Sentenza Corte Costituzionale: quale futuro per la mediazione?
Come ormai noto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del D.Lgs n. 28/2010, nella parte in cui prevedeva il carattere obbligatorio della mediazione.
La motivazione dovrebbe essere resa nota nelle prossime settimane e di conseguenza, allo stato, non sembra possibile andare al di là di alcune primissime considerazioni di ordine generale.
Ammesso (e non concesso) che nella pronuncia la Corte si sia arrestata alle sole problematiche relative al rapporto tra legge di delegazione e legislazione delegata, non inoltrandosi quindi in problematiche inerenti agli aspetti ”sostanziali” della questione (soltanto la motivazione della sentenza potrà, ovviamente, chiarire tale fondamentale aspetto), la situazione sembrerebbe potersi riassumere come segue.
Secondo quanto disposto dall’art. 76 Cost., la legge delega deve contenere, oltre ai principi ed ai criteri direttivi cui il Governo è tenuto ad ispirarsi, limiti di oggetto definito e tempo determinato. Ebbene, nella fattispecie, la delega contenuta nell’art. 60 della L. n. 69/2009, non prevedendo espressamente ipotesi di obbligatorietà della mediazione, non risulterebbe tale da autorizzare l’Esecutivo a prevedere, per le materie di cui all’art. 5 D.lgs n. 28/2010, il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Di qui l’eccesso di delega dal quale il decreto, in ultima analisi, sarebbe affetto.
Quali scenari si schiudono, a questo punto?
Certamente nulla potrebbe escludere la via del disegno di legge, di iniziativa governativa o parlamentare. Si tratterebbe però, evidentemente, di una strada di fatto resa impraticabile dai tempi lunghi inevitabilmente richiesti dall’iter legislativo, soprattutto dovendosi tener conto delle attuali contingenze di ordine politico.
Rimarrebbe la risorsa rappresentata dal decreto legge.
In via di principio, tale soluzione non potrebbe ritenersi esclusa a priori, dal momento che l’art. 15, co. 2, lett. e), L. n. 400/1988 vieta al governo di ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale solo qualora si tratti di ”vizi non attinenti al procedimento”. Tale divieto non è dunque applicabile al caso in esame.
Si tratterebbe, naturalmente, di valutare la sussistenza di un caso straordinario di necessità e urgenza, a norma dell’art. 77, co. 2, Cost. Non sembra, in effetti, che possano essere diversamente considerati lo stato emergenziale della giustizia civile italiana, da un lato, dato che la componente deflattiva presente nella normativa sulla mediazione non può essere revocata in dubbio, né la sorte degli innumerevoli organismi di mediazione fino a ieri operanti a pieno regime ed oggi, di fatto, condannati al fallimento, dall’altro.
Questi, in estrema sintesi, gli scenari che al momento appaiono delinearsi.
Va rilevato, in ogni caso, come non siano mancate immediate reazioni e prese di posizione da parte degli operatori del settore della mediazione.
Il Forum nazionale degli Organismi di mediazione e dei Mediatori Civili, ad esempio, a fronte della pronuncia della Corte costituzionale, ha ritenuto opportuno diramare immediatamente un comunicato stampa nel quale si legge, tra l’altro, ”…che la Corte Costituzionale sembra aver ritenuto infondate le questioni di illegittimità costituzionale con riferimento all’articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza) ed all’articolo 24 (laddove è garantito il diritto di difesa). Mentre solo con riferimento all’articolo 77 della Costituzione (divieto di eccesso di delega), la Consulta pare aver rilevato esclusivamente un vizio formale per eccesso di delega.
Tale imperfezione evidenziata dalla Corte, ove confermato con il deposito della sentenza, verrà sanata a breve con apposite disposizioni normative su cui il Forum nazionale degli Organismi di mediazione e dei mediatori civili, sta già lavorando alacremente con l’apporto fattivo di numerosi esponenti delle istituzioni e della società civile tutta.
Il 31 ottobre gli Organismi di Mediazione ed i Mediatori Civili si ritroveranno a Roma presso la Camera dei Deputati al III Forum Nazionale degli Organismi di Mediazione e dei Mediatori Civili per decidere la data in cui tenere, la prima settimana di novembre, una grande giornata di mobilitazione nazionale dei mediatori in Roma, per andare in pressing sul Parlamento e sul Governo, affinché venga emanato un atto “riparatore”, al grido: “Indietro non si torna”. Al III Forum Nazionale dei Mediatori, per sentire le voci dei Mediatori, parteciperà anche il sottosegretario alla Giustizia, Salvatore Mazzamuto”. (Forum nazionale degli Organismi di mediazione e dei Mediatori Civili, comunicato stampa del 24 ottobre 2012).
Anche Unioncamere ha ribadito il proprio impegno a proseguire sulla strada delle forme giustiziali alternative al processo, attraverso la dichiarazione del proprio presidente Ferruccio Dardanello, il quale sottolinea come ”…il sistema delle Camere di Commercio che da oltre 10 anni e’ impegnato sul fronte della conciliazione e che nel tempo ha investito risorse ed energie per offrire ai consumatori e alle imprese italiane un’alternativa di qualità al tradizionale ricorso alla giustizia ordinaria, proseguirà nel suo percorso a favore di questa forma di giustizia basata sulla ricerca dell’accordo piuttosto che sulla contrapposizione tra le parti. Ogni giorno, infatti, il mondo delle imprese ci chiede proprio questo: una giustizia rapida e poco costosa. In attesa di leggere le motivazioni della sentenza della suprema Corte, ci auguriamo che il Governo e il Parlamento vogliano sostenere attraverso forme di incentivazione il maggior ricorso a questo strumento”.
Di segno naturalmente opposto, invece, i primi commenti provenienti dal mondo dell’avvocatura.
Il Cnf, esprimendo la propria soddisfazione per la decisione della Corte, sottolinea in una nota come debba essere dato ”…ampio riconoscimento ai colleghi che per primi hanno individuato la strada del ricorso in sede giudiziaria.
Da parte sua il Cnf ha sostenuto le motivazioni del ricorso con una memoria a firma di Massimo Luciani, depositata alla Corte.
Il Cnf ha sin dal principio sottolineato che la previsione del passaggio obbligatorio dalla mediazione come condizione, per di più onerosa, per adire il giudice non solo rendeva oltremodo difficoltoso l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini; ma era una previsione anomala con riguardo alla natura propria di un istituto che risulta tanto più efficace quanto basato sulla reale volontà delle parti.
Il Cnf rileva che l’efficienza della giustizia è un obiettivo che è condiviso dall’Avvocatura ma occorre che le soluzioni giuridiche in concreto individuate rispettino i diritti dei cittadini e i principi dell’ordinamento”.
Anche l’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA), con l’intervento del presidente Maurizio de Tilla, si esprime favorevolmente nei riguardi della decisione della Consulta, osservando come, a proprio avviso, ”…l’obbligatorietà e i costi alti costituivano un meccanismo perverso che, oltre che limitare l’accesso alla giustizia, avviava un processo di privatizzazione di un diritto sancito dalla nostra Costituzione. Ora è giunto il momento di approfondire il confronto e di puntare davvero su sistemi moderni di soluzione alternative alle controversie, con criteri di qualità e rigore e senza dissimulate privatizzazioni dei diritti. Non solo: il ministro Severino deve tener conto di questa decisione e avviare un dialogo aperto e a tutto campo sulle proposte dell’avvocatura, che ha sempre ragione quando invoca il rispetto della Costituzione. Anche, in questa occasione prendiamo un impegno ulteriore come Oua: la battaglia continua contro l’aumento dei costi per i cittadini, per l’eliminazione del filtro in appello e il taglio di oltre 1000 uffici giudiziari. Basta con le ricette sbagliate, è giunto il momento delle vere riforme per ridurre i tempi dei processi e rendere efficiente la macchina giudiziaria”.
Questa, dunque, in termini ovviamente di estrema sintesi, la situazione e le posizioni attuali. Non resta, per il momento, che l’auspicio di una celere pubblicazione della sentenza, al fine di poterne conoscere le esatte motivazioni e, quindi, la reale portata.