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Domanda di divisione della casa coniugale in sede di divorzio: la mediazione è obbligatoria?

In seguito alla proposizione di una domanda con la quale si sottoponeva all’attenzione del Giudice la questione dell’obbligatorietà o meno della procedura di mediazione a fronte di una istanza di divisione della casa coniugale nell’ambito di una causa di divorzio, ad avviso del Tribunale di Tivoli, ordinanza 30 maggio 2012, la disposizione di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 28 del 2010 non sarebbe chiara, e dunque non suscettibile di univoca interpretazione, non avendo previsto alcunché in merito al rapporto tra riti diversi. Essa, in sostanza, non sembrerebbe idonea ad offrire quella certezza della regola che deve essere propria della norma (e che, in ultima analisi, ne connota la funzione) rimettendo il compito di legiferare “di fatto” al Giudice, con ciò delegando all’autorità giudiziaria una vera e propria attività normativa, anziché ermeneutica e rischiando di porre le parti (rectius la generalità degli utenti della Giustizia) in una inaccettabile situazione di incertezza giuridica.
Il Giudice ha dunque considerato necessaria la verifica di conformità alla Costituzione di un simile legiferare sotto il profilo della incertezza che deriva nel diritto, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 – attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali – con riferimento agli articoli 11, 24, 111, 117 della Costituzione nonché dell’art. 6 e 13 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e degli artt. 47, 52 e 53 della Carte dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, nella parte in cui viola il principio di non incertezza del diritto (“defaut de securité juridique”) non prevedendo una formulazione della normativa che di comprensione univoca e chiara del proprio significato.
Nell’ordinanza di rimessione, il Giudice a quo premette la necessità di risolvere, preliminarmente, la “… questione di legittimità costituzionale e di compatibilità con le norme UE dell’istituto della mediazione introdotto dal D.lgs. 28/2010.
Viceversa, dovrebbe procedersi a disapplicazione dell’istituto della mediazione nel suo insieme, senza entrare nello specifico del difetto di certezza di diritto costituzionalmente rilevante riguardo all’ambito applicativo della norma.
In proposito, ed attendendo gli insegnamenti della Consulta sulle questioni già sollevate da altri uffici giudiziari, questo Giudice ritiene di limitare i quesiti alla attenzione della Consulta a quelli sopra evidenziati, sinteticamente considerato, in ordine alle questioni pendenti innanzi alla Consulta, che la previsione di uno strumento quale il tentativo obbligatorio di conciliazione é finalizzata ad assicurare l’interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite rispetto a quello conseguito attraverso il processo, risultando, per tale via, perfettamente coerente anche con i principi e gli obiettivi propri del diritto comunitario.
Il fatto che il D.lgs 28/2010 non preveda la necessaria assistenza di un difensore, infatti, non significa che alla parte sia vietato avvalersi di un avvocato nel corso della procedura e, comunque, come ha osservato attenta dottrina, la mediazione opera su un piano esclusivamente negoziale, potendo, sotto tale profilo, essere avvicinata alla disciplina dell’arbitrato, in cui non è prevista per le parti l’assistenza obbligatoria dell’avvocato. La costituzionalità della normativa citata, per tutte le ragioni sopra illustrate, permette di affermarne anche la compatibilità con il diritto comunitario, per come evincibile anche dalla sentenza del 18 marzo 2010 della Corte di giustizia dell’Unione europea, pronunciatasi (nelle cause riunite C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08) proprio sulla previsione, da parte dello Stato italiano, di un tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di telecomunicazioni. La Corte di Lussemburgo, infatti, ha affermato che il diritto alla tutela giurisdizionale, quale diritto fondamentale dell’individuo, può anche soggiacere a restrizioni, purchè le stesse risultino proporzionate e funzionali al soddisfacimento di interessi generali, quali, appunto, il decongestionamento dei tribunali o la definizione più spedita e meno onerosa delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche.
Inoltre, il procedimento di mediazione obbligatoria non preclude la tutela cautelare e la trascrizione della domanda giudiziale; produce, sulla decadenza e sulla prescrizione, effetti simili a quelli propri della domanda giudiziale. Il sacrificio in termini di tempo e i costi imposti dalla mediazione obbligatoria, del resto, sono potenzialmente giustificati e resi ragionevoli dal vantaggio che può ottenersi in caso di esito positivo della procedura.
Infine, non sembra profilarsi neppure il denunciato eccesso di delega. L’articolo 60 della legge 69/2009 nulla, infatti, ha previsto in ordine alla facoltatività od obbligatorietà del preventivo ricorso alla mediazione e la scelta della obbligatorietà fatta dal Legislatore non è una scelta irragionevole, in quanto non si pone fuori dalla tradizione processuale italiana, che conosce, come noto, varie ipotesi di tentativi obbligatori di conciliazione
”.
Sulla base delle ragioni che precedono, dunque, il Tribunale di Tivoli, ritenuto l’istituto in sé e per sé conforme ed anzi funzionale alle normative sovranazionali, precisa che intende porre non un problema di compatibilità dell’istituto medesimo con l’impianto costituzionale e normativo europeo, “…ma solo una questione di determinazione dell’ambito di applicazione sotto il profilo del difetto di securite juridique.
In questa ipotesi non può il Giudice procedere alla disapplicazione totale di un apparato normativo conforme alle leggi e ai principi cui è gerarchicamente sottoposto, ma deve limitarsi ad interessare il Giudice delle Leggi alla verifica di costituzionalità relativamente al profilo di interesse
”.