Potere di autentica del segretario comunale, mediazione e autentica notarile.
Secondo l’art. 97, co. 4, lett. c), D.lgs 267/2000 (TUEL), come modificato dall’art. 10, co. 2 – quater, L. 114/2014, il segretario comunale “…roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente”.
In conseguenza dell’intervento legislativo in parola, che ha modificato la precedente formulazione, risalente originariamente all’art. 17, co. 68., L. 127/97 (Bassanini – bis), secondo cui il segretario comunale poteva rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte, risulta evidentemente accentuata una funzione rogatoria su richiesta.
Nulla è mutato, invece, per quanto concerne il potere di autentica, che resta attribuito al segretario comunale laddove il Comune sia parte dell’atto.
Ciò in quanto l’ordinamento dispone, come è noto, che la competenza generale in materia di autentica spetti al notaio, configurandosi il potere medesimo in capo a diverso pubblico ufficiale solo nell’ipotesi in cui una norma espressamente lo preveda e con esclusivo riferimento agli atti ai quali la funzione è specificamente attribuita.
Non potrebbe dunque ravvisarsi una competenza del segretario comunale in ordine all’autentica di scritture private di contenuto negoziale, laddove tutte le parti risultino estranee all’amministrazione comunale, mentre ove il Comune sia parte dell’atto ovvero nell’ipotesi di scritture private unilaterali, provenienti da terzi, tali da costituire uno strumento di impegno negoziale nei confronti del Comune, il potere di autentica di firma spetterà, per espressa previsione normativa, allo stesso segretario comunale.
Naturalmente, si tratta di intendersi per quanto riguarda il significato dell’espressione “…nell’interesse dell’ente”. Trattandosi di competenza certificativa attribuita al segretario comunale esclusivamente laddove venga ad essere impegnato il Comune, l’interesse dell’ente locale preso in considerazione non può che essere unicamente quello negoziale.
La richiamata disposizione, in altri termini, non può essere riferita a interessi di carattere generale (come, ad es., l’interesse urbanistico o quello tributario), dal momento che in tali ipotesi l’amministrazione comunale dispone degli ordinari strumenti pubblicistici per realizzare le proprie finalità. Si tratta, dunque, di attività negoziali di carattere privatistico, funzionali peraltro allo svolgimento di compiti pubblicistici.
In conseguenza di quanto precede, ove si tratti di verbale di conciliazione all’esito di un procedimento di mediazione in cui è parte il Comune, ben potrà essere svolta dal segretario comunale l’attività di cui all’art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010.
Quest’ultima disposizione prevede che “Se e’ raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento”.
La scelta del legislatore appare del tutto coerente con il sistema di pubblicità immobiliare oggi in vigore nell’ordinamento giuridico, dal momento che l’art. 2657 cod. civ. stabilisce che titoli validi per la trascrizione siano esclusivamente le sentenze, gli atti pubblici o le scritture private autenticate o la cui sottoscrizione sia stata accertata in sede giudiziale. D’altra parte, la ratio delle previsioni di cui all’art. 11 risulta chiaramente espressa all’interno della relazione illustrativa al decreto 28/2010 laddove, nel paragrafo rubricato “Articolo 11 (Conciliazione)”, si afferma che “Al fine di garantire la certezza dei traffici e offrire maggiori garanzie alle parti, è stato previsto che l’autografia della sottoscrizione del verbale di accordo che abbia ad oggetto diritti su beni immobili soggetti a trascrizione (e annotazione), per poter effettuare quest’ultima, debba essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La disposizione si estende, logicamente, agli atti di divisione immobiliare per effetto del combinato disposto con l’articolo 2645 c.c.”.
Nella summenzionata fattispecie di procedimento di mediazione in cui il Comune é parte, il “pubblico ufficiale a ciò autorizzato” di cui al secondo periodo della disposizione riportata risulta essere, sulla base del quadro normativo in precedenza riassunto, per l’appunto il segretario comunale. Il quale, di conseguenza, procederà all’autentica della sottoscrizione del processo verbale redatto dal mediatore, attività che, a norma dell’art. 2703, co. 2, cod. civ. “…consiste nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare l’identità della persona che sottoscrive”.
Le considerazioni appena svolte non possono non indurre ad alcune riflessioni consequenziali in ordine all’intervento del notaio a seguito di verbale di conciliazione relativo a mediazione positivamente conclusasi tra soggetti privati e tale da investire contratti o atti di cui all’art. 2643 cod. civ.
Si pensi all’ipotesi – paradigmatica – degli accordi di mediazione relativi al riconoscimento della sussistenza dei presupposti di legge per l’usucapione, in cui la sottoscrizione del relativo verbale, a norma del n. 12 – bis dell’art. 2643 cod. civ. (introdotto dal “Decreto del fare” poi convertito in L. 98/2013) deve essere autenticata da pubblico ufficiale a ciò autorizzato (vale a dire – fuori dalle ipotesi di competenza del segretario comunale – in via generale dal notaio).
Orbene, la situazione è nota. Ben raramente, infatti, si verificherà l’ipotesi di un notaio, non mediatore, presente all’accordo, il quale, assistendo alla sottoscrizione del verbale e dell’accordo allegato, ne autentichi le firme apposte, provvedendo, successivamente, alla registrazione ed alla trascrizione del medesimo, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 10, D.P.R. 131/1986 e 2671, co.1, cod. civ., secondo cui “Il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l`atto soggetto a trascrizione, ha l`obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve termine possibile, ed è tenuto al risarcimento dei danni in caso di ritardo, salva l`applicazione delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se lascia trascorrere trenta giorni dalla data dell`atto ricevuto o autenticato”.
Nulla peraltro sembrerebbe ostare alla possibilità, per le parti e per il mediatore, una volta che le prime abbiano raggiunto l’accordo, di differire la sottoscrizione del verbale ad un momento cronologicamente successivo, che si svolga alla presenza del notaio, il quale, a quel punto, secondo la previsione del menzionato art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010, letteralmente interpretata, dovrebbe limitarsi all’autentica delle sottoscrizioni stesse, senza entrare nel merito dei contenuti dell’atto redatto dal mediatore e sottoscritto dallo stesso, dalle parti e dagli avvocati che le assistono, non assumendosi, di conseguenza, responsabilità alcuna in ordine ai contenuti medesimi, ma esclusivamente riguardo l’effettiva corrispondenza delle firme in sua presenza apposte alle rispettive identità personali.
In effetti, secondo l’art. 28, co. 1, della Legge sul Notariato, il notaio “…non può ricevere o autenticare atti (…) se essi sono espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico”.
Correlativamente, l’art. 28 stesso è richiamato dal successivo art. 138, co. 2, L.N., come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. p), D.lgs 110/2010, in cui è prevista la sanzione della “…sospensione da sei mesi a un anno (per) il notaio che contravviene alle disposizioni degli articoli 27, 28, 29, 47, 48, 49, e 52 – bis, co. 2”.
Appare evidente, peraltro, come il controllo di legalità sui contenuti dell’atto, e dunque dell’accordo che in esso è contenuto, che a norma delle menzionate disposizione della legge sul notariato deve essere esercitato anche sulle scritture private autenticate, trovi, nel caso specifico degli accordi conciliativi raggiunti all’esito di un procedimento di mediazione, una espressa previsione da parte dell’art. 12, co. 1, D.lgs 28/2010, laddove si prevede che “Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico”.
In sostanza, dunque, secondo il D.lgs 28/2010, il mediatore è chiamato a certificare l’autografia della sottoscrizione delle parti, mentre gli avvocati dovranno attestare e certificare la non contrarietà dell’accordo a norme imperative o all’ordine pubblico.
Attestazione e certificazione, quest’ultima, che la legge notarile attribuisce in generale al notaio ex art. 28.
Ora, ad avviso di chi scrive, deve essere tenuto nel dovuto conto il fatto che nella fattispecie si è in presenza di un accordo tra privati che viene formalizzato in un verbale redatto all’esito di un procedimento, nel quale le parti devono essere assistite dall’avvocato, in cui il mediatore, che fornisce una prestazione d’opera intellettuale (dalla quale, per inciso, scaturisce il relativo diritto alla retribuzione), certifica, per espressa previsione di legge, l’autografia della sottoscrizione delle parti e pertanto, nelle ipotesi di cui all’art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010, al fine di addivenire ad un titolo idoneo ad essere trascritto, dovrebbe ritenersi sufficiente la autentica delle sottoscrizioni da parte del notaio.
Evidentemente, ove l’intervento del notaio andasse ad estendersi alla legalità dell’accordo nella sua interezza, ciò condurrebbe, come in molti casi in effetti avviene, alla riproduzione, all’interno dell’atto pubblico, del verbale conclusivo del procedimento di mediazione, con conseguente duplicazione, in termini pratici, dello stesso e – soprattutto – con conseguente aumento a dismisura dei costi per le parti (basti il confronto tra le tariffe per l’autentica e quelle per la redazione di un atto ex novo).
Ciò, ovviamente, sarebbe inevitabile stante la lettera dell’art. 2703, co. 2, cod. civ., laddove l’intervento del notaio fosse successivo alla stesura, e relativa sottoscrizione, del verbale, dal momento che verrebbe a mancare la prescritta contestualità; e ancora, nulla quaestio nell’ipotesi in cui fossero le parti stesse, in sede di accordo, ad obbligarsi, al fine di prevenire a determinati risultati, ad un successivo atto notarile.
In conclusione, dunque:
ove si consideri la previsione di cui all’art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010, nella quale, giova ricordarlo, non è fatta menzione alcuna alla necessità di un atto pubblico ai fini della trascrizione, in termini di lex specialis, con conseguente portata derogatoria rispetto alla normativa generale in tema di autenticazione, il notaio dovrebbe limitarsi a provvedere all’autentica della sottoscrizione del verbale, con correlativa esclusione dalla propria responsabilità dei profili attinenti al merito;
ove invece si ritenga di diversamente opinare, se il verbale di conciliazione è sottoscritto dalle parti (e dal mediatore) dinanzi al notaio, nel rispetto dunque di quanto previsto dall’art. 2703 cod. civ., egualmente il notaio procederà alla semplice autentica, non alla redazione ex novo di un atto pubblico destinato a incorporare il verbale.
Tornando al tema dell’usucapione, quest’ultima non è che l’effetto legale di una fattispecie, e dunque non potrà derivare da una volontà negoziale (e, d’altra parte, non potrebbero in alcun modo attribuirsi rilevo ed efficacia ad una volontà negoziale che pretendesse di sostituirsi a quanto previsto dalla legge).
Da quanto precede può evincersi come, in sede di accordo conciliativo conseguente al procedimento di mediazione, non potrà emergere una volizione mirante al riconoscimento dell’acquisto di un diritto reale, effetto che, per l’appunto, non può essere determinato dalla volontà delle parti; detto accordo, tuttavia, ben potrà avere ad oggetto il riconoscimento della sussistenza delle circostanze che rappresentano i presupposti necessari ad un acquisto per usucapione.
Di conseguenza, la previsione normativa, contenuta nel nuovo n. 12 – bis dell’art. 2643 cod. civ., relativa alla trascrivibilità di un accordo raggiunto in mediazione in materia di usucapione costituisce un indubbio elemento chiarificatore in un ambito nel quale, fino alla novella legislativa, i dubbi e le incertezze sembravano fare aggio sui punti fermi.
Non è chi non veda i vantaggi, in termini di tempi e di costi, derivanti dall’utilizzo dello strumento della mediazione rispetto alla alternativa giudiziale. È con rammarico, dunque, che vanno registrati determinati atteggiamenti del Notariato, che non appaiono sempre condivisibili, e che finiscono con il ridurre, di fatto, la portata dei vantaggi stessi.
Occorrerebbe, forse, un intervento del legislatore che si esprimesse in modo chiaro e definitivo sul problema rappresentato dal rapporto tra quanto previsto dall’art. 11, co. 3, D.lgs 28/2010 ed il dettato degli artt. 28 e 139 della legge sul notariato.