Tribunale di Pavia, sez. III civile, ordinanza 9 marzo 2015.
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Commento:
Il Tribunale di Pavia, con l’ordinanza in commento, si allinea alla giurisprudenza ormai largamente prevalente in base alla quale il tentativo di mediazione non può considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, dal momento che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione, risultando viceversa necessaria la partecipazione delle parti personalmente – o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare – che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre il primo incontro.
Ciò, in particolare, perché la valutazione circa la “mediabilità” della controversia risulta già effettuata dal giudice stesso con il provvedimento medesimo, nel quale, tra l’altro, viene articolata una proposta ai sensi dell’art. 185 – bis c.p.c., disponendosi contestualmente la mediazione delegata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, per l’ipotesi in cui le parti ritengano di non aderire alla soluzione prospettata dal Tribunale (ovvero di svilupparla autonomamente in mediazione).
L’ordinanza in parola, dunque, appare di notevole interesse in quanto tende a compendiare due distinti orientamenti, peraltro tra loro pienamente complementari, radicatisi in giurisprudenza all’indomani dell’entrata in vigore della legge 98/2013.
Innanzitutto, sotto un profilo di principio.
La mediazione disposta dal giudice ai sensi del novellato art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 costituisce, come è noto, condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Ai fini dell’avverarsi di detta condizione, secondo la giurisprudenza sviluppatasi a seguito delle ordinanze 17 e 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze, al cui retroterra il presente provvedimento mostra di aderire pienamente, occorre che il tentativo di mediazione sia effettivo e che le parti partecipino personalmente allo stesso, salvo ipotesi eccezionali, non risultando in ogni caso sufficiente la presenza dinanzi al mediatore dei soli avvocati che le assistono.
L’assenza della parte determinerebbe conseguenze rilevanti sulla natura stessa del tentativo di mediazione che, in quanto tale, dovrebbe dipanarsi in modo tale da consentire agli interessati di assurgere quanto più possibile al ruolo di autentici protagonisti della vicenda (auspicabilmente) destinata a favorire il recupero del rapporto tra le parti, anticamera di ogni ipotesi di conciliazione. Una trattativa svolta dai soli avvocati potrebbe anche portare ad un esito fruttuoso, ma non rappresenterebbe una mediazione vera e propria, assumendo piuttosto le sembianze di una mera transazione, in quanto tale ispirata alla (diversa) logica delle reciproche rinunce.
D’altra parte, però, la presenza personale delle parti a nulla gioverebbe, se calata all’interno di una vuota formalità mirante unicamente all’ottenimento di un verbale negativo, senza alcun tentativo concreto di soluzione stragiudiziale.
Secondo la giurisprudenza citata, infatti, la mediazione disposta dal giudice deve essere intesa alla stregua di un tentativo di mediazione effettivamente avviato, ossia di un tavolo nel quale le parti, anziché limitarsi ad incontrarsi ed informarsi, per poi non aderire alla proposta del mediatore di procedere, adempiano effettivamente all’ordine del giudice, partecipando alla vera e propria procedura propedeutica ad una eventuale conciliazione, salvo, naturalmente, l’emergere di questioni pregiudiziali (di natura – pertanto – oggettiva) ostative al suo svolgimento.
Nella mediazione delegata dal giudice non può che essere quest’ultimo a valutare, secondo i parametri legali, i margini di componibilità stragiudiziale della controversia, con conseguente ridimensionamento della funzione del primo incontro di mediazione di cui all’art. 8, co. 1, D.lgs 28/2010, tanto più in un’ottica quale quella post riforma per la quale la mediazione è “disposta” (rectius: ordinata) dal giudice, il quale non si limita più, pertanto, a rivolgere un mero invito alle parti, ma esercita un potere affidatogli dalla legge la cui conseguenza immediata è di condizionare la procedibilità del giudizio pendente dinanzi a sé.
In secondo luogo, sotto un profilo attinente al modus operandi del giudice.
Nel provvedimento in esame, infatti, viene ribadita la cumulabilità tra proposta transattiva o conciliativa formulata dal giudice ex art. 185 – bis c.p.c. e mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.
Si tratta di una tecnica inaugurata dal Tribunale di Roma, sez. XIII civile, con l’ordinanza 24 ottobre 2013 e che, come ormai ben noto, è divenuta in seguito di utilizzo comune.
In sostanza, formulata la proposta e assegnato un congruo termine per la valutazione della medesima, il giudice dispone che dalla eventuale infruttosa scadenza dello stesso decorrerà il termine ulteriore di 15 gg. per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, l’istanza relativa alla mediazione disposta ex ante dal giudice stesso in previsione dell’eventualità di non adesione alla proposta.
Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo le parti potranno anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni a riguardo (naturalmente con riferimento alla sola proposta del giudice), anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle stesse, ai fini degli artt. 91 e 96, co. 3, c.p.c.
Si tratta di una tecnica che appare convincente, in quanto, nell’ipotesi in cui le parti (o una di esse) non ritenessero di aderire alla proposta giudiziale, quest’ultima potrebbe in ogni caso fungere da base di trattativa passibile di sviluppi autonomi, da verificarsi nel successivo (ma preventivato) tavolo di mediazione.
Ben potrà, infatti, il mediatore, anche sulla base dell’eventuale proposta formulata dal giudice e dei motivi per i quali una delle parti (o entrambe) non abbia ritenuto di accoglierla, estendere il tentativo conciliativo a profili emersi successivamente alla formulazione della proposta stessa o, comunque, se già esistenti, non entrati nel thema decidendum, superando così il vincolo rappresentato, nel giudizio, dalla corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
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Testo integrale:
TRIBUNALE DI PAVIA
Sezione III Civile
Dott. Giorgio Marzocchi
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
promosso da
……..
attore-opponente
contro
……..
convenuto-opposto
Il giudice istruttore del Tribunale di Pavia, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 4.03.2015,
Osserva
da una delibazione degli atti e dei documenti del fascicolo; dall’esito dell’interrogatorio libero esperito anche a fini conciliativi all’ultima udienza del 4.03.2015; dalla disponibilità delle parti manifestata in esito al fallimento del tentativo di conciliazione giudiziale, discende l’opportunità di disporre l’esperimento di una procedura di mediazione, previa proposta giudiziale di conciliazione della lite;
Visto l’art. 185 bis, cpc, considerata la natura della causa, il valore della lite e le questioni di diritto non particolarmente complesse che vengono in considerazione nel presente giudizio;
Si propone alle parti:
di definire amichevolmente la lite nel modo seguente: la società opponente s’impegni ad effettuare un pagamento, a saldo e stralcio in favore dell’opposto, per il titolo dedotto in giudizio, della somma di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), da intendersi onnicomprensive di capitale, interessi e concorso nelle spese legali (al lordo di tutti gli accessori). La somma potrà essere corrisposta in parte alla conclusione dell’accordo e in parte in rate mensili.
Si invitano i difensori, ove condividessero l’opportunità della proposta transattiva giudiziale, a prendere contatto tra loro per definire le concrete modalità del pagamento, invitandoli, ove preferissero formalizzare l’accordo in un verbale di conciliazione giudiziale, ad avanzare apposita istanza di anticipazione dell’udienza.
In caso di mancato accordo – da accertarsi a cura dei difensori entro il termine perentorio del 15.04.2015 – sulla sopra formulata proposta giudiziale o su altra liberamente determinabile nell’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti
Dispone come segue:
Considerato lo stato dell’istruzione, la natura della causa e il comportamento delle parti;
Ritenuto opportuno ordinare il tentativo di mediazione in vista di una possibile conciliazione della lite, alla luce degli elementi in fatto e di diritto già emersi;
Ritenuto che il tentativo di mediazione non possa considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, essendo evidente che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione ed essendo al contrario necessaria la partecipazione delle parti personalmente – o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare – che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre l’incontro preliminare (ex multis, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14; Trib. Roma, Ord. 30.06.14; Trib. Firenze, Ord. 26.11.2014; Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15);
Viste le modifiche introdotte dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013;
PQM
Letto ed applicato l’art. 5, co. 2, D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28,
Ordina alle parti, in caso di mancato accordo entro il 15.04.2015 sulla proposta giudiziale sopra formulata, l’esperimento del procedimento di mediazione, ponendo l’onere dell’avvio della procedura a carico della parte più diligente e avvisando entrambe le parti che, per l’effetto, il tempestivo esperimento del tentativo di mediazione – presenti le parti o i loro procuratori speciali e i loro difensori – sarà condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che, considerato che il giudizio sulla mediabilità della controversia è già dato con il presente provvedimento, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti;
Visti gli artt. 8, co. 4-bis, D.Lgs. 28/2010, 116, co. 2, 91 e 96 cpc, invita il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare;
Ordina alla parte più diligente di allegare la presente ordinanza anche in copia “libera” all’istanza di avvio della mediazione o all’adesione alla stessa, in modo che il mediatore possa averne compiuta conoscenza;
Rinvia la causa all’udienza del 23 settembre 2015, ore 10,30
1) per la verifica dell’esito della procedura di mediazione e, in caso suo esito negativo,
2) per la trattazione orale sulla sussistenza delle condizioni e sull’opportunità per le parti di presentazione dell’istanza congiunta, ex art. 1, co. 1, D.L. 132/14, convertito in L. 162/14, di trasferimento del giudizio alla sede arbitrale forense, ex art. 1, co. 4, L. cit., con invio del fascicolo al Presidente dell’Ordine Avvocati di Pavia;
3) in subordine, in caso di mancanza dell’istanza congiunta di cui sopra, per la precisazione delle conclusioni.
Assegna alle parti il termine perentorio del 30.04.2015 per la presentazione della domanda di avvio della procedura di mediazione da depositarsi presso un Organismo, regolarmente iscritto nel registro ministeriale, che svolga le sue funzioni nel circondario del Tribunale di Pavia, ex. art. 4, co. 1, D. Lgs. 28/2010;
Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.
Pavia, 9 marzo 2015
Dott. Giorgio Marzocchi
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