In un procedimento di mediazione, l'attività di negoziazione si riferisce al processo in cui le parti coinvolte cercano di raggiungere un accordo su una controversia attraverso il dialogo e la negoziazione assistita da un mediatore neutrale.
Il mediatore facilita la comunicazione tra le parti, aiuta a identificare gli interessi comuni e le possibili soluzioni, e lavora per trovare un compromesso soddisfacente per entrambe le parti.
La negoziazione in mediazione non è vincolante fino a quando non viene raggiunto e formalizzato un accordo.
Durante questo processo, le parti hanno l'opportunità di esprimere le loro opinioni e preoccupazioni, esplorare opzioni creative per la risoluzione della controversia e trovare una soluzione che soddisfi i bisogni di entrambe le parti.
In generale, quattro sono le fasi della negoziazione:
Anche il procedimento di negoziazione in mediazione può essere suddiviso in fasi, che coinvolgono tutti gli attori della mediazione (e cioè il mediatore, le parti ed i rispettivi legali) e che ricalcano le fasi tipiche del procedimento di negoziazione, come sopra dettagliate.
La mediazione si apre con il discorso introduttivo del mediatore.
Si tratta di un discorso di apertura del mediatore circa le caratteristiche e le regole del tavolo di mediazione (neutralità ed equidistanza del mediatore; volontarietà della mediazione; riservatezza del tavolo di mediazione; assenza di decisioni vincolanti emesse dal mediatore; possibilità di sessioni separate con il mediatore, di sessioni tra le sole parti, di sessioni tra i soli avvocati delle parti; regole di ‘buona comunicazione’; modalità di stesura del possibile accordo finale).
Anche le parti ed i loro avvocati sono chiamati a pronunciare un discorso c.d. di apertura, che consiste nella esposizione iniziale, ad opera di ciascuna parte, dei fatti della controversia che le ha portate al tavolo di mediazione e della qualificazione di quei fatti da parte degli avvocati.
A seguito del discorso di apertura di ciascuna parte (e del rispettivo avvocato), il mediatore (di regola) svolge una ricapitolazione di quanto detto, utilizzando il metodo della c.d. parafrasi.
Si tratta del cuore dell’incontro di mediazione.
Tale fase è dedicata all’indagine degli interessi che si agitano sotto le posizioni (giuridiche) delle parti.
È in tale fase che il mediatore gioca un ruolo determinante nel cercare di superare un confronto spesso difficile tra le parti e situazioni di stallo mediante l’impiego di tecniche comunicative appropriate e del c.d. ascolto attivo.
Di norma il confronto tra le parti incomincia con una sessione c.d. congiunta, durante la quale il mediatore ascolta le pari ed i rispettivi legali intorno ad un medesimo tavolo.
Il compito del mediatore in questa fase è delicato in quanto il conflitto è spesso acceso e, pertanto, occorre gestire l’emotività e la conflittualità più o meno elevata del rapporto e della comunicazione.
Dopo questo primo confronto, il mediatore può organizzare gli incontri separati per analizzare i fattori del conflitto, gli interessi e le necessità delle parti e per individuare le alternative possibili per il raggiungimento dell’accordo.
Tale fase coincide generalmente con le sessioni separate del mediatore con le parti ed i loro consulenti.
Per la gestione della predetta fase, il metodo di negoziazione (orientato al problem solving) consiste in quattro principi fondamentali:
È questa la fase dedicata alla c.d. tempesta dei cervelli (brainstorming) in cui le parti e i loro avvocati sono incoraggiati e supportati dal mediatore ad immaginare, sulla base dell’esplorazione degli interessi sino a quel momento svolta, possibili opzioni di soluzione della controversia.
Grazie alla fase esplorativa ed al costante aiuto del mediatore, viene estesa la c.d. zona di possibile accordo (ZOPA), con maggiore possibilità di soddisfazione reciproca delle parti in conflitto.
Il contenuto dell’accordo raggiunto in mediazione può essere molto vario e, talvolta, fantasioso, nonchè contenere pattuizioni anche di natura non giuridica.
L’unico limite imposto dal legislatore è il seguente: l’accordo deve essere conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Generate le più varie opzioni di soluzione del conflitto, si apre la fase della loro attenta e puntuale valutazione, onde giungere alla scelta condivisa di quella che soddisfi maggiormente tutte le parti.
Nella valutazione delle opzioni solutorie è essenziale l’utilizzo di criteri oggettivi, che permettano di scegliere quali tra tutte siano le più realistiche, fattibili, eseguibili, capaci di garantire una soluzione del conflitto di lunga durata.
Il mediatore è chiamato ad aiutare le parti e i loro avvocati nell’individuare tali criteri oggettivi per la risoluzione del conflitto, evitando che le parti restino “arroccate” sulle proprie posizioni, pregiudicando così il raggiungimento di un possibile accordo.
Alla luce della valutazione sulla base di criteri oggettivi delle diverse opzioni generate dalle parti, il mediatore aiuta le parti nell’orientarsi verso una soluzione condivisa di reciproca soddisfazione dei loro interessi.
Si rileva come la soluzione condivisa potrà rivelarsi quella giusta solo se l’accordo sarà ritenuto da entrambe le parti un buon accordo, che permetterà alle stesse di risolvere la controversia in modo soddisfacente e duraturo, preservando anche i loro rapporti personali e/o familiari e/o commerciali e/o professionali.
Ove raggiunta una soluzione condivisa di reciproca soddisfazione degli interessi delle parti, segue una fase di concreta stesura dell’accordo che raccolga tale soluzione dandovi una veste giuridica.
In questa fase il ruolo primario è svolto dagli avvocati che assistono le parti in conflitto che, di concerto con il mediatore, hanno il compito fondamentale di redigere il verbale di accordo nel rispetto dei contenuti di cui all’art. 12 del D.Lgs. 28/2010, conferendo allo stesso efficacia esecutiva.
Da tutto quanto esposto, consegue come sia indispensabile formare una nuova categoria di avvocati che abbiano la capacità e le competenze necessarie per assistere la parte in mediazione, poichè la difesa processuale – alla quale gli avvocati vengono di norma preparati – è assai differente dalla difesa della parte in mediazione.
Diffondere la cultura della mediazione tra gli avvocati, significa formare i professionisti nell’apprendimento delle tecniche di ascolto e negoziazione, al fine di riuscire ad utilizzare nel modo più efficacie ed incisivo possibile lo strumento della mediazione, non solo a scopo deflattivo (per “alleggerire” il carico ormai insostenibile dei tribunali) ma anche e soprattutto per riuscire a modificare l’approccio delle parti al conflitto ed alla relativa risoluzione.
L’obiettivo è infatti quello di passare da un approccio c.d. “win – lose” (strategia tipica di una soluzione giudiziale di un rapporto conflittuale, dove le parti tendono a screditarsi reciprocamente e lo scopo è quello di sconfiggersi a vicenda) ad un approccio c.d. “win – win” (strategia tipica di chi cerca sinergie con gli altri, allo scopo di perseguire la reciproca soddisfazione).
Quest’ultima tipologia di approccio è quella ottimale in ogni rapporto di negoziazione (e quindi anche in mediazione) e produce gli effetti più vantaggiosi per tutte le parti coinvolte nel conflitto.
“Impugnazione delibera assembleare del ….”
La mediazione aveva esito negativo e il Condomino evocava quindi in giudizio il condominio, producendo il verbale di mediazione e illustrando - soltanto nella domanda giudiziale - i motivi per i quali chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e/o, comunque, l’illegittimità e l’invalidità della delibera suddetta. Il condominio convenuto si costituiva in giudizio, impugnando e contestando le deduzioni attoree ed eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità della domanda e la conseguente tardività della impugnazione. Il convenuto eccepiva che l’attore aveva attivato la mediazione, chiedendo genericamente l’impugnazione della delibera, senza tuttavia specificare i motivi di impugnazione e i vizi della delibera, rendendo di fatto non assolta la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010 e, di conseguenza, tardiva l’impugnazione. La difesa del convenuto sosteneva infatti che l’istanza di mediazione fosse priva dei requisiti minimi per la sua validità, in spregio a quanto indicato dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010 che specifica come la domanda di mediazione deve indicare “…..l’oggetto e le ragioni della pretesa”. Il Tribunale di Roma, con la precitata sentenza, accoglieva la tesi difensiva del convenuto e dichiarava quindi improcedibile l’impugnazione della delibera, per i seguenti motivi:ADR Intesa ha organizzato un nuovo Corso base per diventare Mediatore Civile, rivolto a tutti i laureati, della durata di 94 ore ai sensi del DM 150/2023. Il corso si svolgerà in parte in modalità telematica e in parte nella nostra sede di Roma (Via Fregene, 9) nei seguenti giorni 6-7-10-11-12-13-14-17-18-19-20-21 febbraio 2025, così ripartiti:
Durante il corso verranno esaminati, oltre all’attuale normativa, i più recenti orientamenti giurisprudenziali. Particolare attenzione verrà inoltre dedicata alle varie fasi del procedimento analizzando le strategie e le tecniche di mediazione.
Quota di partecipazione
Affrettati! La classe ha un massimo di 40 posti!
Nozioni ed istituti di base di diritto sostanziale e processuale civile
Le fonti del diritto. Fonti atto: fonte, disposizione, norma. Gerarchia delle fonti.
Il codice civile e la sua struttura.
L’atto giuridico, il rapporto giuridico ed il negozio giuridico. Elementi essenziali ed elementi accidentali del rapporto giuridico. L’invalidità del rapporto giuridico: differenza tra nullità ed annullabilità.
La soggettività giuridica e le situazioni giuridiche soggettive. In particolare il diritto soggettivo. Tipologie di diritti soggettivi: diritti reali e diritti relativi.
I principali diritti reali.
I diritti relativi.
Il concetto di obbligazione. Obbligazione nascente dalla legge e obbligazione nascente da contratto.
La nozione di contratto. Contratti tipici ed atipici. Le vicende fondamentali del contratto: la conclusione, gli effetti, la rescissione e la risoluzione.
Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Elementi base in materia di successioni.
La tutela giurisdizionale dei diritti.
Il processo civile. Principi costituzionali.
Il concetto di azione. Tipologia di azioni.
Principi generali del processo: giurisdizione, competenza, litispendenza, continenza connessione.
Il giudice. Le Parti e i difensori.
Gli atti processuali e la loro forma. Nullità degli atti processuali.
Schema elementare del processo ordinario di cognizione. L’introduzione della domanda giudiziale e la prima udienza. La fase istruttoria. La fase decisoria. Le impugnazioni ed il concetto di cosa giudicata.
Il processo di esecuzione. In particolare: titolo esecutivo e precetto. Esecuzione in forma generica ed esecuzione in forma specifica.
I procedimenti speciali. Cognizione piena e cognizione sommaria. In particolare: il procedimento monitorio ed il rito locatizio.
Differenze tra processo, arbitrato e risoluzione alternativa delle controversie in mediazione e negoziazione assistita.
Prova finale scritta.
Prova finale orale.
L'introduzione storica, filosofica, antropologica e sociologica del conflitto e dei diversi modelli teorici e
metodologici di gestione dello stesso. Il concetto di ADR e la nozione di mediazione civile. Mediazione
facilitativa e valutativa.
La teoria della comunicazione e dei profili cognitivi e decisionali. Tecniche di comunicazione e di
negoziazione nel procedimento di mediazione. Le metodologie delle procedure di gestione consensuale
delle liti e di interazione comunicativa.
La normativa nazionale, europea e internazionale in materia di mediazione. In particolare: dal testo
originario del D.lgs 28/2010 alla sent. n. 272/2012 della Corte costituzionale ed all’introduzione del nuovo
modello di mediazione “obbligatoria” con il “decreto del fare” (2013). Tipologie di mediazione: obbligatoria, facoltativa, delegata, da clausola contrattuale. Mediazione in presenza e mediazione in modalità telematica ai sensi dell’art. 8 – bis, D.lgs 28/2010.
Segue: la riforma “Cartabia”. La mediazione civile alla luce della L. delega 206/2021 e della sua attuazione
attraverso il D.lgs 149/2022. Gli attori della mediazione: il mediatore, le parti e gli avvocati che le assistono.
Il ruolo dell’Avvocato in mediazione: in particolare, gli obblighi di informativa. Il procedimento di
mediazione in generale: le fasi. In particolare: l’istanza di mediazione, la sua comunicazione alle parti
chiamate ed i suoi effetti. In particolare: il primo incontro: analisi dell’art. 8, D.lgs 28/2010 prima e dopo la
riforma “Cartabia”. L’effettività del tentativo di mediazione ed il principio di leale collaborazione.
VII Giornata (telematica 9-19)
Lo svolgimento del procedimento. Sessione congiunta e sessione separata. La riservatezza nel
procedimento di mediazione. Questioni controverse in merito. La partecipazione personale delle Parti al
procedimento e la rappresentanza delle stesse. La sent. 8473/2019 della Corte di Cassazione. La procura speciale sostanziale. Dalla giurisprudenza al diritto positivo. Le conseguenze della mancata partecipazione al procedimento. Tecniche di verbalizzazione.
Lo svolgimento del procedimento. Sessione congiunta e sessione separata. La riservatezza nel
procedimento di mediazione. Questioni controverse in merito. La partecipazione personale delle Parti al
procedimento e la rappresentanza delle stesse. La sent. 8473/2019 della Corte di Cassazione. La procura
speciale sostanziale. Dalla giurisprudenza al diritto positivo. Le conseguenze della mancata partecipazione al procedimento. Tecniche di verbalizzazione.
Tecniche di mediazione: l’arte di domandare e riformulare. Le varie tipologie di domande e come sceglierle
in ragione delle esigenze dettate dal contesto. Gli ostacoli nella mediazione: la gestione del conflitto. Role
playing con analisi di casi pratici e simulazione di mediazione.
La mediazione delegata dal Giudice ex art. 5 – quater, D.lgs 28/2010. La formazione del magistrato e la
valutazione del contenzioso definito attraverso la mediazione demandata alla luce dell’art. 5 – quinquies,
D.lgs 28/2010. La proposta del mediatore ai sensi dell’art. 11, D.lgs 28/2010. L’accordo tra le parti e gli
effetti del verbale di conciliazione. Il ruolo del notaio nel procedimento di mediazione. L’esecuzione dell’accordo in mediazione. Contributi giurisprudenziali nell’ambito della mediazione civile. In particolare, opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione. Dalla sentenza n. 19596/2020 delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione all’art. 5 – bis, D.lgs 28/2010.
La mediazione in materia condominiale: le innovazioni recate dall’art. 5 – ter, D.lgs 28/2010. Questioni
controverse. La consulenza tecnica in mediazione. Il regime delle spese e delle indennità di mediazione. Le conseguenze dell’effettività del primo incontro di mediazione. Le innovazioni previste in sede di attuazione della L. 206/2021 con il D.lgs 149/2022 e con il DM 150/2023. I benefici fiscali previsti dal D.lgs 28/2010.
Analisi dell’evoluzione degli artt. 17 e 20 D.lgs 28/2010. Il patrocinio a spese dello Stato nella mediazione
civile e commerciale.
Role playing con analisi di casi pratici e simulazione di mediazione. il rapporto tra mediatore e organismo di mediazione. Analisi riassuntiva delle principali tematiche affrontate. Dibattito conclusivo e chiarimenti da parte dei formatori.
Prova finale di valutazione della durata di quattro ore, comprensiva di verifiche relative ai moduli teorici e
pratici e di una prova pratica comprendente la simulazione di una proposta del mediatore.
Luigi Majoli
Luigi Majoli
Il Codice civile, come è noto, definisce l’azienda come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per esercitare l’impresa (art. 2555), con il logico corollario che l'azienda rappresenta lo strumento principale per lo svolgimento dell'attività economica dell'imprenditore e che i beni sono aziendali in quanto funzionalmente collegati all'esercizio dell'impresa.
Naturalmente, il proprietario del complesso di beni costituente l’azienda può cederne l’uso ad un diverso soggetto verso il pagamento di un corrispettivo, detto canone. Peraltro, non è necessario che il trasferimento comprenda la totalità dei beni costituenti il complesso aziendale, risultando sufficiente che abbia ad oggetto un’articolazione funzionalmente autonoma che al predetto complesso sia riconducibile (il ramo d’azienda).
Il contratto di affitto di azienda può essere utilizzato con riferimento a qualsivoglia tipologia di impresa e di attività economica: esempi tipici sono rappresentati dal settore alberghiero e da quello della ristorazione.
Va rilevato come, spesso, il contratto in parola venga utilizzato quale fase anticipatoria rispetto alla cessione definitiva dell’azienda: in tal modo, evidentemente, il proprietario potrà garantirsi un rendimento costante per un determinato lasso temporale, mentre l’affittuario avrà la possibilità di valutare concretamente la redditività dell’azienda.
L’affitto di azienda non trova, all’interno del Codice civile, una disciplina organica.
L’art. 2562 c.c. si limita, in effetti, a rinviare alle disposizioni di cui al precedente art. 2561 c.c., relative all’usufrutto di azienda. Pertanto, all’affitto di azienda potranno applicarsi le norme sull’affitto in generale e quelle sulla locazione, naturalmente laddove risultino compatibili con le poche disposizioni espressamente dedicate al contratto in oggetto. In presenza pertanto di una disciplina codicistica avente natura prevalentemente dispositiva, è di peculiare importanza che le parti predispongano clausole contrattuali particolarmente precise ed esaustive.
Ai sensi dell’art. 2557 c.c. “Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta”. I patti di astensione dalla concorrenza per lassi temporali più ampi sono validi”. Con riferimento, invece, all’usufrutto o all’affitto dell'azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell'usufrutto o dell'affitto (art. 2557, co. 4, c.c.). Peraltro, parte della giurisprudenza ha ritenuto la predetta disposizione applicabile in via estensiva anche all’affittuario; in altri termini, si è affermato che il divieto di concorrenza sussiste anche nei confronti dell’affittuario, successivamente alla scadenza del contratto di affitto.
L’affittuario dell’azienda, salvo che non sia diversamente stabilito dal contratto, a norma dell’art. 2558 c.c. subentra nei contratti già stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale e, ai sensi dell’art. 2561 c.c., è tenuto ad esercitare l’impresa sotto la ditta che la contraddistingue, al fine di dare continuità all’impresa e di evitare che l’affittuario svaluti o screditi il valore dell’impresa commerciale. L’affittuario pertanto, dovrà gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e con modalità tali da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, nonché le normali dotazioni di scorte, potendo incorrere, in caso contrario, nella condanna al risarcimento ovvero alla prestazione di garanzie (cfr. art. 1015 c.c.) o, infine, nella risoluzione del contratto per inadempimento.
Quanto alle forme, per il contratto di affitto dell’azienda non è prevista la forma scritta a pena di nullità, ma solo ai fini della prova, della pubblicità e della opponibilità ai terzi.
A norma dell’art. 2556 c.c., infatti, il contratto di affitto di azienda deve essere iscritto nel Registro delle Imprese, di talché lo stesso dovrà essere redatto per iscritto, con la forma dell’atto pubblico o di scrittura privata autenticata, a cui dovrà seguire, entro 30 giorni, la pubblicità presso il Registro delle Imprese.
Nell’ipotesi di mancata iscrizione si determinerà un duplice ordine di conseguenze: da un lato, una sanzione amministrativa (ex art. 2914 c.c. con riferimento alle imprese individuali ed ex art. 2630 c.c. per le imprese esercitate in forma societaria); dall’altro, la mancata produzione degli effetti giuridici: il contratto non iscritto nel Registro delle Imprese risulterà bensì valido tra le parti, ma non potrà essere opposto ai terzi, salva la prova che gli stessi ne abbiano avuto conoscenza.
Tutto ciò premesso, e trasferendo ora la nostra attenzione al versante processuale, occorre rilevare come la legge delega n. 206 del 26 novembre 2021 (c.d. Riforma Cartabia) abbia previsto che la riforma del processo civile avrebbe dovuto estendere “…l’applicabilità della procedura di convalida, di licenza per scadenza del contratto e di sfratto per morosità anche ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto d’azienda” (art. 1, co. 5, lett. r).
In effetti, il decreto legge n. 149 del 10 ottobre 2022 ha effettivamente modificato l’art. 657 c.p.c., relativo allo sfratto per finita locazione, prevedendo espressamente l’estensione della procedura di sfratto all’affitto d’azienda e al comodato di beni immobili; tuttavia, il successivo art. 658 c.p.c., relativo allo sfratto per morosità, è rimasto intatto: non si è prevista, in sostanza, l’estensione della procedura in parola all’affitto d’azienda e al comodato di beni immobili, il che ha comportato una situazione di contraddittorietà e di incertezza, tanto in dottrina quanto soprattutto in giurisprudenza, in ordine alla possibilità di applicazione in via interpretativa della procedura di sfratto per morosità all’affitto d’azienda.
Ora, muovendo dal presupposto rappresentato dal fatto che i procedimenti speciali sommari, categoria alla quale va ascritto a pieno titolo quello di convalida di sfratto, sono applicabili unicamente alle fattispecie espressamente previste, non potendosi dunque ricorrere all’analogia, alcuni Tribunali hanno ritenuto i contratti di affitto di azienda (o di ramo di azienda) esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 658 c.p.c., non convalidando, pertanto, lo sfratto intimato per morosità (ad es. Tribunale di Foggia, sez. II, 16 ottobre 2023; ma si veda anche, per una rappresentazione organica della problematica in parola, ”Orientamenti e prassi della Sezione nei procedimenti per convalida di sfratto”, Tribunale di Roma, maggio 2023).
Secondo una diversa interpretazione, l’art. 658 c.p.c. si applicherebbe a tutti i rapporti contrattuali indicati nell’art. 657 c.p.c., ai quali la c.d. riforma Cartabia ha aggiunto i contratti di affitto d’azienda. Sulla base di detto assunto, pertanto, diversi Tribunali hanno operato la convalida anche in caso di contratti di affitto di azienda (o ramo d’azienda), ritenendo applicabile tale procedura anche a tali casi (ad es. Tribunale di Verona, 11 luglio 2023, n. 3884; Tribunale di Nola, 13 novembre 2023, Tribunale di Milano, 18 dicembre 2023). Detta interpretazione “estensiva” invero appare conseguente alle posizioni giurisprudenziali che da tempo hanno sostenuto l’applicabilità del procedimento speciale dello sfratto per morosità anche nei confronti dell’affittuario coltivatore diretto, del mezzadro e del colono (rispettivamente: Cass. civ., 20 agosto 2015 n. 17008; Cass. civ., 8 agosto 1984, n. 4638; Trib. Milano 23 maggio 2003).
Si rammenta che l’art. 363 – bis c.p.c., anch’esso introdotto dalla Riforma Cartabia, rubricato "Rinvio pregiudiziale", al fine di assicurare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e di evitare la possibile insorgenza di liti, anche in ottica deflattiva del contenzioso, prevede che “Il giudice di merito può disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) la questione è necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di cassazione; 2) la questione presenta gravi difficoltà interpretative; 3) la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi. L'ordinanza che dispone il rinvio pregiudiziale è motivata, e con riferimento alla condizione di cui al numero 2) del primo comma reca specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili. Essa è immediatamente trasmessa alla Corte di cassazione ed è comunicata alle parti. Il procedimento è sospeso dal giorno in cui è depositata l'ordinanza, salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale. Il primo presidente, ricevuta l'ordinanza di rinvio pregiudiziale, entro novanta giorni assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice per l'enunciazione del principio di diritto, o dichiara con decreto l'inammissibilità della questione per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza, con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con facoltà per le parti costituite di depositare brevi memorie, nei termini di cui all'articolo 378. Con il provvedimento che definisce la questione è disposta la restituzione degli atti al giudice. il principio di diritto enunciato dalla Corte è vincolante nel procedimento nell'ambito del quale è stata rimessa la questione e, se questo si estingue, anche nel nuovo processo in cui è proposta la medesima domanda tra le stesse parti”.
In questo stato di cose, il Tribunale di Napoli, in applicazione della disposizione che precede, con ordinanza del 20 dicembre 2023, ha chiesto alla Corte di Cassazione di risolvere in via pregiudiziale la questione di diritto in parola, ossia di stabilire se, nei confronti dell’affittuario d’azienda, possa essere emessa l’ordinanza di sfratto per morosità nel pagamento dei canoni d’affitto, ex art. 658 c.p.c.
Con provvedimento adottato in data 13 febbraio 2024, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha ravvisato la sussistenza dei presupposti per la risoluzione della questione da parte della Corte di Cassazione ai sensi del menzionato art. 363 – bis c.p.c., trattandosi di questione necessaria per la definizione del giudizio davanti al Tribunale, suscettibile di porsi in numerosi giudizi e tale da presentare gravi difficoltà interpretative.
Giova peraltro rammentare che, nelle more, il Governo ha approvato uno schema di decreto legislativo, nel quale si prevede la modifica del testo dell’art. 658 c.p.c. venga modificato, inserendo espressamente l’affittuario d’azienda tra i soggetti nei cui confronti può essere emessa l’ordinanza di sfratto per morosità.
Ora, chi intenda avviare un giudizio in materia di affitto di azienda (o di affitto di ramo di azienda) è preliminarmente tenuto ad esperire il tentativo di mediazione.
Infatti, l’affitto di azienda, ai sensi dell’art. 5, D.lgs 28/2010, rientra nel novero delle materie rispetto alle quali la mediazione si pone quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il che rappresenta, al di là dell’intento deflattivo perseguito dal legislatore, una notevole opportunità per le parti che si trovino ad essere coinvolte in una controversia in materia di affitto di azienda o di ramo di azienda, quella, cioè, di poter negoziare un accordo attraverso il quale evitare i costi, in termini di tempo e denaro, che dovrebbero altrimenti affrontare intentando un giudizio, oltretutto inevitabilmente caratterizzato da una notevole aleatorietà.
Le ragioni per le quali il legislatore ha optato per l’inserimento dell’affitto di azienda tra le materie assoggettate all’obbligo di mediazione appaiono chiare: si pensi, innanzitutto, al fatto che le imprese, per propria natura, producono (o dovrebbero produrre) profitti mentre, per converso, l’affitto dell’azienda fa sì che parte degli stessi venga ad essere trasferita al locatore. Di qui, inevitabilmente, l’evenienza – frequente nella pratica, come l’esperienza di mediazione insegna – di comportamenti non improntati a correttezza ovvero di malintesi, comunque potenziali fonti di conflittualità.
Conflittualità certamente inerente agli interessi economici in gioco, ma non di rado tale da investire profili più squisitamente attinenti al rapporto di fiducia originariamente sussistente tra le parti e successivamente incrinatosi a seguito di un determinato comportamento o di una determinata scelta. Ciò che spesso provoca reazioni sproporzionate, dando vita a vicende giudiziali estremamente complesse, lunghe e costose, che giustamente il legislatore mira a ridurre attraverso il ricorso alla mediazione civile, istituto che per le sue proprie caratteristiche consente certamente agli imprenditori coinvolti di concentrare l’attenzione sulle conseguenze giuridiche ed economiche del conflitto, offrendo innumerevoli opzioni di fuoriuscita dalla crisi. Si pensi alle ipotesi, tutt’altro che infrequenti nella pratica, in cui la mediazione riesca a favorire il recupero del rapporto di fiducia con conseguente conclusione di un nuovo contratto o rivisitazione di quello già intercorrente tra le parti mediate l’apposizione di elementi novativi di interesse comune.
Si consideri inoltre che per il tramite della mediazione è possibile pervenire ai medesimi risultati attingibili con il giudizio, ma beneficiando di alcuni fondamentali vantaggi: tempi ristretti e costi limitati, partecipazione effettiva sotto il profilo personale e quindi anche emozionale, possibilità di risoluzione, nell’ambito del singolo procedimento, di questioni controverse non facenti tecnicamente parte del contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda ma allo stesso strettamente collegate, possibilità, in sintesi, di addivenire ad una soluzione condivisa elaborata dalle parti stesse e dai rispettivi legali (e, naturalmente, dai propri consulenti tecnici di fiducia).
Il tutto, naturalmente, rammentando che l’accordo ha efficacia di titolo esecutivo, allo stesso modo della sentenza, e rammentando altresì il considerevole – e spesso determinante – vantaggio economico derivante dal regime fiscale di cui all’art. 17, D.lgs 28/2010 e dai benefici – in termini di crediti d’imposta riconosciuti alle parti di una mediazione dall’art. 20 del medesimo decreto legislativo.