TRIBUNALE DI MILANO SEZ. IX CIVILE
Il Giudice,osserva
L’Avv. ___propone ricorso ex art. 14 d.lgs. 150/2011 contro____allegando l’intercorso rapporto fiduciario, in virtù di regolare contratto di patrocinio, allega l’inadempimento del cliente all’obbligo del pagamento degli onorari, pari a complessivi euro 4.806,50. Il Collegio esamina d’ufficio la questione relativa alla improcedibilità della domanda giudiziale, ai sensi dell’art. 3 comma I, d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv. in L. 10 novembre 2014 n. 162. La controversia instaurata dalla parte attrice è regolata dalle norme del rito sommario di cognizione, ex artt. 702-bis e ss c.p.c. (non si versa, dunque, nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma III, lett. c); non si tratta di lite concernente obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (non si versa, dunque, nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma II); la pretesa creditoria non è stata esercitata mediante procedimento monitorio (non si versa, dunque, nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma III, lett. a). Ai sensi dell’art. 3 comma I d.l. 132 del 2014, «chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro» deve, tramite il suo avvocato, «invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita». L'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La disposizione in parola sottopone, dunque, a giurisdizione condizionata ogni controversia che abbia ad oggetto una domanda di pagamento a prescindere dal titolo che sia ad esso sotteso. Anche la lite odierna, pertanto, dovrebbe ritenersi compresa nel fascio applicativo della disposizione cennata. A diversa conclusione, tuttavia, conduce il fatto che, ai sensi dell’art. 3 comma VIId.l. 132/2014 la disposizione sulla improcedibilità «non si applica quando la parte può stare in giudizio personalmente». Si intende aderire, sul punto, all’orientamento già emerso nella giurisprudenza di merito: «lapretesa creditoria che rimanga contenuta nei limiti di 50.000 euro richiede, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il preventivo tentativo di negoziazione assistita, salvo si tratti di controversia riconducibile alla categoria di quelle per le quali le parti possono stare in giudizio personalmente. In questa categoria ricade la domanda introdotta dall’Avvocato per recuperare un suo credito, là dove questi si avvalga della procedura speciale di cui all’art.14 d. lgs.150/2011 ove, al comma III, è espressamente previsto che «nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente» (Trib. Verona, ordinanza 18 giugno 2015, est. M. Vaccari). La domanda, per i motivi sopra indicati, è da ritenersi procedibile. Ciò premesso, il Collegio rileva, d’ufficio, la questione relativa all’intervenuto frazionamento del credito unitario. Pendono dinanzi a questo ufficio, due distinte azioni promosse dall’Avv.___ contro il ___ nel processo n. .. del 2015, per un credito nascente dal patrocinio reso nel 2007; nel processo n. .. del 2015, per un credito nascente dal patrocinio reso nel 2011. Al momento delle domande (autonomamente proposte in data 1 aprile 2015) entrambe le poste creditorie costituivano, dunque, un “credito unitario” in favore del difensore-attore e contro il medesimo debitore. Ebbene, è ormai acquisito al patrimonio giurisprudenziale (a partire dall’intervento delle Sezioni Unite n. 23276 del 2007 con indirizzo confermato anche di recente: Cass. Civ. 19 marzo 2015 n. 5491) che la scissione strumentale del contenuto dell’obbligazione unitaria si pone il contrasto con il principio di buona fede e con il principio di ragionevole durata del processo realizzandosi una violazione anche della minima unità strutturale del processo. In particolare, secondo l’indirizzo di legittimità, alla luce di una più accentuata valorizzazione del principio di buona fede anche nella fase della tutela giudiziale del credito e dell’affermazione del canone del giusto processo, non è consentita al creditore la parcellizzazione in plurime e distinte domande dell’azione giudiziaria per l’adempimento di una obbligazione pecuniaria (v. Cass. Civ. Sezioni Unite sentenza 15 novembre 2007 n. 23726; v., anche, Cons Stato, Ad Plen., 23 marzo 2011 n. 3, Pres. De Lise, Rel. Caringella). Il Collegio rileva come vi sia contrasto, in giurisprudenza, in merito alle conseguenze che discendono dal frazionamento: secondo un certo indirizzo, la disarticolazione del rapporto creditorio unico provoca la improponibilità delle domande (Cass. Civ. n. 15476 del 2008); altre pronunce predicano una riunione dei processi frazionati e delle conseguenze sanzionatorie mediante la pronuncia sulle spese del processo (v. Cass. Civ. n. 10634 del 2010). La questione, rilevata d’ufficio, va sottoposta alle parti. [4]. Anche alla luce della questione rilevata d’ufficio, il Collegio stima del tutto opportuno invitare le parti a procedere a un tentativo di mediazione civile per la composizione amichevole della controversia. Va premesso che la lite concerne un pregresso rapporto negoziale intercorso tra attore e convenuto, avente natura fiduciaria (contratto di patrocinio che lega Avvocato e suo cliente). Si tratta, dunque, di litiganti in precedenza vincolati da una relazione giuridica che può rappresentare un elemento di favore per una trattativa conciliativa. Va, poi, rilevato che la causa ha ad oggetto un credito di modesto valore: credito che la parte convenuta intende contrastare con una eccezione di prescrizione presuntiva a fronte della quale il creditore ha inteso azionare il rimedio di cui all’art. 2960 c.c. La lite, pertanto, potrebbe ospitare un incombente istruttorio rilevante come il giuramento decisorio: una struttura probatoria imponente che fa iato con il modesto valore della controversia. Deve, peraltro, rimarcarsi, come già segnalato, che pende dinanzi a questo ufficio, altra identica causa instaurata tra le medesime parti e ove il creditore-attore agisce per altro credito. Sulla scorta dei dati già messi in evidenza, l’esito del giudizio è, infine, certamente non prevedibile, al lume delle questioni di rito e di prova da esaminare. Lo sfoglio di rito e merito delle questioni da affrontare nel processo rischia di rendere finanche antieconomico il giudizio per la distribuzione dei torti e delle ragioni. Appare, dunque, opportuno esperire il procedimento di mediazione, in linea con precedenti analoghi di questo ufficio (v. Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 29 ottobre 2013, est. G. Buffone). La legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale: il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria: art. 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010) e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto. Giova, peraltro, ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa (rectius: mediazione)» ai fatti di lite considerati in modo complessivo, così affrontando, in sede conciliativa, la questione dei due crediti in modo cumulativo. Va ricordato alle parti che, per effetto della mediazione ex officio, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma III d.lgs. 28/2010: la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.P.Q.M.
Letto ed applicato l’art. 5, comma II, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, Dispone l’esperimento del procedimento di mediazione avvisando le parti che esso è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Fissa nuova udienza in data __ 6.2016 ore____ assegnando alle parti il termine di quindici giorni dalla notifica dell’odierna ordinanza, per la presentazione della domanda di mediazione (da depositarsi nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia; v. art. 4, comma I, dlgs 28/10). Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite. Si comunichi. Milano, lì 14 ottobre 2015 Il Presidente est. Dr.ssa Enrica ManfrediniE' stato pubblicato su "La Nuova Giustizia Civile", di cui l'Avv. Luca Tantalo è il direttore scientifico, un interessante articolo del Dott. Luigi Majoli relativo alla mediazione delegata alla luce del nuovo art. 5 co. 2 D.Lgs 28/2010.
Nell'articolo vengono analizzate le innovazioni normative, la mediazione delegata e mediazione endoprocedimentale e viene, da ultimo, analizzato un caso del Tribunale di Milano, sez. IX civile, ord. 29 ottobre 2013, chiara esplicazione di come l’istituto in esame debba strutturarsi alla luce delle recenti modifiche legislative.
Riportiamo il link all'articolo "La mediazione delegata alla luce del nuovo art. 5 co. 2 D.Lgs 28/2010".