AVVIA UNA MEDIAZIONE: PER AVVIARE UN PROCEDIMENTO OCCORRE PRESENTARE UNA SPECIFICA ISTANZA.

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giudice di pace

Una delle più rilevanti modifiche apportate alla previgente normativa in tema di mediazione civile dalla legge n. 98/2013 è indubbiamente rappresentata dall’introduzione di un criterio di competenza territoriale in ordine alla scelta dell’organismo cui presentare l’istanza. A norma dell’art. 4, co. 1, D.lgs n. 28/2010, infatti, “la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza”.

Si tratta di una previsione che ha immediatamente dato adito a controversie di natura interpretativa. Deve farsi riferimento al luogo in cui l’organismo di volta in volta considerato ha la sede principale ovvero si deve tenere conto anche delle (eventuali) sedi secondarie? E ancora, quid juris nell’ipotesi di controversia per la quale la competenza, per materia o valore, appartenga ad un ufficio di Giudice di Pace? In altri termini, se l’organismo ha la propria sede in un comune rientrante nella circoscrizione del corrispondente Tribunale può essere considerato competente o la locuzione “luogo del giudice territorialmente competente” deve essere interpretata letteralmente, con le (disdicevoli) conseguenze del caso? Questi solo alcuni degli interrogativi insorti a seguito della modifica legislativa.

Ora, in base alla circolare del 27 novembre 2013 del Ministero della Giustiziala domanda di mediazione dovrà essere presentata presso un organismo di mediazione accreditato che abbia la propria sede principale o secondaria nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia che si intende proporre”.

A tal fine si precisa inoltre che “si terrà conto della sede principale dell’organismo ovvero delle sue sedi secondarie che si trovino nell’ambito di qualunque comune della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia”.

La circolare introduce dunque un criterio di collegamento improntato alla parificazione tra sede principali e sedi secondarie dell’organismo, purché situate in un qualunque comune della circoscrizione del “tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia”, con ciò superando – a quanto sembra potersi dedurre – le difficoltà derivanti dall’utilizzo dell’espressione “giudice” da parte del legislatore.

Naturalmente si precisa poi che condizione necessaria ai fini della esatta individuazione delle sedi, tanto principale quanto secondarie, è che le stesse siano state regolarmente comunicate al Ministero mediante la compilazione e la trasmissione dell’apposita modulistica. Costituisce altresì condizione necessaria l’adozione, da parte del Ministero, del provvedimento di iscrizione ovvero di modifica di esso in ordine ad ogni eventuale successiva richiesta di integrazione delle sedi.

Dott. Luigi Majoli

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L’entrata in vigore, il 21 marzo scorso, dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione anche in materia di controversie condominiali e di sinistri stradali, ha immediatamente prodotto gli effetti deflattivi auspicati e perseguiti dal legislatore, con un notevole incremento delle istanze di mediazione presentate agli organismi accreditati. I diretti interessati, però, non sembrano intenzionati ad accettare la novità: diversi Giudici di Pace, (ad es. Giudice di Pace di Napoli, ord. 23 marzo 2012, o Giudice di Pace di Cava dei Tirreni, ord. 21 aprile 2012) infatti, hanno sostenuto che nelle questioni rientranti nelle proprie competenze il tentativo di conciliazione non sarebbe obbligatorio, sulla base di argomentazioni che non mancheranno di suscitare più di una perplessità. In sintesi, si sostiene che, rappresentando il Titolo II del Libro II del c.p.c., dedicato al processo dinanzi al Giudice di Pace, una normativa speciale rispetto al giudizio ordinario, e non contenendo il D.lgs n. 28 del 2010 alcun riferimento al medesimo, non risulterebbero abrogati gli artt. 320 e 322 c.p.c., i quali prevedono un tentativo di conciliazione, rispettivamente giudiziale e stragiudiziale operato dal Giudice di Pace stesso, il secondo dei quali, in particolare, perseguirebbe la medesima finalità del decreto legislativo. In sostanza, dunque, si asserisce la contraddittorietà e la intrinseca illogicità della previsione di un tentativo di conciliazione, vale a dir quello esperito dal mediatore, che andrebbe a precedere quello successivamente operato dal giudice in sede non contenziosa. Sorge spontaneo domandarsi, ove non si proceda in mediazione prima di agire dinanzi al Giudice di Pace, se non si finisca con il rischiare di vedersi annullata la sentenza in appello, per poi dover riprendere tutto da capo, a partire dal tentativo di conciliazione dinanzi ad un Organismo…
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Per avviare un procedimento di mediazione ai fini della composizione bonaria della controversia esistente, occorre presentare una specifica istanza ad ADR Intesa.