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19 Giugno

Luigi Majoli

Materie di mediazione obbligatoria

Contratto di somministrazione e mediazione

Secondo l’art. 1559 c.c., il contratto di somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.

È agevole rilevare come la definizione sia caratterizzata da un contenuto ampio, per così dire “aperto”, tale da ricomprendere le più diverse possibilità.

Si tratta infatti di uno dei contratti più frequentemente utilizzati nella quotidianità dei rapporti: si pensi, quali esempi, alla fornitura di acqua, energia elettrica, gas, riviste, giornali etc., ovvero alla fornitura di materiali per l’edilizia ad una impresa di costruzioni o alla fornitura di alimenti per un bar o, ancora, si pensi al contratto con il quale un forno si obbliga a rifornire giornalmente un esercizio di alimentari per un certo tempo.

Il pregio principale del contratto di somministrazione, quindi, sta nel fatto di garantire al cliente una fornitura regolare al prezzo concordato e al fornitore un introito costante a fronte di una fornitura minima.

L’aspetto essenziale è che il somministrante fornisca delle cose; queste cose poi, potranno essere trasferite in proprietà oppure date semplicemente in uso.

Ora, a seconda delle variabili rappresentate dall’oggetto del contratto e dalle modalità di esecuzione, si possono operare le seguenti distinzioni:

  • con riferimento agli effetti, possiamo distinguere la somministrazione di consumo, nella quale le cose vengono trasferite in proprietà, come nel caso della fornitura di energia elettrica alle abitazioni o del rifornimento quotidiano di generi alimentari nei confronti di un esercizio commerciale, dalla somministrazione d’uso, in cui il somministrante attribuisce solo il godimento delle cose, come nel caso della fornitura di bottiglie per la vendita di bevande, che dovranno poi essere restituite;
  • con riferimento alla periodicità, d’altro canto, possiamo distinguere la somministrazione periodica in senso proprio, laddove le prestazioni sono fornite a scadenze regolari, come nel caso della somministrazione di gasolio ad un fabbricato (effettuata di regola una volta all’anno), dalla somministrazione periodica impropria, in cui le prestazioni sono effettuate a scadenze irregolari e dalla la somministrazione continuativa, in cui le cose sono per l’appunto fornite continuativamente a richiesta del somministrato: si pensi alla fornitura continuata di cibi e bevande a favore di un’attività di ristorazione.

L’elemento caratterizzante di tale contratto è il ripetersi degli atti di esecuzione continuata o periodica. Il contratto di somministrazione è un contratto a forma libera, anche si regola si tende ad utilizzare la forma scritta.

Qualora non sia determinata l’entità della somministrazione si intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto. Se l’entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno del somministrato ed è stabilito un quantitativo minimo, l’avente diritto alla somministrazione è tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo stesso (art. 1560 c.c.).

Nella somministrazione a carattere periodico, se il prezzo deve essere determinato secondo le norme dell’art. 1474 c.c., si ha riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al luogo in cui queste devono essere eseguite (art. 1561 c.c.).

Il termine stabilito per eseguire le singole prestazioni, a norma dell’art. 1563 c.c., si presume pattuito nell’interesse di entrambe le parti. Pertanto, se l’avente diritto alla somministrazione ha la facoltà di fissare la scadenza delle singole prestazioni, egli deve comunicarne la data al somministrante con un congruo preavviso.

Secondo l’art. 1564 c.c. “in caso di inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti”.  A titolo esemplificativo, laddove si tratti di fornitura di merci con esclusiva a favore del somministrante, il somministrato, il quale si sia rifornito presso altri fornitori di prodotti della medesima tipologia di quello oggetto del contratto, si è reso inadempiente e questo giustifica la controparte a risolvere il contratto.

Occorre rilevare come, nell’ambito di un contratto di somministrazione di beni, nell’ipotesi di vizi o difetti di cose da consumare, per la domanda o l’eccezione di riduzione del prezzo, la normativa applicabile sarà quella della vendita (artt. 1492, 1494 e 1495 c.c.), mentre se la domanda è di risoluzione del contratto troverà applicazione il citato art. 1564 c.c. secondo cui, come detto, l’inadempimento deve avere una notevole importanza e deve essere tale da menomare la fiducia nei successivi adempimenti.

Se invece la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità, l’art. 1565 c.c. prevede che il somministrante non possa sospendere l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso.

Secondo l’art. 1566 c.c. il patto con cui l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido a condizione che la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni, con la conseguenza che laddove risulti convenuto un termine maggiore, quest’ultimo si riduce a cinque anni ope legis.

Ove la clausola di esclusiva sia posta a favore del somministrante, l’altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura, né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto. Qualora invece la suddetta clausola sia posta a favore dell’avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l’esclusiva è concessa e per la durata del contratto – direttamente o indirettamente – prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto (artt. 1567-1568 c.c.).

Una regola particolare, e pertanto degna di nota, è posta per l’inadempimento all’obbligo di promozione previsto dall’art. 1568, co. 2, c.c., ai sensi del quale quando il somministrato si è impegnato a promuovere la vendita, l’inadempienza a tale obbligo può dar luogo a risoluzione, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo pattuito.

Ai sensi dell’art. 1569 c.c., qualora la durata della somministrazione non sia stabilita, ciascuna delle parti potrà recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione. Il mancato preavviso non impedisce l’estinzione del contratto, ma obbliga il recedente a risarcire i danni.

Infine, l’art. 1570 c.c. pone la norma di chiusura per la quale sono applicabili alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni.

Orbene, a conclusione delle brevi note che precedono, giova ricordare che l’art. 5, co. 1, D.lgs n. 149/2022, ha ampliato il novero delle materie in cui la mediazione si pone quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale alle controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, società di persone, subfornitura e, per l’appunto, somministrazione.

Si è pertanto ritenuto opportuno estendere l’obbligatorietà della mediazione ai predetti contratti di durata, ciò che, se da un lato testimonia il generale favor manifestato dal legislatore nei confronti dell’istituto, dall’altro dimostra come si si voluto tener conto delle risultanze applicative, stante il fatto che – dati alla mano – la mediazione si è dimostrata strumento di particolare efficacia con riferimento a quelle tipologie di controversie in cui sussiste una relazione intercorrente tra le parti, tanto di carattere familiare o di vicinato, quanto di natura societaria o di carattere commerciale, come nel caso in qui preso in considerazione: quanto più le controversie risultano inerenti a rapporti tendenzialmente durevoli, tra l’altro raramente presentandosi in questi casi sotto profili di puro diritto, tanto più la mediazione – e quindi il suo possibile approdo conciliativo – appare lo strumento più idoneo ad una composizione della lite che sia la più satisfattoria possibile in relazione agli interessi reali delle parti.

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