Il presente prospetto si propone di fornire specifici chiarimenti in ordine ad alcune delle questioni e/o criticità che più frequentemente emergono nell’ambito della mediazione. I contenuti di quest’area sono riservati e ne è pertanto vietata la diffusione al di fuori dei collaboratori di ADR Intesa.
MEDIAZIONE CIVILE
Cosa significa ADR?
ADR è l’acronimo per “Alternative Dispute Resolution”, ovvero risoluzione alternativa delle controversie. Con tale acronimo si indicano tutti i sistemi che sono alternativi alla risoluzione giudiziaria di una controversia.
ADR Intesa è un autonomo organismo di mediaizione civile iscritto al n. 635 dell’apposito Registro tenuto dal Ministeri della Giustizia e non ha nessun collegamento con altri Organismi di mediazione il cui nome inizi per ADR.
Cosa è la Mediazione?
La mediazione è uno strumento alternativo di definizione delle controversie civili e commerciali. La sua prima finalità è quella di dare assistenza alle parti nella ricerca di una composizione non giudiziale di una controversia. Infatti, la Mediazione fa emergere i reali bisogni delle parti e si conclude non con una decisione, ma con un accordo frutto dell’autodeterminazione dei partecipanti.
Grazie alla mediazione, quindi, in molti casi si possono ottenere soluzioni più spedite, agevoli ed economiche rispetto ai metodi tradizionali con cui affrontare le controversie (giudizio ordinario, arbitrato).
Cosa s’intende invece per Conciliazione?
Con questo termine s’intende il risultato finale ed ottimale dell’attività di mediazione, vale a dire il raggiungimento dell’accordo tra le parti all’esito del procedimento.
Chi è e come opera il mediatore?
Il mediatore è la persona o le persone fisiche con requisiti di terzietà che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione, prive di qualunque potere di decidere o giudicare vincolando i destinatari del servizio medesimo.
Il mediatore, pertanto, non avendo alcun potere decisorio, in posizione di piena terzietà, imparzialità, indipendenza e neutralità, ha il compito di assistere le parti in un percorso – per l’appunto il procedimento di mediazione – potenzialmente idoneo al soddisfacimento degli interessi delle stesse.
Che differenza vi è tra la Mediazione e l’Arbitrato?
La mediazione attiene l’ambito negoziale, mentre l’arbitrato, che pure costituisce una forma di risoluzione della controversia alternativa al processo, riveste carattere contenzioso, in quanto consiste nella devoluzione, su accordo delle parti, del potere di risolvere una controversia ad uno o più arbitri, i quali, in virtù del potere decisorio ad essi attribuito, pronunceranno un lodo che determinerà, pertanto, in ordine al caso di specie, una parte vittoriosa ed una soccombente.
COMPETENZA TERRITORIALE
Come si individua la competenza territoriale dell’organismo di mediazione civile ai sensi dell’art. 4 D.lgs 28/2010?
Per determinare la competenza territoriale dell’Organismo di mediazione civile si dovrà fare riferimento all’ambito di competenza territoriale previsto per gli uffici giudiziari, ossia: distretto per la Corte d’Appello, circoscrizione per il Tribunale, mandamento per il giudice di pace ed ambito territoriale regionale per il tribunale delle imprese.
A tale proposito, come precisato fin dalla circolare 27 novembre 2013 del Ministero della Giustizia, si terrà conto della sede principale dell’organismo ovvero delle sue sedi secondarie che si trovino nell’ambito di qualunque comune della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia. ADR Intesa ha competenza territoriale su tutto il territorio italiano, avendo sedi in tutte le circoscrizioni dei Tribunali.
È possibile derogare il criterio della competenza territoriale dell’Organismo di mediazione?
Sì, in quanto espressamente previsto, dall’art. 4, co. 1, D.lgs 28/2010 (“…La competenza territoriale dell’organismo è derogabile su accordo delle parti”). D’altra parte, già nel regime precedente alla riforma non potevano sussistere dubbi di sorta, dal momento che in tema di competenza territoriale vale la regola generale del codice di procedura civile, per la quale la competenza territoriale è sempre derogabile, mentre è inderogabile nei soli casi tassativamente previsti dall’art. 28 del codice di procedura civile. Pertanto, ogni qual volta l’ordinamento processuale consente alle parti di derogare alla competenza territoriale del giudice le stesse potranno farlo anche con riferimento alla competenza territoriale degli organismi di mediazione.
Come può avvenire la deroga alla competenza per territorio dell’Organismo?
La deroga alla competenza territoriale dell’organismo di mediazione può avvenire sostanzialmente, in tre modi.
Innanzitutto, mediante presentazione di una istanza congiunta dinanzi ad un organismo astrattamente incompetente.
In secondo luogo, mediante previsione di un organismo astrattamente incompetente all’interno di una clausola contrattuale di mediazione.
Infine – e soprattutto – nella pratica, mediante mancata contestazione della parte invitata, nel caso in cui la parte istante abbia scelto un organismo con sede in un foro diverso da quello di competenza territoriale, da cui deriverà implicito accordo in deroga.
Quale comportamento dovrà tenere l’organismo di fronte ad una istanza nei confronti della quale sia territorialmente incompetente?
La rilevazione dell’incompetenza territoriale è onere della parte, non dell’Organismo né del mediatore. Questi potranno ben segnalare (e converrà farlo ove l’organismo abbia altra sede territorialmente competente) la circostanza, ma la responsabilità della scelta dell’Organismo sarà esclusivamente della parte e dell’avvocato che l’assiste.
Quali conseguenze potrà implicare il fatto di aver svolto la mediazione dinanzi ad un Organismo territorialmente incompetente?
Nessuna, se le parti hanno raggiunto l’accordo o se comunque il tentativo si è svolto pur con esito negativo, in virtù di deroga, espressa o tacita che sia.
Se la parte chiamata non si è presentata o, presentandosi, ha eccepito l’incompetenza, laddove si tratti di materia in cui la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il giudice, d’ufficio alla prima udienza o su eccezione del convenuto, potrà pronunciare l’improcedibilità della domanda e fissare il termine per la proposizione dell’istanza dinanzi ad un Organismo territorialmente competente, fissando contestualmente udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6 D.lgs 28/2010.
Per le mediazioni telematiche vale la regola della competenza territoriale?
Sì, la domanda di mediazione deve essere presentata presso un Organismo territorialmente competente così come per le mediazioni in presenza. Le regole relative alla competenza per territorio e relativa derogabilità si riferiscono al procedimento di mediazione tout court, indipendentemente dalle modalità di svolgimento dello stesso.
IL PRIMO INCONTRO
Quando deve considerarsi avviata la mediazione?
Il procedimento ha inizio con la presentazione della domanda. È da questo momento, infatti, che decorre il termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta (art. 8, co. 1, D.lgs 28/2010), entro cui dovrà essere fissato il primo incontro, nonché il termine di cui all’art. 6 co. 1, relativo alla durata della procedura.
Il procedimento di mediazione può avere una durata superiore a sei mesi?
Si ritiene di dover rispondere affermativamente sulla base delle seguenti considerazioni.
L’art. 6, co. 1, D.lgs 28/2010 prevede che “Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti”. Tale termine di durata del procedimento di mediazione non è espressamente previsto quale termine perentorio né sono previste sanzioni in caso di esubero dallo stesso.
Non si vede per quale ragione le parti impegnate in una negoziazione, che può essere caratterizzata anche da notevole complessità (si pensi ad es. all’accesso ad atti della P.A. o all’espletamento di consulenze tecniche tali da richiedere tempi non brevi, etc.), non possano, nell’ambito della propria autonomia negoziale, decidere di protrarre più a lungo le trattative in corso, purché, naturalmente, detta concorde determinazione risulti per iscritto.
D’altra parte, sembra del tutto contraddittorio con l’intento deflattivo che informa la legislazione in tema di mediazione civile, “costringere” le parti al rispetto di termini che, se fossero considerati non derogabili, condannerebbero inevitabilmente al fallimento un numero rilevante di procedimenti.
Nel primo incontro il mediatore deve informare le parti circa la funzione e le modalità della mediazione?
Sì, ma senza dilungarsi eccessivamente. Occorrerà sottolineare i vantaggi della mediazione, in termini di tempi e di agevolazioni derivanti dalle previsioni di cui agli artt. 17 e 20 D.lgs 28/2010, ma si dovrà tener conto del fatto che le parti dovrebbero essere comunque state già informate dagli avvocati che le assistono ai sensi dell’art. 4, co. 3 del medesimo D.Lgs. 28/2010;
L’eventuale omessa o incompleta informativa è problema che riguarda esclusivamente la parte ed il proprio avvocato.
In ogni caso, ed a maggior ragione alla luce di quanto disposto dall’attuale testo dell’art. 8, co. 6, D.lgs 28/2010, secondo il quale le parti e gli avvocati che le assistono dovranno confrontarsi sulle questioni controverse cooperando in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sull’oggetto della mediazione, una sia pur breve introduzione da parte del mediatore appare della massima importanza al fine di sensibilizzare ulteriormente le parti in ordine alle opportunità fornite dall’istituto della mediazione civile.
Nel primo incontro dovrà essere consentito alle parti di entrare nel merito della lite?
Senza alcun dubbio. Il modello adottato dal legislatore con la riforma del 2013, che contemplava il c.d. primo incontro “filtro”, in cui le parti erano chiamate ad esprimersi in ordine alla possibilità di “iniziare” il procedimento, è stato completamente superato dalla riforma c.d. Cartabia (L. 206/2021 attuata dal D.lgs 149/2022). Secondo l’art. 8, co. 6, D.lgs 28/2010, il primo incontro di mediazione è tale esclusivamente sotto il profilo cronologico, senza che ad esso possano attribuirsi valenze in qualche modo depotenziate. Insomma: si tratta di un incontro di mediazione a tutti gli effetti, nel quale – in accoglimento del principio di effettività – le parti saranno chiamate ad affrontare nel merito le questioni controverse, potendo eventualmente pervenire direttamente all’accordo conciliativo.
Chiuso positivamente il primo incontro, occorre necessariamente un rinvio ad altro incontro?
Le parti sono totalmente libere di accordarsi direttamente in sede di primo incontro di mediazione. Laddove invece le parti, dopo essersi confrontate nel merito, ritengano – come di regola avviene – di proseguire nel tentativo di mediazione, si darà atto a verbale di tale esito e si programmerà, nell’accordo tra parti, avvocati e mediatore, la data del successivo incontro di mediazione. In tal caso la formula sarà: nell’incontro odierno le Parti si sono ampiamente confrontate sulle questioni controverse e sulle reciproche posizioni, e concordano di proseguire l’attività volta ad un tentativo di conciliazione in un successivo incontro di mediazione.
Nel primo incontro è possibile fare le sessioni separate?
Certamente. Trattandosi a tutti gli effetti di un incontro di mediazione, nulla osta all’utilizzo delle normali tecniche proprie della mediazione, ivi comprese le sessioni separate. D’altra parte, giova rammentare come l’informalità rappresenti una delle caratteristiche fondamentali dell’istituto della mediazione civile.
Cosa accade se chi viene convocato in mediazione non aderisce senza un giustificato motivo?
Ai sensi dell’art. 12 – bis D.lgs.28/2010, “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. Quando provvede ai sensi del comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all’autorità di vigilanza competente”.
In quali ipotesi il primo incontro di mediazione si conclude con un verbale negativo?
Se la parte chiamata non si presenta ovvero, ove si presenti, se le parti si esprimono nel senso di non procedere oltre, dopo essersi confrontate sull’oggetto della controversia.
Nel caso in cui il primo incontro di mediazione si chiude con esito negativo, quali formule vanno utilizzate nel verbale di mediazione?
Il verbale, in caso di mancata partecipazione della parte della parte chiamata al primo incontro di mediazione, si chiude con la seguente formula:
TANTO PREMESSO
Il Mediatore, verificata la regolarità delle convocazioni e compiuti gli altri adempimenti formali, constatata la mancata partecipazione della parte chiamata in mediazione, sentite le ragioni della Parte presente, dopo aver approfondito la controversia in esame ed in assenza di valide ragioni che possano giustificare un rinvio della mediazione ad un successivo incontro,
ATTESTA E DICHIARA
la non riuscita conciliazione della controversia a causa della mancata partecipazione della parte chiamata in mediazione.
Il verbale, nel caso in cui le parti non intendano procedere oltre il primo incontro di mediazione, in quanto non sono riuscite a raggiungere un accordo, si chiude con la seguente formula:
che nell’incontro odierno le Parti si sono ampiamente confrontate sulle questioni controverse e sulle reciproche posizioni, ma non è stato possibile raggiungere un accordo conciliativo;
TANTO PREMESSO
Il Mediatore, vista la documentazione depositata, verificata la regolarità delle convocazioni e compiuti gli altri adempimenti formali, dopo aver approfondito la controversia in esame ed in assenza di valide ragioni che possano giustificare un rinvio della mediazione ad un successivo incontro,
ATTESTA E DICHIARA
la non riuscita conciliazione della controversia per mancato raggiungimento dell’accordo tra le Parti.
LE SPESE DI MEDIAZIONE
Sono cambiate le spese di mediazione a seguito della riforma Cartabia?
Sulla base di quanto previsto dall’art. 17, co. 3, D.lgs 28/2010 e dagli artt. 28 – 34, DM 150/2023, ciascuna parte, al momento della presentazione della domanda di mediazione o al momento dell’adesione, corrisponde all’organismo, oltre alle spese documentate, un importo a titolo di indennità comprendente le spese di avvio e le spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro.
Detto importo, ai sensi del D.M. 150/2023, varia in funzione degli scaglioni di valore previsti: fino ad euro 1000,00; da euro 1.000,00 ad euro 50.000,00; superiore ad euro 50.000,00; valore indeterminato.
A titolo esemplificativo, poniamo il caso di controversia di valore compreso tra euro 1.000,00 ed euro 50.000,00; ciascuna parte sarà tenuta a corrispondere euro 60,00 a titolo di spese di avvio oltre euro 96,00 a titolo di spese di mediazione, per un totale di euro 156,00 oltre IVA (totale complessivo dovuto pertanto pari ad euro 190,32).
In caso di mancato accordo al primo incontro null’altro è dovuto all’organismo.
Ai sensi dei citati artt. 28 – 34, DM 150/2023, il procedimento di mediazione si conclude al verificarsi di una delle seguenti tre ipotesi, alle quali corrispondono le successive tabelle relative agli importi dovuti da ciascuna parte:
- ACCORDO AL PRIMO INCONTRO: in caso di conciliazione al primo incontro, sono dovuti gli importi indicati nell’allegato A del DM 150/2023 calcolati detraendo gli importi già versati e incrementando la differenza del 10% (art. 30, co. 1, DM 150/2023);
- MANCATO ACCORDO AGLI INCONTRI SUCCESSIVI AL PRIMO: in caso di mancata conciliazione in incontri successivi al primo, sono dovuti gli importi indicati nell’allegato A del DM 150/2023 calcolati detraendo gli importi già versati (art. 30, co. 3, DM 150/2023);
- ACCORDO AGLI INCONTRI SUCCESSIVI AL PRIMO: in caso di conciliazione agli incontri successivi al primo, sono dovuti gli importi indicati nell’allegato A del DM 150/2023 calcolati detraendo gli importi già versati e incrementando la differenza del 25% (art 30, co. 2, DM 150/ 2023).
È possibile calcolare gli importi dovuti sul nostro sito alla pagina indennità di mediazione.
Se la parte chiamata non aderisce alla mediazione devo pagare altre somme?
No, in caso di mancata partecipazione della parte chiamata, non saranno dovute dalla parte istante ulteriori somme a parte quelle già versate con la domanda di avvio della mediazione.
MEDIAZIONI DELEGATE DAL GIUDICE
Sussistono regole peculiari in caso di mediazione delegata dal giudice?
No. Sotto il profilo procedimentale, nessuna regola particolare è prevista con riferimento alla mediazione delegata dal giudice, di cui all’art. 5 – quater, D.lgs 2872010. Stante l’effettività del primo incontro di mediazione, di cui all’art. 8, co. 6, del richiamato decreto, non hanno più ragion d’essere gli orientamenti espressi da parte della giurisprudenza secondo cui il primo incontro avrebbe dovuto essere effettivo, vale a dire non un semplice pro forma finalizzato a munirsi del verbale negativo. La disposizione in parola infatti, nel disciplinare il procedimento di mediazione in generale, senza cioè distinzione alcuna tra il procedimento intentato ante causam e quello insorto lite pendente, prevede che “Al primo incontro, il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione. Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse. Del primo incontro è redatto, a cura del mediatore, verbale sottoscritto da tutti i partecipanti”. Coerentemente, l’art. 5 – quater, dedicato per l’appunto alla mediazione delegata dal giudice, nel suo co. 2, prevede che debba applicarsi l’art. 5, co. 4, secondo il quale “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione”. Ciò, evidentemente, proprio in quanto alla luce della normativa oggi in vigore, il primo incontro di mediazione COSTITUISCE MEDIAZIONE A TUTTI GLI EFFETTI, senza che in alcun modo possa rilevare il fatto che si tratti di mediazione costituente condizione di procedibilità della domanda ratione materiae ovvero mediazione avente il medesimo effetto in virtù dell’ordinanza del giudice.
LA PROPOSTA DEL MEDIATORE
Il mediatore può fare una proposta conciliativa?
Le parti possono in ogni tempo richiedere, congiuntamente, al mediatore di formulare una proposta conciliativa. Il mediatore, a norma dell’articolo 11, D.Lgs. 28/2010, sarà comunque tenuto a formulare la proposta previa informativa circa le conseguenze di cui all’art. 13 del medesimo. Spetta in ogni caso al mediatore valutare se sussistano gli elementi necessari alla formulazione della proposta. Qualora non vi siano tutti gli elementi necessari per la piena comprensione della controversia, il mediatore non potrà formulare alcuna proposta conciliativa.
L’art. 11, co. 2, del Regolamento di Mediazione di ADR Intesa, peraltro, prevede che laddove una delle parti richieda unilateralmente la formulazione di una proposta ai sensi dell’art. 11, D.lgs 28/2010, anche in assenza delle controparti e anche nell’ipotesi di mediazione demandata dal giudice ex art. 5 quater D.lgs 28/2010, il Mediatore potrà formulare la stessa solo a seguito di nomina, da parte di ADR Intesa, di un consulente tecnico e previo pagamento degli onorari del consulente medesimo a carico esclusivo della parte richiedente.
Quali sono le modalità di comunicazione e di accettazione o rifiuto della proposta conciliativa fatta dal mediatore?
La proposta di conciliazione è formulata e comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni dalla comunicazione o nel maggior termine indicato dal mediatore, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
Presenza di parti ed avvocati ed efficacia dell’accordo conciliativo
Le parti devono partecipare personalmente al procedimento?
La partecipazione personale delle parti dovrebbe essere l’ipotesi normale, e di regola lo è (senza partecipazione personale delle parti parlare di vera mediazione appare arduo). Tuttavia, nella pratica, a volte il mediatore incontra i soli avvocati. Il problema è quello della legittimazione dell’avvocato che non solo assiste ma anche rappresenta la parte: trattandosi di attività stragiudiziale occorre una procura speciale sostanziale (cfr. Cass., sez. III civ., sent. 8473/2019, secondo cui detta procura ben potrà essere conferita all’avvocato, dunque non necessariamente ad un soggetto diverso). L’art. 8, co. 4, D.lgs 28/2010, sulla scorta di tale principio, prevede espressamente che “Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale”. Circa la forma della procura speciale sostanziale, la stessa , secondo il principio generale di cui all’art. 1392 c.c., dovrà essere caratterizzata dalle medesime forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.
Una parte può partecipare alla mediazione senza avvocato?
In detta ipotesi il mediatore informerà la parte delle previsioni normative circa l’assistenza dell’avvocato, e il fatto che un eventuale verbale di conciliazione non potrà avere efficacia esecutiva immediata. Ovviamente, tali informazioni e “consigli” del mediatore dovranno essere verbalizzati. In caso di accordo, si potrà eventualmente rinviare ad un successivo incontro in cui la parte interessata sia assistita da un avvocato, ai fini della verbalizzazione. Si tenga presente che l’art. 8, co. 5, D.lgs 28/2010, prevede che “Nei casi previsti dall’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, le parti sono assistite dai rispettivi avvocati”. Di conseguenza, nell’ipotesi di mediazione volontaria, ben le parti potranno partecipare alla mediazione prive di assistenza legale, fermo restando quanto di seguito riportato in tema di efficacia esecutiva dell’eventuale accordo.
È possibile fare un accordo in mediazione senza l’avvocato?
La sottoscrizione dell’avvocato è richiesta dall’art. 12 ai soli fini dell’efficacia esecutiva, pertanto l’accordo è comunque valido. Per converso, che si tratti di mediazione “obbligatoria” o meramente volontaria, solo la sottoscrizione delle parti e degli stessi avvocati, anche con le modalità di cui all’articolo 8-bis (relativo come è noto alle mediazioni in modalità telematica) è in grado di conferire all’accordo efficacia di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Ciò in quanto sono gli avvocati, per il tramite della propria sottoscrizione, ad attestare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Nel verbale di conciliazione e nel relativo accordo l’attestazione della conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico da parte degli avvocati non è stata esplicitata. Il verbale è efficace ai fini dell’esecuzione forzata delle obbligazioni previste nell’accordo e di cui non vi sia stato spontaneo adempimento?
Il D. lgs 28/2010, anche nella sua formulazione post riforma Cartabia, prevede all’art.12, co. 1, che: “Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite dagli avvocati, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati, anche con le modalità di cui all’articolo 8-bis, costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile”.
Stando dunque al tenore letterale della disposizione si può ritenere che l’efficacia esecutiva sorga allorché i legali sottoscrivano il verbale contenente l’accordo conciliativo pur in assenza di esplicita clausola di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. A conferma di tale interpretazione si segnalano due provvedimenti rispettivamente del Tribunale di Roma (Tribunale di Roma 27/10/2023 – sentenza – Il giudice dell’esecuzione Erminia Marchese) e di Bari (Tribunale di Bari 07/09/2016 – ordinanza – Il Giudice dell’esecuzione Valentina D’Aprile), che argomentano la tesi secondo la quale, anche omessa l’esplicitazione dell’attestazione di conformità vi è efficacia esecutiva del titolo emesso in sede di mediazione civile, dovendosi ritenere l’omissione mera irregolarità formale non sufficiente a invalidare l’idoneità del titolo esecutivo.
Ove manchi la sottoscrizione di uno o più avvocati l’accordo può acquisire efficacia esecutiva?
L’accordo di mediazione che manchi della sottoscrizione di uno o più avvocati non acquista immediatamente valore di titolo esecutivo, ma lo diventa a seguito dell’omologazione del Presidente del Tribunale, che è l’alternativa espressamente prevista alla sottoscrizione degli avvocati (l’art. 12 D.lgs 28/2010 prevede che il verbale acquista efficacia di titolo esecutivo “ove” sia sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati, mentre “in tutti gli altri casi” è necessario il decreto presidenziale di omologa).
Per eseguire un accordo di mediazione è necessaria l’apposizione della formula esecutiva?
Sappiamo che il problema nella pratica si è posto. In realtà l’art. 475 c.p.c. prevede che la formula esecutiva debba essere apposta ai titoli esecutivi utilizzati in copia e non a quelli utilizzati in originale (come le scritture private). Il verbale di conciliazione è una scrittura privata, e dovrà recare la dicitura “Il presente verbale consta di n. X originali”.
Per eseguire un accordo di mediazione, deve essere notificata alla controparte, insieme al precetto, anche una copia del titolo esecutivo?
No. Coerentemente con quanto previsto dagli artt. 474 – 475 c.p.c., l’art. 5, co. 4 – bis, della L. 162/2014 (che ha convertito il c.d. “decreto degiurisdizionalizzazione”) ha infatti inserito un nuovo periodo nell’art. 12, co. 1, del decreto 28/2010, secondo il quale “L’accordo di cui al periodo precedente (cioè quello contenuto nel verbale di conciliazione) deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile”.
L’accordo raggiunto in mediazione dovrà contenere l’indicazione del valore?
Sì. L’art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010, prevede espressamente che l’accordo di conciliazione debba contenere l’indicazione del relativo valore.
È possibile che le parti possano raggiungere un accordo di mediazione parziale?
Certamente. La mediazione è una procedura flessibile e, in quanto tale, permette che le parti possano addivenire a soluzioni parziali della loro controversia ed anche non preventivabili ab initio.
Mediazione in modalità telematica
Cosa si intende per “mediazione in modalità telematica“?
Con l’espressione “mediazione in modalità telematica”, o più semplicemente “mediazione telematica”, si fa riferimento ad un procedimento di mediazione in cui le Parti, ai sensi dell’art. 8 – bis, D.lgs 28/2010, tentano di raggiungere un accordo con l’assistenza di un mediatore, mediante l’utilizzo di sistemi di collegamento audiovisivo tali da garantire la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate. Questa modalità consente di superare le barriere fisiche, garantendo al contempo la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza delle informazioni.
La relativa disciplina prevede che ciascun atto del procedimento sia formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale e possa essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.
A conclusione della mediazione il mediatore formerà un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invierà alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.
A fronte di una domanda di mediazione in cui è richiesta la modalità telematica, il chiamato può chiedere di partecipare in presenza?
Sì. A norma dell’art. 8 – bis, co. 2, D.lgs 28/2010, “ciascuna parte può chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza”.
Naturalmente ciò vale anche nel caso opposto, ossia quando la parte convocata in presenza richieda di presenziare collegata in modalità telematica.
Nelle ipotesi di mediazione in modalità “mista” la parte presente personalmente presso la sede ed il proprio legale potranno firmare manualmente il verbale all’esito dell’accordo?
No, in quanto la mediazione c.d. mista, per la quale il legislatore non prevede alcuna regola specifica, deve essere inquadrata nel più vasto ambito della mediazione in modalità telematica. L’art. 8 – bis, co. 3, D.lgs 28/2010, prevede che “a conclusione della mediazione il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata”.
Pertanto occorre fare presente alle Parti che sotto il profilo della sottoscrizione, il fatto che la mediazione sia interamente telematica ovvero mista nulla va a mutare. In sostanza la mediazione o è in presenza o è telematica, dovendosi comprendere nella seconda categoria anche lo svolgimento in modalità mista. Solo nell’ipotesi di svolgimento in presenza il verbale cartaceo potrà essere firmato a mano da parti, avvocati e mediatore.
La mediazione in materia condominiale
Nel caso di Condominio chiamato in mediazione, l’amministratore può partecipare alla mediazione senza espressa autorizzazione dell’assemblea dei condomini?
La risposta è positiva, a seguito dell’entrata in vigore, a seguito della riforma c.d. Cartabia, dell’art. 5- ter, D.lgs 28/2010, secondo il quale “L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi (…)”.
Come è noto, anteriormente alla suddetta riforma, l’art. 71 – quater disp. att. c.c. prevedeva che l’Amministratore di condominio fosse legittimato alla partecipazione ad un procedimento di mediazione solo in presenza di autorizzazione assembleare, con espresso richiamo alla maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. I condomini dovevano, quindi, conferire all’amministratore il potere negoziale di rappresentare il condominio coinvolto nella controversia.
L’amministratore, in quanto mandatario dei condomini, può sottoscrivere un accordo conciliativo?
No. Il predetto art. 5- ter, D.lgs 28/2010, prevede – e non potrebbe essere altrimenti – che “Il verbale contenente l’accordo di conciliazione (rectius: l’ipotesi di risoluzione conciliativa della controversia oggetto di mediazione) o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa”.
Per la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio è necessaria la mediazione?
Sulla questione purtroppo non c’è univocità di vedute. Il problema deriva dal diverso modo di intendere il rapporto tra norma generale e norma speciale.
La mediazione obbligatoria riguarda le controversie in materia condominiale, tra le quali rientrano ovviamente quelle derivanti dalla violazione o dalla applicazione errata “delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.” Risulta dunque ricompreso l’art. 64 disp. att. c.c., secondo cui, sulla revoca dell’amministratore, il Tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
L’art. 5, co. 6, lett. f), D.lgs 28/2010 prevede a sua volta l’esclusione della mediazione obbligatoria con riferimento ai procedimenti in camera di consiglio. Ritenendosi dunque quest’ultima la norma speciale, il procedimento di revoca non sarebbe soggetto alla procedura di mediazione obbligatoria (in tal senso Cassaz. ord. n. 1237/2018).
Una cospicua giurisprudenza di merito, tuttavia, ritenendo prevalente, sulla base di un opposto intendimento del principio di specialità, l’inclusione dell’art. 64 tra le “norme in materia condominiale”, non ha dubbi circa “applicabilità al procedimento di revoca dell’amministratore della procedura di mediazione quale condizione di procedibilità” (così, tra le tante, Trib. di Macerata, decreto 10.01.2028).
Si consiglia dunque di depositare comunque una domanda di mediazione. Ciò, innanzitutto, al fine di tentare una soluzione conciliativa, tale da risparmiare i costi ed i tempi del giudizio e, in secondo luogo, nell’ipotesi di esito negativo, di mettersi al riparo da interpretazioni che potrebbero indurre il giudice a disporre la mediazione con la fase processuale già in corso.
Consulenza tecnica in mediazione
Quando è opportuno nominare un consulente tecnico in mediazione?
È consigliabile nominare un consulente tecnico quando le questioni in discussione richiedono competenze specialistiche, come valutazioni medico-legali, stime immobiliari o calcoli complessi. Questo permette di ottenere un parere qualificato che può facilitare il raggiungimento di un accordo.
Chi può essere nominato come consulente tecnico in mediazione?
Il consulente è un esperto iscritto negli albi dei consulenti tecnici presso i tribunali.
La relazione del consulente tecnico può essere utilizzata in giudizio?
L’art. 8, co. 7, D.lgs 28/2010 prevede espressamente che “…al momento della nomina dell’esperto, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all’articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell’articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile”.
Quali sono i principali vantaggi di avvalersi di un consulente tecnico in mediazione?
I costi ridotti: la consulenza tecnica in mediazione è generalmente meno costosa rispetto a quella in sede giudiziaria; i tempi più brevi: la mediazione consente di ottenere una relazione tecnica in tempi rapidi, accelerando la risoluzione della controversia; flessibilità: e parti hanno maggiore controllo rispetto al processo, potendo pertanto personalizzare le modalità di intervento del consulente; soluzione amichevole: il parere tecnico può facilitare un accordo condiviso, evitando lunghe e costose vicende giudiziarie.
Benefici fiscali correlati alla mediazione civile
Sono previste agevolazioni fiscali per il procedimento di mediazione?
Sì, sono previste agevolazioni fiscali per il procedimento di mediazione. Ai sensi dell’art. 17, D.lgs 28/2010, tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Ma soprattutto, circostanza di decisiva importanza in numerose ipotesi relative a materie in cui la mediazione si pone come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il verbale contenente l’accordo di conciliazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di centomila euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.
Per il procedimento di mediazione sono previsti incentivi sotto forma di credito d’imposta?
Sì, sono previsti crediti d’imposta dall’art. 20, D.lgs 28/2010. In particolare, quando è raggiunto l’accordo di conciliazione, alle parti è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’organismo di mediazione, fino a concorrenza di euro seicento. Nei casi di mediazione obbligatoria o demandata dal giudice alle parti è altresì riconosciuto un credito d’imposta commisurato al compenso corrisposto al proprio avvocato per l’assistenza nella procedura di mediazione, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino ad un massimo di Euro 600,00.
Detti crediti d’imposta sono utilizzabili dalla parte nel limite complessivo di euro seicento per procedura e fino ad un importo massimo annuale di euro duemilaquattrocento per le persone fisiche e di euro ventiquattromila per le persone giuridiche. In caso di insuccesso della mediazione i crediti d’imposta sono ridotti della metà.
E’ inoltre riconosciuto un ulteriore credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, nel limite dell’importo versato e fino a concorrenza di euro cinquecentodiciotto.
Mediazione e patrocinio a spese dello Stato
L’istituto del patrocinio a spese dello Stato è applicabile anche in mediazione?
Sì, il beneficio del Patrocinio a spese dello Stato è stato espressamente riconosciuto anche nel procedimento di mediazione: nel D.lgs 28/2010 è stato infatti introdotto a tale proposito il nuovo Capo II bis (artt. 15 bis – 15 undecies).
Quali sono i requisiti per l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio in mediazione?
I requisiti per l’ammissione al gratuito patrocinio in mediazione sono, innanzitutto che si tratti di mediazione c.d. obbligatoria (ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D. lgs 28/2010); che si raggiunga l’accordo in sede di mediazione; che non si tratti di controversie per cessione di crediti e ragioni altrui, “…ad eccezione del caso in cui la cessione appaia fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti” (art. 15 bis, co. 2, D.lgs 28/2010).
Le condizioni reddituali per l’ammissione al gratuito patrocinio in mediazione sono la sussistenza di un reddito imponibile a fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore all’importo di euro 12.838,01 (art. 76, D.P.R. 115/2002).
Quali parti possono presentare l’istanza per l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio in mediazione e quali requisiti sono richiesti per la stessa?
L’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione (art. 15 quater, D. lgs. 28/2010) deve essere fatta in via anticipata e preventiva, sia da chi voglia proporre domanda di mediazione che da chi intenda aderire al procedimento.
La domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione deve contenere: le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali, una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, l’impegno a comunicare, fino a che il procedimento non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione; deve altresì contenere le illustrazioni in fatto ed in diritto idonee alla valutazione di non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere; deve infine contenere, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione dell’interessato, autenticata dal difensore ovvero con le modalità anche telematiche di cui all’art. 38, co. 3, D.P.R. n. 445/2000.
A chi va presentata l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione?
L’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione deve essere presentata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo ove ha sede l’organismo di mediazione competente ai sensi dell’art. 4, co. 1, D. lgs. n. 28/2010, personalmente dall’interessato o dall’avvocato che ne ha autenticato la firma, oppure inviata a mezzo raccomandata A.R. o posta elettronica certificata.
L’organismo di mediazione si vede riconosciuto un credito d’imposta in relazione alle indennità non esigibili dalle parti ammesse al gratuito patrocinio?
Sì. Gli organismi di mediazione hanno diritto a un credito d’imposta pari all’indennità non esigibile dalle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, fino a un importo massimo annuale di euro ventiquattromila (art. 20, co. 4, D.lgs 28/2010).