Ancora su accertamento tecnico preventivo e mediazione
Il Tribunale di Siracusa, sezione II civile, con ordinanza dell’11 giugno 2012, torna a ribadire l’obbligatorietà del tentativo di mediazione nell’ipotesi di ricorso ex art. 696 bis c.p.c., ove lo stesso verta su una delle materie di cui all’art. 5, co. 1, D.lgs n.28 del 2010.
Il silenzio del legislatore, in merito alla mancata previsione del procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. tra quelli indicati nel comma 4 dell’art. 5, pertanto, va interpretato come una tecnica di disciplina ed espressione di una scelta voluta.
TRIBUNALE DI SIRACUSA
Seconda Sezione Civile
Il giudice, dott. Fabio Salvatore Mangano,
esaminati gli atti relativi al procedimento iscritto al n. 1530/2012 e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 28/05/2012;
Osserva
Con ricorso depositato il 23.4.2012, M.C. chiedeva disporsi consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis c.p.c.), deducendo la mancata esecuzione, da parte della conduttrice ASP di Siracusa, delle opere necessarie a ripristinare lo stato degli immobili concessi in locazione del 1.3.2000.
Si costituiva in giudizio la ASP di Siracusa, la quale chiedeva il rigetto della domanda contestando la pretesa della ricorrente e negando di dovere eseguire i lavori richiesti dalla stessa, anche in relazione al tenore della predetta previsione contrattuale.
All’udienza del 28.05.2012 il giudice invitava le parti ad interloquire in ordine al preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione (d. lgs. N. 28/2010) e le parti dichiaravano di non avere dato corso alla procedura di media-conciliazione, stante il carattere propedeutico dell’accertamento tecnico di cui all’art. 696 bis c.p.c. al successivo giudizio di merito.
La domanda è inammissibile.
Con il d. lgs. 28/2010, il legislatore ha recentemente introdotto l’istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili, prevedendo l’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione che, nella prospettiva della deflazione del contenzioso civile, è previsto come condizione di procedibilità della domanda (per le materie indicate nell’art. 5 comma 1). L’art. 5 comma 3, del citato decreto legislativo afferma che lo svolgimento della mediazione non preclude, in ogni caso, la concessione dei provvedimenti cautelari e urgenti, mentre il successivo comma 4 contiene un elenco di procedimenti sottratti all’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione.
Nel citato elenco non è incluso il procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c., sicché occorre domandarsi se la superiore elencazione abbia carattere tassativo ovvero esemplificativo e se, di conseguenza, il silenzio del legislatore sul punto debba essere interpretato come una lacuna o una tecnica di disciplina.
La risposta al superiore quesito necessita un breve approfondimento sulle caratteristiche e sulle peculiarità della consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi nonché sulla sua compatibilità con la procedura di mediazione.
L’istituto in oggetto, introdotto con la legge n. 80/2005, consente che sia disposta una consulenza tecnica prima dell’inizio della causa di merito, anche in assenza dello stato di periculum in mora cui la legge condiziona le operazioni peritali dell’art. 696 e, più in generale, ogni altra forma di istruzione anticipata. La finalità della norma è quella di consentire la deflazione del contenzioso allorché, all’esito della consulenza disposta dal giudice, questi proponga una soluzione conciliativa che, se andata a buon fine, viene racchiusa in un verbale di conciliazione che costituisce titolo esecutivo.
In realtà, sia la dottrina che la giurisprudenza hanno evidenziato la “duplice anima” dell’istituto in esame: la prima è quella che permette di utilizzarlo quale strumento di conciliazione della controversia tra le parti; la seconda è quella che riconosce il diritto alle parti di precostituire una prova al di fuori dei presupposti di sussistenza del periculum in mora. E’ stato correttamente osservato che l’istituto, a differenza dell’accertamento tecnico preventivo (art. 696), pare configurare una prova “in luogo del processo” e non “prima del processo” o “in vista del processo”, evidenziando con ciò il carattere non strumentale rispetto al successivo giudizio di merito e, diversamente, la funzione eminentemente conciliativa cui l’istituto è finalizzato. Secondo la prevalente giurisprudenza, l’istituto in esame deve essere considerato, nella sostanza, “uno strumento alternativo di risoluzione della controversia a scopo deflattivo del contenzioso civile e con fini, dunque, espressamente e primariamente conciliativi più che di cautela” (Trib. Busto Arsizio 25.5.3010; in questi termini, tra gli altri, Trib. Torino 31.3.2008), con la conseguenza che va esclusa la natura e la funzione cautelare dell’istituto in parola.
Operate tali premesse, occorre indagare la compatibilità tra il procedimento previsto dall’art. 696 bis c.p.c. con l’istituto della mediazione.
Ad avviso di questo giudice, la tesi sostenuta da talune recenti pronunce di merito, secondo cui “La consulenza tecnica (696-bis c.p.c) e mediazione (d.lgs. 28/2010) perseguano la medesima finalità, introducendo entrambi gli istituti un procedimento finalizzato alla composizione bonaria della lite, così da apparire tra loro alternativi e, quindi, apparendo le norme di cui al d.lgs. 28/2010 incompatibili logicamente e, quindi, non applicabili dove la parte proponga una domanda giudiziale per una CTU preventiva” (Trib. Varese, decreto 21.4.2011; si veda anche Trib. Pisa 3.8.2011), non appare condivisibile.
In primo luogo, milita a sostegno della tesi contraria l’argomento letterale per cui il legislatore del 2010 non ha previsto, tra i procedimenti sottratti al tentativo obbligatorio di mediazione, quello di cui all’art. 696 bis c.p.c.; del resto, escludendone la natura cautelare, lo stesso non può ritenersi compreso tra i procedimenti di urgenza o cautelari la cui trattazione è comunque garantita in ipotesi di svolgimento della procedura di mediazione.
Peraltro, l’argomento per cui entrambi gli istituti perseguirebbero la medesima finalità e, quindi, sarebbero tra loro alternativi, benché suggestivo, non convince. Invero, la ratio della disciplina introdotta col d.lgs. 28/2010 è quella di evitare l’instaurazione del rapporto con l’autorità giudiziaria, senza avere prima esperito la procedura di mediazione, nelle materie comprese nell’elenco di cui al primo comma dell’art. 5. Finalità che sarebbe facilmente elusa attraverso la proposizione di una domanda ex art. 696 bis c.p.c. volta all’esperimento di una consulenza tecnica preventiva che, in ipotesi di esito negativo della conciliazione, consentirebbe comunque di precostituire una prova da spendere in un successivo giudizio di merito.
Si tratta, allora, di interpretare il senso della asserita alternatività tra la procedura di mediazione e quella di cui all’art. 696 bis c.p.c. Se l’alternatività deve intendersi riferita alla fase procedimentale istaurata col ricorso ex art. 696 bis c.p.c., la soluzione sarebbe irragionevole oltreché antieconomica. Invero, in caso di esito negativo della conciliazione ex art. 696 bis c.p.c., si sarebbe costretti comunque, prima di proporre la domanda giudiziale di merito, ad attivare la procedura di mediazione. E, tuttavia, il procedimento di mediazione soffrirebbe della precostituzione di una prova, ottenuta in sede giudiziale, che minerebbe la terzietà della funzione che la legge ha voluto assegnare al mediatore. Peraltro, in tal modo, si otterrebbe un risultato in palese contrasto col principio costituzionale di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), laddove i due tentativi di conciliazione non dovessero raggiungere l’esito sperato della composizione della controversia e si profilerebbero come una sostanziale ripetizione l’uno dell’altro.
Se, invece, l’alternatività va intesa nel senso che la procedura di cui all’art. 696 bis c.p.c. è alternativa proprio alla mediazione, di tal ché la consulenza tecnica conciliativa sostituirebbe in toto la procedura disciplinata dal d.lgs. 28/2010, si arriverebbe comunque al risultato paradossale di sottrarre alla mediazione le stesse controversie che il legislatore ha previsto “obbligatoriamente” assoggettate alla predetta disciplina. Risultato che appare palesemente in contrasto con la finalità della norma e che, se praticato, consentirebbe di eludere facilmente l’accesso alla procedura della mediazione attraverso l’introduzione di un ricorso ex art. 696 bis c.p.c.
Né appare convincente l’assunto per cui vi sarebbe ontologica diversità tra il procedimento in cui l’esito conciliativo viene (se del caso) raggiunto all’esito della consulenza tecnica, con la procedura di mediazione. L’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 28/2010 prevede, infatti, che il mediatore, quando non possa procedere direttamente al raggiungimento dell’accordo, si può comunque avvalere di “esperti iscritti negli albi dei consulenti tecnici presso i tribunali”, sicché le modalità procedimentali di raggiungimento dell’accordo in sede conciliativa appaiono simili a quelle previste dall’art. 696 bis c.p.c., anche in ragione della maggiore duttilità del procedimento non giurisdizionale istaurato dinanzi al mediatore.
Infine non appare nemmeno convincente la tesi proposta dal Trib. Milano ord. 24.4.2012, secondo cui “quanto all’istanza di ATP svolta ex art. 696 bis c.p.c., se ne escluda in via preliminare l’improcedibilità per mancato pregresso esperimento di procedimento di mediazione, condizione che si reputa riferita ai soli procedimenti di natura contenziosa e non già ai procedimenti, quale il presente, con finalità di conciliazione della lite”, atteso che non pare, di contro, sussistano dubbi in ordine alla riconducibilità della consulenza tecnica a fini conciliativi nell’alveo della giurisdizione contenziosa (e non anche quella della volontaria giurisdizione): la stessa rubrica della norma fa riferimento alla sussistenza di una “lite” intorno ad un diritto di credito e, del resto, la cornice entro cui la stessa si iscrive è proprio quella di un procedimento contenzioso nel quale al giudice sono rimesse valutazioni ed attività che dovrebbero altrimenti essere compiute nel corso di un processo ordinario di cognizione.
Alla luce di quanto sopra, appare coerente con la lettera e lo spirito del d.lgs. 28/2010 ritenere che, laddove il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. verta su una delle materie di cui al primo comma dell’art. 5, lo stesso debba essere considerato inammissibile, stante la necessità di dover previamente instaurare il tentativo obbligatorio di mediazione. Il silenzio del legislatore, in merito alla mancata previsione del procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. tra quelli indicati nel comma 4 dell’art. 5, pertanto, va interpretato come una tecnica di disciplina ed espressione di una scelta voluta.
Dalle superiori argomentazioni discende l’inammissibilità del ricorso presentato da M.C., considerato che la controversia riguarda l’avvenuto adempimento o meno di obbligazioni scaturenti da due contratti di locazione; materia che rientra tra quelle previste dal citato art. 5 comma 1.
In considerazione della novità della questione e della definizione del procedimento sulla base di un rilievo officioso, sussistono i presupposti di legge per compensare tra le parti le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Siracusa, in persona del giudice designato nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c., iscritto al n. 1530/2012:
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Compensa tra le parti le spese del presente procedimento.
Si comunichi.
Siracusa, 11.6.2012
Depositato il 14 giugno 2012