente imposti, non si vede quale attività interpretativa possa risultare in concreto possibile.
In altri termini, e conclusivamente sul punto: attraverso l’istanza, il proponente è chiamato a chiarire i termini della controversia, esplicitando i contenuti della controversia e gli interessi per i quali intende far valere le proprie richieste, concretamente espresse.
Non è prescritto, pertanto, a differenza di quanto avviene ad esempio per l’atto di citazione a norma dell’art. 163 c.p.c. (e con le conseguenze, in caso di violazione delle prescrizioni in parola, di cui all’art. 164 c.p.c.) un preciso contenuto alla domanda, ma certamente, oltre all’indicazione dell’organismo e delle parti, una descrizione sufficientemente specifica delle proprie pretese e delle ragioni poste a sostegno delle stesse.
Non può evidentemente sfuggire l’importanza degli aspetti da ultimo citati, soprattutto con riferimento alle istanze inerenti a materie in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, dal momento che, al fine di verificare l’effettivo avveramento della stessa, il petitum e la causa petendi dell’atto introduttivo del futuro eventuale giudizio dovranno essere comparati ai contenuti dell’istanza di mediazione, e non si vede come ciò possa avvenire se non in forza della forma scritta di redazione della stessa: soltanto in virtù di quest’ultima, infatti, il giudice del successivo giudizio di merito potrà verificare la procedibilità della domanda, accertando che il diritto per il quale è causa è il medesimo che già fu oggetto del tentativo di mediazione.
Le stesse considerazioni, naturalmente, dovranno essere tenute presenti con riguardo all’ipotesi di mediazione demandata dal giudice, laddove l’istanza di mediazione, cui sarà necessariamente allegata l’ordinanza con la quale l’esperimento del tentativo è per l’appunto disposto, dovrà attestare la esatta corrispondenza tra l’oggetto del procedimento ed il petitum del giudizio pendente.
Quanto alla sottoscrizione dell’istanza, la stessa dovrà essere sottoscritta dalla parte che intende presentarla, salvo espressa previsione della facoltà, per il difensore, di presentarla in proprio e sottoscriverla.
Come la giurisprudenza ha più volte avuto modo di affermare, la domanda di mediazione con cui la parte chieda l’avvio di una procedura di mediazione (assistita dal proprio difensore, ma senza prevedere nella delega che il difensore abbia facoltà di presentare in proprio la domanda e sottoscriverla), laddove sia sottoscritta dal solo difensore, risulterà affetta da insanabile contraddittorietà intrinseca che impedirà di considerarla validamente presentata. Di conseguenza, in caso di mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 1-bis, D.lgs. 28/2010, si avrà declaratoria di improcedibilità della domanda. Sarebbe infatti stata necessaria procura specifica.
Qualora il procedimento sia stato delegato dal Giudice in corso di causa (mediazione endoprocedimentale), ai fini del deposito di tali istanze potrà ritenersi ammissibile l’allegazione di copia del mandato alle liti ottenuto dal cliente al fine del giudizio.
Qualora, poi, la parte sia impossibilitata a presenziare personalmente alla mediazione, ante causam o delegata che sia, stante la natura stragiudiziale del procedimento in parola, l’avvocato non potrà presenziare in mediazione in sostituzione della parte facendo espresso riferimento alla procura processuale ex art. 83 c.p.c. conferita dalla stessa per il giudizio.
L’avvocato, in altri termini, ben potrà rappresentare la parte assistita nel procedimento di mediazione, ma dovrà essere munito di procura speciale sostanziale, appositamente rilasciata allo scopo, che non potrà essere autenticata dal difensore, dal momento che il conferimento del potere di partecipare in sostituzione della parte alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore (cfr. Corte di Cassazione, sent. n. 8473/2019).
Quanto alla forma della predetta procura sostanziale, non sussistono ragioni che consentano di deviare dalla regola prevista dall’art. 1392 c.c., secondo la quale la forma della procura deve essere determinata per relationem, vale a dire deve essere conferita con le forme prescritte per il negozio che il rappresentante deve concludere.