23 Dicembre
Avv. Chiara Navarra
Condominio
L’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010, che ha subito importanti modifiche da parte della riforma Cartabia, prevede le materie per le quali, chi intende avviare una causa, deve prima esperire la procedura di mediazione, tra le quali troviamo espressamente elencate “le liti relative a condominio”.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo 5 prevede l’obbligo di esperire in via preventiva la mediazione, in quanto condizione di procedibilità della domanda giudiziale, quando la controversia sorge in una delle materie indicate nel precedente comma 1.
In forza del disposto dell’art.71-quater, comma 1, disp. att. c.c. – che individua l’ambito di applicabilità della condizione di procedibilità in materia condominiale, specificando che, per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, 1 comma, del d.l. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice civile (e cioè dall’art. 1117 all’art. 1139 c.c.) e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile – è indubbio che una controversia relativa all’impugnazione di una delibera assembleare debba essere oggetto di mediazione obbligatoria, rientrando a tutti gli effetti nella materia condominiale.
Ma quali devono essere i contenuti essenziali della domanda di mediazione affinchè si possa affermare che è stata soddisfatta la condizione di procedibilità della domanda giudiziale? Il Tribunale di Roma, con la recente sentenza n. 3910 del 29/02/2024 (conforme Tribunale di Foggia, sentenza del 01.10.2020), ha affrontato proprio il suddetto argomento, fornendo altresì le necessarie indicazioni da inserire nell’istanza di mediazione in caso di impugnazione di una delibera assembleare.
Il caso concreto da cui trae origine la sentenza in esame è il seguente: un condomino intendeva impugnare una delibera assembleare, depositava quindi l’istanza di mediazione, chiedendo la convocazione del Condominio, ma motivando semplicemente la domanda con una sola indicazione:
“Impugnazione delibera assembleare del ….”
La mediazione aveva esito negativo e il Condomino evocava quindi in giudizio il condominio, producendo il verbale di mediazione e illustrando – soltanto nella domanda giudiziale – i motivi per i quali chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e/o, comunque, l’illegittimità e l’invalidità della delibera suddetta.
Il condominio convenuto si costituiva in giudizio, impugnando e contestando le deduzioni attoree ed eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità della domanda e la conseguente tardività della impugnazione.
Il convenuto eccepiva che l’attore aveva attivato la mediazione, chiedendo genericamente l’impugnazione della delibera, senza tuttavia specificare i motivi di impugnazione e i vizi della delibera, rendendo di fatto non assolta la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010 e, di conseguenza, tardiva l’impugnazione.
La difesa del convenuto sosteneva infatti che l’istanza di mediazione fosse priva dei requisiti minimi per la sua validità, in spregio a quanto indicato dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010 che specifica come la domanda di mediazione deve indicare “…..l’oggetto e le ragioni della pretesa”.
Il Tribunale di Roma, con la precitata sentenza, accoglieva la tesi difensiva del convenuto e dichiarava quindi improcedibile l’impugnazione della delibera, per i seguenti motivi:
Il Tribunale di Roma non ha ritenuto condivisibili le difese dell’attore, il quale riteneva che l’istanza così formulata – per quanto generica – sarebbe stata comunque sufficiente a consentire la partecipazione del Condominio convenuto, che avrebbe pur sempre potuto chiedere maggiori delucidazioni nel corso del primo incontro.
Ne consegue che l’improcedibilità della domanda giudiziale, dichiarata dal Tribunale, ha comportato la definitiva inammissibilità dell’impugnazione della delibera assembleare per intervenuta decadenza; infatti, l’effetto interruttivo del termine, prodotto dall’instaurazione del procedimento di mediazione, non può dirsi realizzato in presenza di un’istanza generica e di un procedimento svolto in modo irregolare.
Ma vi è di più. Secondo il Tribunale romano, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l’improcedibilità potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e – solo in caso di mancato esperimento della nuova mediazione – pronunciare l’improcedibilità della domanda, tuttavia, nel caso di impugnazione di delibera condominiale, l’istanza di mediazione ha anche una sua specifica ed ulteriore finalità, che è quella di impedire la decadenza dalla domanda giudiziale prevista espressamente dal codice civile (cfr. art. 1137 c.c. e art. 8 d.lgs. n. 28/2010).
Secondo l’orientamento del giudice di merito, infatti, consentire ad un soggetto di avvalersi del beneficio dell’interruzione dei termini di decadenza con la mera presentazione di un’istanza che non presenti i requisiti minimi di validità, significherebbe infatti vanificare l’istituto della mediazione, relegandolo ad un mero adempimento burocratico, in contrasto con la ratio ad esso sottesa ed incentivare il suo uso meramente dilatorio, a beneficio di un’unica parte (nel caso di specie, la parte che impugna la delibera assembleare).
Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum e della causa petendi non può quindi considerarsi validamente espletata e comporta l’improcedibilità della domanda di mediazione depositata.
Oltretutto, osserva ancora il Giudice romano, nella specie, non si è neppure trattato di semplice asimmetria tra quanto ha costituito oggetto e titolo dell’istanza di mediazione e quanto rappresentato dall’attore nel successivo giudizio in tribunale, quanto piuttosto della totale assenza nell’istanza di mediazione degli elementi di fatto oggetto della pretesa dell’attore che non hanno consentito il corretto svolgimento della mediazione.
Da ultimo, il Giudice di merito ricorda che – come previsto espressamente dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010 – l’istanza di mediazione, al pari degli atti processuali, per essere considerata valida ed efficace, deve necessariamente indicare:
E ancora, il Tribunale di Roma osserva come la mediazione abbia un’indubbia valenza deflattiva e che, di conseguenza, l’istanza con la quale si intende impugnare il deliberato deve necessariamente avere il contenuto minimo indicato dalla predetta norma (art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010) proprio per consentire alla controparte, chiamata in mediazione, di conoscere la materia del futuro contendere e di prendere posizione su di essa già nel corso della procedura mediante le opportune difese.
In conclusione, tale contenuto minimo risponde proprio all’esigenza di rendere fattiva la soluzione alternativa e/o conciliativa della controversia in mediazione, anche e solo nell’intento di provocare una contrazione del thema decidendum nella successiva fase processuale (ad es. su questioni superate in relazione alle difese svolte).
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