AVVIA UNA MEDIAZIONE: PER AVVIARE UN PROCEDIMENTO OCCORRE PRESENTARE UNA SPECIFICA ISTANZA.

AVVIA UNA MEDIAZIONE

proposta conciliativa

Il Tribunale di Vasto, con l’ordinanza il 5 luglio 2012, oltre a fornire una chiara esemplificazione applicativa dell’istituto della mediazione delegata, ha ritenuto opportuno stabilire alcuni principi cui le parti devono attenersi.

In primis, il Giudice, al fine di motivare la scelta di inviare le parti in mediazione, ha richiamato le “condizioni di estrema congestione in cui versa il proprio ruolo istruttorio e decisorio”, rilevando poi “la necessità di una definizione rapida del procedimento secondo le modalità conciliative auspicate dalla Direttiva Europea approvata dal Parlamento e dal Consiglio n. 2008/52/CE del 12.5.2008, allo scopo di garantire un miglior accesso alla Giustizia”.

Di conseguenza, aggiungendo un sia pur breve richiamo sulle recentissime disposizioni del D.L. n. 83 del 2012, il quale prevede il mancato risarcimento ex legge Pinto per chi rifiuti la proposta di conciliazione, ha invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione.

Così provvedendo, tuttavia, il Giudice ha ritenuto altresì di puntualizzare il fatto che la formulazione da parte del mediatore di una proposta, in mancanza di accordo ed anche in assenza di una richiesta congiunta delle parti costituisca un passaggio fondamentale della procedura di mediazione, onde consentire al Giudice di valutare comportamenti processuali “ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale della controversia”. Di conseguenza, ha invitato le parti a scegliere un Organismo il cui regolamento non contenga clausole limitative della facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa. In questo modo, ove non vi fosse accordo, il Giudice potrà valutare quale delle parti, alla luce della proposta rifiutata, abbia eventualmente tenuto un comportamento sanzionabile.

TRIBUNALE DI VASTO

ORDINANZA RISERVATA

IL GIUDICE Dott. Fabrizio Pasquale

A scioglimento della riserva assunta nel procedimento di cui in epigrafe;

LETTI gli atti e la documentazione di causa;

VISTE le condizioni di estrema congestione in cui versa il proprio ruolo istruttorio e decisorio; RILEVATA la necessità di una definizione rapida del procedimento secondo le modalità conciliative auspicate dalla Direttiva Europea approvata dal Parlamento e dal Consiglio n. 2008/52/CE del 21.5.2008, allo scopo di garantire un miglior accesso alla giustizia;

LETTO l’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28;

RITENUTO che la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti rendono particolarmente adeguato il ricorso a soluzioni amichevoli della medesima, anche in considerazione del contenuto delle proposte conciliative formulate nel corso del giudizio;

RITENUTO, peraltro, opportuno che, nella scelta dell’organismo di mediazione, le parti si rivolgano ad enti il cui regolamento non contenga clausole limitative del potere, riconosciuto al mediatore dall’art. 11, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10, di formulare una proposta di conciliazione quando l’accordo amichevole tra le parti non è raggiunto, in particolare restringendo detta facoltà del mediatore al solo caso in cui tutte le parti gliene facciano concorde richiesta, in quanto tali previsioni regolamentari frustrano lo spirito della norma – che è quello di stimolare le parti al raggiungimento di un accordo – e non consentono al giudice di fare applicazione delle disposizioni previste dall’art. 13 del citato decreto, in materia di spese processuali, così vanificandone la ratio ispiratrice, tesa a disincentivare rifiuti ingiustificati di proposte conciliative ragionevoli;

CHE la formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore – tutte le volte in cui le parti non abbiano raggiunto un accordo amichevole ed anche in assenza di una richiesta congiunta delle stesse – costituisce un passaggio fondamentale della procedura di mediazione, vieppiù valorizzato dalle recenti disposizioni del D.L. 22.06.2012 n. 83, il quale – modificando l’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo – ha introdotto il comma 2quinquies, a norma del quale “non è riconosciuto alcun indennizzo: […] c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”, con ciò confermando la tendenza del legislatore ad introdurre nell’ordinamento meccanismi dissuasivi di comportamenti processuali ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale della controversia, la cui individuazione – però – presuppone necessariamente la previa formulazione (o, comunque, la libera formulabilità) di una proposta conciliativa da parte del mediatore ed il suo raffronto ex post con il provvedimento giudiziale di definizione della lite;

Per Questi Motivi

INVITA i difensori e le parti ad attivare la procedura di mediazione per la soluzione della controversia, ricorrendo ad un qualsiasi organismo di conciliazione, pubblico o privato, presente nel circondario del Tribunale di Vasto, purché regolarmente iscritto nell’apposito registro istituito con decreto del Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art. 16 del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28, e a condizione che il regolamento dell’ente non contenga clausole limitative della facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa, subordinandone – in particolare – l’esercizio alla condizione della previa richiesta congiunta di tutte le parti;

ASSEGNA alle parti termine di giorni quindici per la presentazione della domanda di mediazione;

RINVIA la causa, per il prosieguo, all’udienza del 09/10/2012, ore 11.30;

INVITA le parti a comunicare all’Ufficio l’esito della procedura prima della prossima udienza;

MANDA alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza per intero.

Vasto, 5 luglio 2012.

IL GIUDICE Dott. Fabrizio Pasquale

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Riportiamo i dati, riferiti al periodo che va da marzo 2011 (entrata in vigore dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione nelle materie di cui all’art. 5 D.lgs n.28 del 2010) a maggio 2012, forniti dalla Direzione generale di statistica del Ministero della Giustizia.

Dal 21 marzo 2011 a tutto il mese di maggio 2012, le istanze di mediazione presentate presso gli organismi accreditati sono state 125.561. I procedimenti conclusi con la conciliazione delle parti sono stati circa 14.000. I procedimenti in cui vi è stata l’adesione della parte chiamata in mediazione ammontano al 35% del totale.

Un primo punto fermo va innanzitutto rilevato: nei procedimenti in cui la parte invitata decide di partecipare al tentativo, la percentuale di successo raggiunge il 50% (con un tasso di successo che sale, ed in maniera consistente, con riferimento alle liti di piccolo valore: si pensi che per quanto concerne le controversie fino a mille euro la percentuale raggiunge il 64,6%).

Il tutto, dinanzi ad organismi di mediazione che hanno raggiunto quota 813, anche se tale dato è riferito alla fine di marzo 2012.

Di rilevante interesse appare anche la suddivisione per materia delle istanze di mediazione presentate nel periodo gennaio – maggio 2012:

  • risarcimento danni da circolazione di veicoli e di natanti 11.915
  • altra natura della controversia 10.346
  • diritti reali 9.522
  • locazione 7.235
  • contratti bancari 5.320
  • contratti assicurativi 4.472
  • responsabilità medica 4.056
  • divisione 2.843
  • condominio 2.694
  • successioni ereditarie 2.453
  • contratti finanziari 1.458
  • comodato 963
  • diffamazione a mezzo stampa 728
  • affitto di aziende 644
  • patti di famiglia 102

Dalle cifre sopra riportate sembrano potersi trarre alcune prime considerazioni. Innanzitutto, pur vigendo l’obbligatorietà del tentativo di mediazione soltanto dal 21 marzo 2012, la materia del risarcimento dei danni cagionati dalla circolazione dei veicoli è già balzata al primo posto della classifica, come del resto non risultava arduo prevedere, dal momento che in detto ambito sono circa 300.000 le nuove cause introdotte ogni anno.

Indubbiamente nella mediazione così come introdotta in Italia non mancano gli aspetti ”perfettibili”: al di là delle questioni pendenti dinanzi la Corte Costituzionale, la stessa Commissione Europea, nelle osservazioni rese alla Corte di Giustizia che dovrà pronunciarsi sulla compatibilità del D.lgs n. 28 del 2010 con le norme del diritto comunitario, non ha mancato di porre l’accento sulle problematiche rappresentate dal fatto che il mediatore possa (e a volte debba) formulare una proposta conciliativa che le parti potrebbero essere indotte ad accettare onde evitare conseguenze economiche sfavorevoli e, inoltre, dalla previsione di sanzioni, in sede processuale, a carico della parte vincitrice che non abbia aderito ad una ipotesi di accordo poi integralmente riprodotta dal provvedimento giurisdizionale.

Orbene, anche a voler prescindere per il momento dalle considerazioni che precedono, due sono gli aspetti sui quali sembra più urgente soffermarsi sulla base dei dati menzionati, l’uno di carattere per così dire statistico, l’altro attinente agli aspetti ”culturali” della mediazione.

Sotto il primo profilo, si è già avuto modo di rilevare come risultino ampiamente positivi i riscontri relativi ai casi in cui la parte chiamata in mediazione aderisca al procedimento: appare evidente l’opportunità di introdurre nuovi e più efficaci incentivi a tal fine.

Ma evidentemente il problema prioritario sembra quello rappresentato dai tempi, verosimilmente non brevi, necessari a quell’approdo di carattere culturale che la mediazione certamente rappresenta. La difficoltà del transito da una logica di contrapposizione ad un approccio ”compositivo” del conflitto non è un aspetto da sottovalutare: basti pensare alla diffusa ostilità di una rilevante parte dell’avvocatura nei confronti dell’obbligatorietà della mediazione.

In ogni caso, una nuova strada sembra ormai intrapresa: se è vero, infatti, che le iscrizioni a ruolo di processi ordinari di cognizione sono diminuite dal 2010 al 2011 in misura pari all’8,5% (e le cause pendenti del 3%) anche per altre cause, come le riforme di natura processuale e l’aumento del contributo unificato, certamente in questo trend il ruolo giocato dall’obbligatorietà della mediazione non può essere sottovalutato.

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La Corte di giustizia sembra in qualche modo ”anticipare” la pronuncia della Corte costituzionale in materia di mediazione, attesa, come è noto, per il prossimo mese di ottobre.

La Corte, chiamata a decidere in sede di rinvio pregiudiziale sulla questione devolutale da un Giudice di Pace, osserva, in primo luogo, che ”…la mediazione obbligatoria, pur ponendosi come misura restrittiva rispetto all’accesso al giudice, è giustificata dal fatto che essa realizza legittimi obiettivi di interesse generale, tra cui quello della composizione più rapida delle controversie, che è fissato specificatamente nell’interesse delle parti”.

In particolare, il termine di quattro mesi non è considerato tale da comportare un ritardo nell’introduzione di un successivo eventuale giudizio.

Secondo i giudici del Lussemburgo, l’obbligo del tentativo di mediazione con riferimento a specifiche controversie rappresenta una misura ”idonea e non manifestamente sproporzionata” a perseguire obiettivi di fondamentale importanza quali la riduzione dei tempi di giustizia e la riduzione del contenzioso giudiziario, con evidenti ricadute positive in tema di efficienza complessiva dell’amministrazione pubblica.

Per quanto concerne le misure sanzionatorie, dirette ed indirette, previste dal decreto legislativo n. 28 del 2010, ad una prima lettura la posizione della Corte di giustizia appare più articolata.

Se da un lato, infatti, i giudici sembrano ritenere legittima la condanna al pagamento di una somma equivalente al contributo unificato dovuto nei confronti di chi non abbia partecipato, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione, dall’altro maggiori perplessità suscita la previsione di conseguenze sfavorevoli, sul piano delle spese di giudizio, per la parte che non abbia ritenuto di accettare una proposta del mediatore, cui il provvedimento che definisce il giudizio dovesse poi pienamente corrispondere.

Sul punto, infatti, la Corte di giustizia sottolinea come un sistema sanzionatorio che ”…prevede che il mediatore possa e a volte debba, senza che le parti possano opporvisi, formulare una proposta di conciliazione che le parti sono indotte ad accettare per evitare di incorrere in determinate sanzioni economiche, non è in grado di consentire alle parti di esercitare il diritto di decidere liberamente quando chiudere il procedimento di mediazione e pertanto non appare in linea con la ricerca consensuale dell’accordo di mediazione”.

D’altra parte, in relazione a quest’ultimo profilo, non rappresenta certamente un dato casuale il fatto che i regolamenti della maggior parte degli organismi di mediazione prevedono che i mediatori possano avanzare proposte conciliative solo ed esclusivamente in presenza di un’istanza concorde in tal senso di tutte le parti.

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Una interessante novità in tema di incentivi alla mediazione risulta contenuta nel decreto legge n. 83 del 2012 (Misure urgenti per la crescita), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2012. L’art. 54 del decreto, infatti, modifica l’art. 2 della legge n. 89 del 2001 (legge Pinto), aggiungendo il comma 2−quinques, con il quale si prevedono le ipotesi in cui non è riconosciuto l’indennizzo, anche laddove il processo non abbia avuto una durata ragionevole. Tra le ipotesi in parola, risalta in modo particolare il caso di cui all’art. 13, co. 1, del D.lgs n. 28 del 2010, nel quale, come è noto, si dispone che ove il provvedimento che definisce il giudizio, introdotto a seguito dell’esito negativo del tentativo di mediazione, corrisponda in toto alla proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte risultata vittoriosa, che abbia rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente nel medesimo periodo, nonché al versamento di una ulteriore somma, a favore dell’entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. L’inclusione dell’ipotesi in esame tra le cause di esclusione dell’indennizzo ordinariamente previsto per le ”lungaggini” processuali appare, evidentemente, ispirata alla finalità di incentivare ulteriormente l’utilizzo effettivo della mediazione, scopo del resto già perseguito da altre norme oggi vigenti, primo tra tutti l’art. 8 del D.lgs n. 28 del 2010, che colpisce chi non abbia partecipato, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione, e si sia poi costituito nel successivo giudizio, mediante la condanna, da parte del giudice, al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per il giudizio. In sostanza, dunque, alla luce della modifica da ultimo apportata, chi dovesse risultare vittorioso in giudizio in virtù di un provvedimento integralmente corrispondente ad una proposta conciliativa cui abbia ritenuto di non aderire, non solo si vedrebbe (senz’altro) condannato a pagare le spese processuali, proprie e della parte soccombente, riferibili al periodo successivo alla formulazione della proposta e a versare una ulteriore somma di importo equivalente al contributo unificato dovuto per il giudizio, ma, qualora il processo abbia avuto una durata ”non ragionevole” (vale a dire superiore ai sei anni complessivi per i tre gradi), perderebbe altresì il diritto all’indennizzo altrimenti previsto dalla legge n. 89 del 2001. L’indennizzo, invece, può essere richiesto qualora il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda integralmente al contenuto della proposta conciliativa. In tale ipotesi, di cui all’art. 13, co. 2, del D.lgs n. 28 del 2010, il giudice può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vittoriosa per l’indennità corrisposta al mediatore e per le altre spese di mediazione, ma unicamente qualora ricorrano gravi ed eccezionali ragioni. Non resta che attendere la conversione del decreto legge, anche se non appaiono molto probabili emendamenti sul punto, proprio per la esplicita finalità della disposizione in esame.
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Per avviare un procedimento di mediazione ai fini della composizione bonaria della controversia esistente, occorre presentare una specifica istanza ad ADR Intesa.