La giurisprudenza più recente ha più volte ricordato come il primo incontro di mediazione debba essere effettivo. Un equivoco di interpretazione a prima lettura delle norme, aveva fatto ritenere che le parti potessero manifestare una sorta di “volontà di adesione” preliminarmente al procedimento di mediazione, evitando così non solo di entrare in mediazione ma anche di pagare le indennità previste in base al valore della controversia.
Tale interpretazione era stata avallata da buona parte degli avvocati di parte, i quali vedevano nel cosiddetto “incontro programmatico” la possibilità di ridurre a mera formalità procedurale il passaggio in mediazione prima di avviare la causa giudiziaria.
Anche numerosi operatori del mondo della mediazione avevano inizialmente accetato tale “linea morbida” in quanto “scottati” dalla sentenza della Consulta del 2012 che aveva bocciato per eccesso di delega la vecchia formulazione del d.lgs 28/2010 sulla mediazione obbligatoria.
I giudici di più tribunali hanno, però, ormai univocamente determinato che il primo incontro deve avere tutte le caratteristiche di una mediazione vera e propria, quindi devono essere presenti le parti e i loro avvocati. Non solo. I giudici indicano che già in sede di primo incontro debba essere svolta ampia discussione sulla controversia e che sia il mediatore, a valutare, al termine della discussione, se sia possibile procedere col tentativo di mediazione. Le parti e i rispettivi avvocati, quindi, non devono manifestare alcuna volontà in merito.
Sulla questione rimando alle ottime analisi giuridiche di Luigi Majoli. Ciò che invece mi preme valutare in questa sede è il ruolo del mediatore nell’indagare la possibilità di procedere con la mediazione, in relazione da un lato alla questione delle indennità, dall’altro alla sua responsabilità morale verso le parti.
La giurisprudenza, infatti, nello specificare le modalità di svolgimento del primo incontro, parla di effettività ma nulla dice intorno alle indennità. In sostanza la scelta di far pagare le indennità alle parti sin dal primo incontro oppure solo nel momento in cui, dopo ampia discussione, il mediatore e le parti abbiano condiviso l’effettiva possibilità che valga la pena proseguire nel tentativo, è lasciata alla discrezionalità e alla valutazione di opportunità degli organismi e dei mediatori stessi.
L’inserimento di una regola in questo senso nei regolamenti degli organismi può non risolvere del tutto la questione. Se è legittimo, quindi, ritenere che “il primo incontro di fatto non esista”, non è detto che non sia opportuno suddividere la mediazione in due momenti.
Infatti il problema attiene maggiormente alla valutazione soggettiva del mediatore più che alla scelta imprenditoriale di un organismo.
Mi spiego meglio. Capita spesso che l’elemento economico (pagare o meno l’indennità) risulti la discriminante che blocca sul nascere una procedura di mediazione. Mi è capitato spesso, infatti, di aver convinto le parti a sedersi al tavolo e discutere del loro problema utilizzando la formula rassicurante “facciamo che proviamo a parlare della questione con serenità ma non vi faccio pagare nulla finché non capiremo insieme tutti i problemi e la loro effettiva possibilità di risoluzione attraverso la mediazione”. A questo aggiungo la rassicurazione sul mio dovere di riservatezza.
Prima di avviarmi su un percorso di questo tipo dovrò aver già svolto una serie di valutazioni tra le quali:
In casi come questi è opportuno che il mediatore prenda contatti, anche anticipatamente al primo incontro, con la parte che giudica più reticente, solitamente la parte invitata.
Il mediatore spiega o incontra le parti anche singolarmente nei giorni che precedono la mediazione e spiega loro come funziona l’istituto. Fornisce ampie rassicurazioni e ragguagli su tutti i vantaggi della mediazione. Egli rassicura che questi incontri informali sono coperti dal dovere di riservatezza e che nulla gli è dovuto.
Tale procedimento potrà essere recuperato anche in una fase successiva al primo incontro, qualora una parte non si sia presentata. A quel punto è opportuno un rinvio per far sì che il mediatore raccolga tutte le informazioni per capire se la parte abbia avuto impedimenti di tipo formale, quale la paura di pagare subito l’indennità.
Il mediatore esplora e si mette in gioco ma, soprattutto, mette al primo posto la sua “mission” ovvero fare di tutto affinché le parti si incontrino, parlino e, possibilmente, spianino la strada verso un insperato accordo.
La responsabilità del mediatore, nel fare questo è etico-morale. Si tratta di dare massima dignità alla professione. Il mediatore affronta e risolve tali situazioni con spiccate doti di pazienza e capacità comunicativa, le quali si convertiranno in fiducia delle parti nei suoi confronti.
Una volta che le parti confidano il conflitto nelle autorevoli e sapienti mani del mediatore, la soluzione è ormai vicina. A quel punto tutte saranno concordi che la mediazione possa proseguire e che possano scattare anche le indennità.
Il mediatore quindi investe il suo tempo (un primo incontro può durare anche ore) per guadagnarsi fiducia e portare le parti ad un livello di comunicabilità reciproca tale da non riuscirsi più a sottrarre al circolo virtuoso messo in atto dalla mediazione.
Qualcuno potrebbe obiettare che se il primo incontro non andasse a buon fine, il mediatore avrebbe perso così un sacco di tempo e anche soldi. Il mediatore etico-morale, però, non avrà problemi ad accettare la sconfitta, ha adempiuto al meglio il suo dovere, ma guai ad aver lasciato indietro qualcosa di intentato.
La valutazione se far prevalere il criterio di utilità personale (il guadagno nel più breve tempo possibile=chiedo subito indennità) o il criterio etico morale (investo tempo col rischio che tutto si risolva in nulla=faccio pagare solo in un secondo momento quando la mediazione prosegue ormai in modo pacifico) attiene alla valutazione soggettiva del singolo caso che il mediatore si trova di fronte.
Il vero mediatore, quando intravede anche una minima e lontana possibilità che le parti possano provare a risolvere il loro problema con la mediazione, allora non deve tirarsi indietro. Egli deve utilizzare tutte le tecniche di comunicazione apprese nei corsi professionali e attraverso l’esperienza. Egli ha quindi una forte responsabilità.
Il filosofo Jeremy Bentham diceva che bisogna fare ciò che è più utile a noi stessi se questo ci porta alla felicità. Sta a noi, quindi, scegliere se ci rende più felici un guadagno facile ed un accordo non raggiunto piuttosto che un guadagno “posticipato” ma rassicurato dalla piena volontà delle parti e dalla consapevolezza di aver davvero svolto al meglio il proprio lavoro. Il bene delle persone non ha prezzo.
Salvatore Primiceri
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