Si è svolta il 6 maggio a Roma, nella splendida cornice della sede di Unioncamere, l'annuale edizione della Giornata mondiale della proprietà intellettuale.
Dopo i saluti introduttivi della Dr.ssa Loredana Gulino, a capo della Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione - Ufficio Italiano Brevetti Marchi, e di Mr. Yoshiyuki Takagi, assistente del direttore generale del WIPO, sono iniziate le relazioni.
I primi relatori hanno affrontato i temi della brevettazione a livello internazionale, attraverso il sistema PCT. Hanno, successivamente, analizzato il sistema di Madrid e dei marchi internazionali per poi, verso la conclusione dei lavori, parlare di mediazione e arbitrato nella proprietà intellettuale.
Nell'àmbito della proprietà intellettuale le maggiori dispute sono di livello contrattuale (accordi di licenza, violazioni di accordi di coesistenza, ...), violazione di diritti di proprietà intellettuale e controversie interne ed internazionali.
Da uno studio del 2011, dell'Economic Survey, redatto sotto la direzione del Law Practice Management Committee - AIPLA, in primo grado durano mediamente fino a 24 mesi con un costo medio tra i 50.000 e i 150.000 €. In appello le tempistiche sono le medesime con costi medi leggermente inferiori. Ricordiamoci però che dal 2011 ad oggi è incrementato il contributo unificato per i vari gradi di giudizio.
Perchè scegliere un sistema di risoluzione alternativa delle controversie è, pertanto, abbastanza palese. Ma ci sono ulteriori motivi. Il primo è quello di avere una soluzione in tempi rapidi che invogli l'investitore straniero ad investire nel nostro Paese. Mediazione, arbitrato ed expert determination hanno natura tecnica e specializzata con competenze specifiche del mediatore/arbitro/esperto. Sono procedure riservate. In particolar modo le aziende che non intendono palesare i propri accordi trovano nei sistemi ADR un ottimo compromesso tra costi, tempi e riservatezza degli accordi. Da ultimo, non in ordine di importanza, trattandosi di sistemi collaborativi - che conducono ad un accordo condiviso - vengono mantenuti intatti i rapporti tra privati e tra aziende.
Ad esempio il centro di mediazione del WIPO ha gestito oltre 350 procedure tra aziende di vari Paesi tra cui l'Italia, Germania, Giappone, Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito, Russia, ... Il 42% di questi casi erano inerenti a brevetti d'invenzione.
Altro dato statistico che invita sempre più spesso a fare uso dei metodi di risoluzione alternativa delle controversie, quali mediazione, arbitrato o expert determination, sono le percentuali di buon esito: il 90% degli intervistati ha concluso accordi con la controparte proveniente da un altro Paese.
Nella top ten dei dieci motivi per i quali viene preferito un metodo ADR (mediazione, arbitrato o expert determination) ai primi posti troviamo i costi e i tempi. Gli altri motivi variano di posizione nel caso si tratti di contratti nazionali o internazionali. Per quanto concerne i contratti nazionali il terzo posto è detenuto dalla qualità del risultato, mentre a livello internazionale si preferisce l'esecutività dell'accordo raggiunto. Altri dati forniti sono relativi alla preferenza, dovuta alla durata nel tempo, di un metodo ADR rispetto ad un altro nel settore delle tecnologia. Il metodo ADR più rapido, secondo l'Arbitration and Mediation Center del WIPO è l'expert determination. Al secondo posto si classifica la mediazione seguita dall'arbitrato. Il medesimo ordine si mantiene anche se analizziamo i costi delle tre procedure iniziando dalla più economica.
Alla luce di quanto mostrato possiamo vedere che, soprattutto in àmbito internazionale, sia necessario ricorrere a metodi di risoluzione alternativa delle controversie per poter essere competitivi sui mercati, innovare e internazionalizzare. Tale argomentazione è ancor più forte nel nostro Paese in cui i costi e i tempi della giustizia sono enormi e le aziende che innovano non possono aspettare anni per veder riconosciuti i propri diritti.
Il 20 dicembre u.s., il Ministero della Giustizia ha diramato una circolare interpretativa del DM 145/2011 allo scopo dichiarato di chiarire alcuni profili d’incertezza sollevati dalla nuova formulazione del DM 180/2010. Con questa circolare la Direzione Generale della Giustizia Civile si sofferma, in sequenza, sui seguenti temi: l’attività di vigilanza, vari aspetti riguardanti il tirocinio assistito nonché i criteri per l’assegnazione delle mediazioni, la chiusura del procedimento, le indennità del servizio, il gratuito patrocinio.
In merito all’attività di vigilanza si evidenzia che il Ministero stesso esercita il potere di vigilanza e di controllo, sia in fase preventiva (verificando la correttezza della domanda di iscrizione e la sussistenza dei requisiti richiesti), che successiva (verificando il continuo rispetto degli organismi di mediazione e dei mediatori agli obblighi cui sono tenuti secondo le previsioni normative primarie, secondarie nonché le direttive di questa amministrazione). In ogni caso, i criteri operativi sono ancora da definire in concreto.
Riguardo al tirocinio assistito, è stato precisato che tale obbligo formativo riguarda solo i mediatori già iscritti e deve essere rinnovato ogni due anni. Inoltre, il tirocinante deve limitarsi a presenziare alla mediazione, necessariamente affiancando mediatore, senza però dover compiere una specifica attività. Il tetto delle 20 mediazioni in tirocinio può essere raggiunto:
È importante sottolineare che per i mediatori già iscritti, il biennio di aggiornamento professionale (comprensivo del tirocinio) decorre al momento dell’entrata in vigore del DM 145/2011 (26 agosto 2011). Per tutti i mediatori iscritti successivamente alla predetta data, l’obbligo di aggiornamento decorrerà dalla data d’iscrizione di ciascuno di essi presso l’elenco dell’organismo di mediazione di appartenenza.
A tale riguardo, Si ricorda che l’iscrizione nelle liste di un organismo di mediazione si ha solo ed esclusivamente a seguito della seguente procedura:
Riguardo i criteri per l’assegnazione delle mediazioni, si ribadisce la necessità di evidenziare nei regolamenti dei singoli organismi i criteri di designazione tra i quali assume particolare importanza la competenza professionale del mediatore e le specifiche conoscenze acquisite anche in relazione al percorso universitario e all’attività professionale svolta.
Per quanto riguarda la chiusura dei procedimenti di mediazione, la circolare evidenzia che in caso di mediazione volontaria o sollecitata dal giudice o per contratto, il mediatore può chiudere il procedimento di mediazione anche ove la parte istante non si sia presentata. Nei casi, invece, in cui vi è obbligatorietà del tentativo di mediazione, è essenziale che l’invitante si presenti davanti al mediatore, non potendo, diversamente, chiedere il rilascio dell’attestazione di conclusione del procedimento di mediazione. In sostanza, si è voluto precisare che, solo nei casi di obbligatorietà del tentativo di mediazione:
Per quanto riguarda le indennità del servizio di mediazione, si afferma che le spese di avvio del procedimento e le spese di mediazione costituiscono due voci di spesa autonome che, unitamente considerate, formano l’indennità complessiva. Queste devono essere corrisposte al verificarsi dei diversi momenti che connotano l’espletamento del servizio di mediazione. Di conseguenza, oltre all’importo di € 40,00 dovuto per l’avvio del procedimento, dovranno essere corrisposte, in aggiunta, dalle parti anche le ulteriori spese di mediazione secondo i criteri indicati nell’articolo 16, commi 3 e seguenti del DM 180/2010, come modificati dall’articolo 5 del DM 145/2011. Il Ministero afferma inoltre che, oltre alla suddetta indennità complessiva, dovranno essere altresì corrisposte all’organismo di mediazione le spese vive, purché documentate dall’organismo di mediazione.
Per concludere, la circolare in oggetto afferma un dubbio principio secondo il quale in caso di sussistenza delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 del Tu di cui al Dpr 30 maggio 2002 n. 115, tutti gli organismi, sia essi pubblici o privati, sono tenuti a svolgere il servizio di mediazione, senza potere pretendere alcun compenso né nei confronti della parte né nei confronti dell’erario o, in generale, dell’amministrazione.
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