13 Dicembre
Avv. Chiara Navarra
Condominio
L’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010, che ha subito importanti modifiche da parte della riforma Cartabia, prevede le materie per le quali, chi intende avviare una causa, deve prima esperire la procedura di mediazione, tra le quali troviamo espressamente elencate “le liti relative a condominio”.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo 5 prevede l’obbligo di esperire in via preventiva la mediazione, in quanto condizione di procedibilità della domanda giudiziale, quando la controversia sorge in una delle materie indicate nel precedente comma 1.
Ma quali sono in concreto le controversia condominiali per le quali esiste l’obbligo di esperire la mediazione obbligatoria?
Secondo l’art.71-quater, comma 1, disp. att. c.c., per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, 1 comma, del d.l. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice civile (e cioè dall’art. 1117 all’art. 1139 c.c.) e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile.
Infatti, con la recente riforma del processo civile (D.lgs 149/2022), c.d. Riforma Cartabia, il legislatore ha disposto l’abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6 del vigente articolo 71-quater disp. att. c.c. mantenendo in vigore il solo comma 1, che definisce l’ambito di applicabilità della condizione di procedibilità in materia condominiale e novellando il comma 3 con il rinvio all’articolo 5-ter del Dlgs. n. 28/2010 (rubricato “Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio”).
Pertanto, come già anticipato, l’art.71-quater, comma 1, disp. att. c.c. individua l’ambito di applicabilità della condizione di procedibilità in materia condominiale, chiarendo che – in generale – l’obbligo di mediazione riguarda le cause:
Esulano, quindi, dal procedimento condominiale (e, di conseguenza, dall’obbligo di esperire la mediazione obbligatoria) i giudizi tra singoli condomini.
Sicuramente, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, rientrano nelle controversia in materia condominiale e, quindi, nella disciplina dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010, le seguenti fattispecie:
Non bisogna, invece, esperire la mediazione sia qualora si tratti di controversie nelle quali sia parte un condominio, ma la vicenda non riguardi direttamente la materia condominiale, sia quelle in cui si controverta in materia di parti comuni, ma non rilevino profili di diritto condominiale in senso stretto.
Ad esempio:
Con particolare riferimento a quest’ultima fattispecie, si segnala la recente sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 569 del 13/02/2024.
Il caso concreto sottoposto al giudice di merito era il seguente: la proprietaria di un appartamento sito in un condominio agiva in giudizio contro il Condominio e la società costruttrice dell’immobile per il ristoro dei gravi danni da infiltrazioni (sia sversamento di liquami ed escrementi vari con conseguente cattivo odore che infiltrazioni sulle pareti dove erano installati i climatizzatori).
Sia il Condominio che la società costruttrice si costituivano in giudizio ed il primo eccepiva in via preliminare l’eccezione di mancato esperimento della mediazione.
La giudice rigettava l’eccezione di improcedibilità della domanda, aderendo all’impostazione in base alla quale il contenuto della domanda risarcitoria non rientra in quello specifico indicato dall’art. 71 quater disp.att.c.c.
La controversia avente ad oggetto i danni da immissioni ovvero da infiltrazioni viene inquadrata nell’ambito dell’art. 2051 c.c., il che esclude l’applicabilità dell’art. 5, comma 1 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010.
Sullo stesso tema si erano pronunciati anche il Tribunale di Latina, con la sentenza n. 572 del 09/03/2023, ed il Tribunale di Torino con la sentenza n. 4927 del 11/11/2021.
In particolare, quest’ultima ha stabilito che l’azione ex art. 2051 c.c. contro il Condominio non richiede l’esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, ritenendo che “l’azione proposta nei confronti del condominio nell’ambito della responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 cod. civ., non rientra tra le materie di condominio ai sensi dell’art. 5 del D. lv n. 28/2010 e pertanto non richiede il preventivo esperimento della procedura di mediazione. Si richiama sul punto il disposto di cui all’art. 71 quater disp. att. c.c. secondo cui “per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”.
La sentenza traeva origine da una richiesta di risarcimento danni da infiltrazioni alle proprietà esclusive del condòmino causati dalla cattiva manutenzione delle parti comuni da parte del condominio.
In tale sentenza, il Tribunale di Torino ha ritenuto che la domanda attorea potesse sussumersi nella fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 2051 c.c., ossia nella responsabilità da cosa in custodia, ritenendo, di conseguenza, che non sempre le cause tra condòmino e condominio debbano essere precedute dal tentativo obbligatorio di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda.
L’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 2051 c.c. non può, infatti, essere messa in discussione per il solo fatto che una delle parti in causa sia il condominio.
Lo stesso condominio, quale custode dei beni e servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le stesse non rechino pregiudizio ad alcuno e viene considerato responsabile dei danni che le parti comuni cagionano alla porzione di proprietà esclusiva di un condòmino. Qualora si sia verificato un danno il condominio ne risponde, pertanto, ai sensi dell’art. 2051 c.c., norma che dà luogo a un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale ed oggettiva.
Il Tribunale ha ritenuto, dunque, che le cause di danni da infiltrazioni tra condòmino danneggiato e condominio, quale custode del bene comune da cui è originato il pregiudizio economico, non rientrino tra le controversie in materia di condominio in quanto, nella fattispecie in esame, trova applicazione l’art. 2051 c.c. e non le disposizioni civilistiche in materia di condominio.
In breve, il principio scaturente dalla sentenza in esame è il seguente: perché si abbia una controversia in materia condominiale, non è sufficiente che una delle parti in causa sia un condominio.
Alla luce di quanto sopra esposto, si deve quindi concludere che ricorrere ad un criterio meramente soggettivo avrebbe come conseguenza di imporre l’esperimento della c.d. mediazione obbligatoria a fattispecie in realtà non rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010, ferma restando, ovviamente, la possibilità per le parti in causa di avviare una procedura di mediazione volontaria.
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L’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010, che ha subito importanti modifiche da parte della riforma Cartabia, prevede le materie per le quali, chi intende avviare una causa, deve prima esperire la procedura di mediazione, tra cui “le liti relative a condominio”.
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La materia condominiale rientra nell’alveo in cui la mediazione si pone come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
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Nella materia condominiale, la mediazione è spesso una soluzione ottimale perché punta a normalizzare i rapporti personali tra i condomini in lite.