Mediazione e pubbliche amministrazioni: il problema dell’assistenza legale
La vigente normativa in materia di mediazione civile, come è noto, trova applicazione anche con riferimento al settore pubblico, dal momento che dal complesso delle fonti inerenti alla materia (direttiva 2008/52/CE, art. 60, L. 69/2009; D.lgs 28/2010 come modificato dalla L. 98/2013; D.M. 180/2010 come modificato dal D.M. 145/2011) non è dato ravvisare disposizioni che, per l’appunto, escludano le P.A. dall’ambito di applicazione della disciplina introdotta. Con la circolare n. 9 del 10 agosto 2012, il Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha in effetti precisato che la normativa sulla mediazione si applica anche alle controversie in cui sia parte la Pubblica Amministrazione. In particolare, la circolare ha specificato che il d.lgs. 28/2010 si applica alle controversie relative ad atti per cui la P.A. non eserciti i suoi poteri autoritativi, vale a dire a quelle “crisi di cooperazione” che riguardino soggetti privati e P.A. che agiscano jure privatorum, come si evince, peraltro, dalla stessa direttiva 2008/52/CE, che espressamente prevede l’esclusione dell’applicazione della disciplina in tema di mediazione alla materia fiscale, doganale e amministrativa, e alle controversie che abbiano ad oggetto la responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Resta naturalmente ferma l’applicabilità della disciplina speciale in materia di conciliazione nelle controversie di lavoro di cui all’art. 410 c.p.c., come sostituito dall’art. 31, co. 1, L. 183/2010, relativo anche alle controversie inerenti ai rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A., come specificato dal medesimo art. 31, co. 9, L. 183/2010. Rimane altresì esclusa la disciplina relativa alle controversie riguardanti l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo ai sensi della L. 89/2001, tenuto conto del fatto che il potere giurisdizionale rientra nell’esercizio dell’attività amministrativa di natura autoritativa. Quanto ai destinatari, il Dipartimento premette che “…la presente circolare, per la parte relativa ai chiarimenti e alle indicazioni di carattere generale, è rivolta a tutte le pubbliche amministrazioni individuate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per ragioni di competenza e di autonomia organizzativa, invece, la parte del documento in cui si forniscono indicazioni sulle modalità procedurali e sulla rappresentanza in giudizio dell’amministrazione non sono rivolte alle Regioni e alle autonomie locali, fermo restando che i principi espressi possono essere considerati utili criteri applicativi ove compatibili”. In ordine al procedimento di mediazione, la circolare intende fornire indicazioni sull’attività che l’amministrazione, come parte attrice o convenuta, è chiamata a svolgere ai fini dell’eventuale transazione. Trattandosi però di un testo antecedente alle innovazioni apportate al D.lgs 28/2010 da parte della L. 98/2013, occorre valutarne la compatibilità con la normativa sopravvenuta, profilo che appare in verità assai complesso, solo che si rifletta, ad esempio, sull’introduzione del criterio della competenza territoriale per la scelta dell’organismo (art. 4, co.1, D.lgs 28/2010) e – soprattutto – sull’assistenza legale obbligatoria nelle procedure relative alle materie in cui la mediazione è condizione di procedibilità dell’azione (art. 5, co. 1 – bis, D.lgs. 28/2010). Nella circolare si evidenzia che “…l’Avvocatura dello Stato, rispetto alle procedure non riconducibili alla tutela legale contenziosa in senso stretto, tra cui quella di mediazione, svolge esclusivamente la funzione consultiva di cui all’articolo 13 del R.D. 30.10.1933, n. 1611, come assistenza tecnica complementare alla rappresentanza processuale e difesa in giudizio delle amministrazioni patrocinate. Si individuano pertanto le modalità con cui, nell’ambito del procedimento di mediazione, le amministrazioni si rivolgono, mediante richiesta di parere, all’Avvocatura dello Stato per un contributo che consenta di addivenire alla soluzione di questioni tecnico-giuridiche ed interpretative poste alla base della controversia trattata. Trattandosi, come detto, di procedura non riconducibile alla tutela legale contenziosa in senso stretto, resta esclusa, nell’ambito del procedimento di mediazione, la rappresentanza processuale e la difesa in giudizio delle amministrazioni patrocinate da parte dell’Avvocatura dello Stato, sia pur con le precisazioni che seguono. Resta fermo che le amministrazioni in favore delle quali l’Avvocatura dello Stato svolge attività di patrocinio obbligatorio non possono avvalersi dell’assistenza di avvocati del libero foro”. Nell’ambito della procedura di mediazione la circolare, con riferimento alla normativa previgente, evidenzia “…l’opportunità che l’amministrazione formuli motivata richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, esponendo le proprie valutazioni sulla controversia, nei casi in cui il tentativo di transazione riguardi controversie di particolare rilievo, dal punto di vista della materia che ne costituisce l’oggetto o degli effetti in termini finanziari che ne potrebbero conseguire anche in riferimento al numero di controversie ulteriori che potrebbero derivarne, analogamente a quanto previsto dall’articolo 417-bis, comma 2, del codice di procedura civile. Al di fuori dei predetti casi, l’amministrazione richiede il parere all’Avvocatura dello Stato con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui il dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale competente sulla materia oggetto della controversia ovvero il dirigente o funzionario delegato abbia proceduto ad una motivata valutazione della controversia in senso favorevole alla conclusione dell’accordo”. Per quanto concerne la rappresentanza dell’amministrazione del procedimento, la circolare afferma che la P.A. è rappresentata dinanzi all’Organismo di mediazione dal Dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale competente sulla materia oggetto della controversia o da altro dirigente a tal fine delegato, precisando altresì che “…le suddette funzioni possono essere altresì delegate a dipendenti di qualifica non dirigenziale che, è opportuno, siano dotati di comprovata e particolare competenza ed esperienza nella materia del contenzioso e in quella a cui afferisce la controversia. Sulla base di criteri trasparenti ed oggettivi le amministrazioni individuano preferibilmente dipendenti di area III del comparto Ministeri o categoria equiparata con formazione di tipo giuridico-economico, in possesso del titolo di studio della laurea (L) ovvero del diploma di laurea (DL) o di titoli di studio equiparati (LS ed LM) che, ove non in possesso della competenza specifica nella materia trattata, possono essere coadiuvati da personale tecnico o professionale nell’espletamento della funzione di rappresentanza dell’amministrazione. Le amministrazioni pubbliche valutano se assegnare la funzione di rappresentanza ad un Ufficio dirigenziale già esistente, centralizzando la competenza sulla procedura di mediazione, ovvero se attribuire la funzione all’Ufficio dirigenziale di volta in volta competente rispetto alla materia trattata nella controversia”. Tali disposizioni in materia di rappresentanza dell’amministrazione possono considerarsi, ad avviso di chi scrive, sostanzialmente compatibili con la normativa sopravvenuta. Resta però da chiarire quello che appare il profilo problematico fondamentale, vale a dire quale impatto potrà avere sulla rappresentanza dell’amministrazione davanti all’Organismo di mediazione l’assistenza obbligatoria dell’avvocato introdotta dalla L. 98/2013 (che ha così modificato l’art. 8, co. 1, D. lgs 28/2010). Appare infatti del tutto superato dalla realtà quanto affermato nella circolare in esame, laddove si evidenzia che “…la procedura di mediazione rientra tra quelle non riconducibili alla tutela legale contenziosa in senso stretto cosicché non è previsto l’intervento dell’Avvocatura dello Stato laddove l’Amministrazione compaia dinanzi ad un organismo di mediazione. Nel procedimento di mediazione, pertanto, solo in casi assolutamente eccezionali, giustificati dalla particolare rilevanza della potenziale controversia, l’Avvocatura dello Stato, a fronte della richiesta avanzata dall’amministrazione interessata, valuta se intervenire nella procedura di mediazione in ogni caso non sostituendo ma affiancando il rappresentante dell’amministrazione”. Si tratta, evidentemente, di precisazioni che appaiono incompatibili in radice con un regime quale quello attualmente vigente, in cui non solo la presenza dell’avvocato in mediazione è obbligatoria nelle materie in cui il procedimento rappresenta una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma soprattutto nel quale, ai sensi del novellato art. 12, co. 1, D. lgs 28/2010, “…l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico (…)”. Che uno jus superveniens di livello legislativo non possa che prevalere su prescrizioni di natura amministrativa poste ad integrazione e specificazione di una disciplina previgente è fuori di dubbio. Ne consegue che quanto mai opportuna risulterebbe l’adozione di nuove linee guida, aderenti al rinnovato quadro normativo di riferimento, in materia di mediazione concernente le Pubbliche Amministrazioni.