01 Aprile
Redazione
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Dopo anni, finalmente arriva la prima sentenza di cassazione che riguarda la materia della mediazione civile. A dire il vero, qualche anno fa (Cass. civ., n. 24629/2015), la Suprema Corte si era pronunciata su chi avesse l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, ma quella sentenza è, a volte, interpretata nel modo opposto da alcuni giudici di merito, forse anche perché, a detta di molti esperti, non propriamente motivata.
La sentenza di cui parliamo oggi, la 8473 del 27/03/2019, invece è perfetta, è un concentrato di chiarezza che mette finalmente ordine in alcuni elementi del procedimento che, spesso, una giurisprudenza di merito piuttosto orientata aveva concorso a rendere oggetto di lunghe dispute al tavolo della mediazione.
Vorrei far presente agli operatori della mediazione che questo istituito funziona anche senza i magistrati di merito che creano una giurisprudenza orientata che, in molti casi, fa il male della mediazione civile. Con questo, non voglio togliere meriti o dare giudizi su valenti magistrati che credono nell’istituto, ma ritengo che la loro opera, se veramente sono vicini alla mediazione, debba esplicarsi soprattutto nella devoluzione in mediazione di cause per le quali l’intervento del mediatore sia ritenuto utile e mi riferisco al comma secondo dell’art. 5 e non al comma 1 bis. Mandate le parti in mediazione quando ritenete che la causa sia meglio gestibile con questo istituto, ma per favore, non scrivete ordinanze che vanno a stravolgere l’Istituto e creano mostri giuridici. Il giudice che “ordina” al mediatore di fare la proposta, anche senza il consenso delle parti, non fa il bene della mediazione, dà ragione ai suoi detrattori e non rispetta nemmeno la legge, il mediatore non è un ausiliario del giudice.
ADR Intesa, ha sempre sostenuto le tesi che oggi afferma la Cassazione.
Veniamo ai punti trattati in sentenza:
Dispute infinite sulla presenza personale delle parti, discussioni senza fine sulla possibilità di farsi rappresentare dall’avvocato, continui inviti a scrivere nei verbali che la parte, non essendo presente di persona, ma avendo delegato il proprio legale, non aveva assolto la condizione di procedibilità etc, sono stati finalmente spazzati via da una frase che i giudici con l’ermellino scrivono con una chiarezza da far invidia agli scritti di Cesare: “Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. … non è previsto né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore…
Quindi, il potere di sostituire a se stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale”
Per la Cassazione basta una procura speciale sostanziale, non la procura alle liti, non necessariamente la procura speciale autenticata dal notaio, quindi una procura nella forma di scrittura privata, non autenticata, perché la forma della procura deve seguire la forma dell’atto che il procuratore va a concludere. Ovviamente, in ossequio a tale principio, la procura dovrà essere conferita con autentica notarile nel caso in cui il procuratore debba compiere atti, per conto del rappresentato, che abbiano ad oggetto il trasferimento di diritti reali o altri atti per i quali la forma sia richiesta ad substantiam ex art. 1350 c.c.
Altro problema risolto dalla cassazione è quello relativo al primo incontro. Le parti che dichiarano che non ci sono i presupposti per proseguire oltre il primo incontro, secondo alcuni magistrati, non assolverebbero alla condizione di procedibilità. Tutt’altro, la Cassazione riconferma la libertà delle parti di decidere il proprio destino processuale, anche partecipando per mero adempimento al primo incontro, e ribadisce che l’unica sanzione che può comminare il giudice è relativa alla mancata partecipazione, non alla partecipazione passiva.
La Suprema Corte dice testualmente “La parte può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di mediazione”
A modesto avviso di chi scrive, alla luce di questa sentenza, è necessario che aumenti la qualità del mediatore, la sua capacità di cogliere gli elementi che possano fare proseguire il procedimento e l’impegno a destinare qualche minuto durante il primo incontro per sondare le reali volontà e i reali interessi delle parti, anche se rappresentate. Facciamo le mediazioni, non attendiamo che il giudice tizio o caio ci tolga le castagne dal fuoco solo perché il legislatore è stato poco chiaro. Chi vuol farla veramente è ben accetto, ma lo è anche chi vuole solo farne una condizione di procedibilità, da operatori del diritto, dobbiamo rispettarlo, anche se non lo condividiamo, tra l’altro, non abbiamo alcun potere oltre alla nostra competenza, professionalità e autorevolezza.
Il movimento della mediazione cresce solo se aumenta la qualità del mediatore, se quest’ultimo sa toccare le corde giuste per superare il conflitto in essere tra le parti, con una soluzione che possa portare le parti stesse a metter via le lettere di diffida e di intimazione per concentrarsi sulla sostanza del problema. Per ottenere tutto ciò è necessaria, fondamentale la partecipazione attiva del legale delle parti. Su quest’ultimo punto, sono molto fiducioso; l’esperienza al tavolo della mediazione, mia e dei miei collaboratori, mi dice che l’avvocatura non è più ostile come una volta, ma è molto più collaborativa e ha tutto l’interesse a cercare una soluzione negoziale piuttosto che una lite in Tribunale.
Dott. Salvatore Zambrino
Responsabile dell’Organismo ADR Intesa
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