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Usucapione e mediazione: Trascrivibilità dell’accordo conciliativo

La trascrivibilità dell’accordo conciliativo
in tema di usucapione

L’usucapione, come è noto, è un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali di godimento.
In generale, si ha usucapione del diritto allorché il possesso sia protratto per un certo periodo di tempo, a condizione che il possesso medesimo sia stato acquisito pacificamente e senza spoglio; se invece il possesso è stato acquisito in modo violento o clandestino giova, ai fini dell’usucapione, solo dal momento della cessazione della violenza o della clandestinità, ai sensi dell’art. 1163 cod. civ., sempre che le attività corrispondenti all’esercizio del diritto reale avvengano pubblicamente.
Il tempo richiesto per usucapire varia in funzione della tipologia di bene oggetto del diritto; ad esempio, l’usucapione dei diritti reali su cosa immobile e sulle universalità di mobili si compie in venti anni, mentre quella sui mobili si compie in dieci o venti anni a seconda che il possesso sia stato di buona o mala fede (salvo che per i beni mobili registrati, per i quali matura sempre in dieci anni).
Ora, la legge 9 agosto 2013, n. 98, ha ampliato l’elenco degli atti soggetti a trascrizione di cui all’art. 2643 del codice civile, col nuovo comma 12-bis), che testualmente prevede “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. Tale disposizione intende, evidentemente, porre fine alla situazione di estrema incertezza creatasi negli operatori, primi fra tutti gli stessi Organismi di mediazione, relativamente alla problematica della trascrizione degli accordi di mediazione contenenti il riconoscimento, da parte del precedente proprietario chiamato in mediazione, dell’intervenuto acquisto per usucapione da parte dell’istante della proprietà o altri diritti reali su beni immobili.
Premesso che, ovviamente, il nuovo comma 12 – bis dell’art. 2643 cod. civ, deve essere inserito nel contesto della complessiva disciplina in tema di usucapione, va innanzitutto sottolineato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale che aveva caratterizzato la normativa previgente in tema di mediazione, relativamente all’ammissibilità di un accordo di conciliazione che accertasse l’usucapione e, in caso di risposta affermativa, circa la sua trascrivibilità.
Con la novella del 2013 è lo stesso legislatore a fornire una risposta sul piano del diritto positivo al secondo interrogativo, dalla quale, peraltro, sembrerebbe doversi presupporre una risposta affermativa al primo problema, vale a dire quello dell’ammissibilità dell’accertamento dell’usucapione in mediazione.
Ciò posto, vanno immediatamente rilevati gli aspetti che seguono:
dato che, come si è brevemente ricordato in apertura, l’usucapione non è che l’effetto legale di una fattispecie, non potrà derivare da una volontà negoziale (e, d’altra parte, non potrebbero in alcun modo attribuirsi rilievo ed efficacia ad una volontà negoziale che pretendesse di sostituirsi a quanto previsto dalla legge);
da quanto precede può evincersi come, in sede di accordo conciliativo conseguente al procedimento di mediazione, non potrà emergere una volizione mirante al riconoscimento dell’acquisto di un diritto reale, effetto che, per l’appunto, non può essere determinato dalla volontà delle parti; detto accordo, tuttavia, ben potrà avere ad oggetto il riconoscimento dei fatti che rappresentano i presupposti necessari ad un acquisto per usucapione.
In forza delle considerazioni che precedono, occorre interrogarsi in ordine alle differenze che intercorrono tra la nuova ipotesi inquadrata dal comma 12 – bis dell’art. 2643 cod. civ. e la trascrizione di una sentenza di usucapione, di cui all’art. 2651 cod. civ.
Non può infatti sottacersi che l’ammissibilità di un eventuale negozio di “accertamento dell’usucapione” potrebbe fin troppo facilmente incidere sulle posizioni di terzi estranei al rapporto tra usucapiente e usucapito, come ad esempio i titolari di diritti reali di garanzia iscritti nei confronti del precedente titolare del diritto oggetto di usucapione. Tali soggetti, infatti, potrebbero trovarsi esposti – senza tutela alcuna – alle conseguenze di disegni atti scientemente a pregiudicarne i diritti.
Ne deriva che la trascrizione, ai sensi dell’art 2643, co. 12 – bis, dell’accordo conciliativo in tema di mediazione attribuisce all’usucapiente un diritto che potrà essere fatto valere nei confronti dei terzi nei soli limiti che già spettavano all’usucapito e nella continuità delle trascrizioni; vale a dire che eventuali diritti di terzi (nonché di eventuali altri comproprietari del bene usucapito) rimarranno impregiudicati, non dandosi avvio ad una nuova serie continua di titoli di legittimazione. In sintesi, quindi, il diritto dell’usucapiente avrà la medesima estensione che aveva quello dell’usucapito – riguardando l’accordo intervenuto in mediazione le sole parti del relativo procedimento e non essendo, di conseguenza, opponibile ad altri terzi.
Ciò a differenza di quanto si verifica a seguito di accertamento in sede giudiziale, laddove la sentenza, pronunciata in capo ad una fase istruttoria nella quale il giudice – terzo e imparziale – accerta la fondatezza delle pretese formulate, produce, per l’effetto, la nascita in capo all’usucapiente di un diritto ex novo, come tale opponibile erga omnes.
Nei termini che precedono, deve comunque osservarsi come la previsione normativa della trascrivibilità di un accordo di mediazione in materia di usucapione costituisce un indubbio elemento chiarificatore in un ambito nel quale, finora, i dubbi e le incertezze sembravano fare aggio sui punti fermi.
Si tratterà, nel breve, di valutare l’impatto della novella legislativa in parola, tanto sotto il profilo del modus operandi degli operatori della mediazione, quanto, soprattutto, dell’atteggiamento dei pubblici ufficiali chiamati ad autenticare.

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Il verbale di conciliazione che accerta l’avvenuta usucapione non è idoneo alla trascrizione

In base a quanto previsto dall’art. 11, co. 3, D.lgs n. 28 del 2010, come è noto, possono essere trascritti soltanto gli accordi recanti gli atti e i contratti previsti dall’art. 2643 c.c.
Pertanto, il Tribunale di Catania, chiamato a pronunciarsi sul reclamo proposto dalla parte che si era opposta alla trascrizione dell’accordo conciliativo effettuata con riserva dal Conservatore dei Registri Immobiliari, ha stabilito l’inidoneità dell’accordo stesso alla trascrizione.
Si trattava, infatti, di verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione, il quale, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 2643 c.c.
Inoltre, l’accordo in esame non può essere nemmeno ricompreso nell’art. 2643 c.c., ipotizzandone una natura transattiva (e quindi riconducendolo alla categoria dell’art. 2643 n. 13 c.c.), né può essere assimilato agli atti previsti dall’art. 2645 c.c., difettando dei necessari requisiti previsti nella transazione, come ad esempio, le “reciproche concessioni” delle parti.
Inoltre, la trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l’accertamento dell’intervenuta usucapione, non può nemmeno ammettersi per il tramite dell’art. 2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione. Ed infatti, l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde — in difetto di tale titolo — la parte non può logicamente crearlo e neppure rappresentarlo.

Tribunale di Catania, sez. I Civile, decreto 24 febbraio 2012
Presidente Morgia – Relatore Vitale

Parte ricorrente chiede, in seno al ricorso introduttivo, che il Tribunale adito, accertata l’illegittimità della riserva apposta alla trascrizione del verbale di accordo amichevole, ordini al Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania di eliminare detta riserva ad ogni effetto di legge.
Espone in fatto che: in seno al procedimento di mediazione ai sensi del D.L.vo n.28/2010 l’avv. S. A., nella qualità suddetta, aveva riconosciuto la maturata usucapione dell’immobile sopra indicato in capo al Ld. Carmelo; il relativo verbale di accordo amichevole del 4.07.11 era stato omologato dal Presidente del Tribunale di Catania, ai sensi dell’art.12 del D.L.vo n.28/10, con decreto del 29.07.11; le sottoscrizioni apposte sul verbale medesimo erano state autenticate come previsto dall’art.11 comma 3 del citato decreto ai fini della trascrizione, dal notaio Cannizzo di Catania; alla richiesta rivolta della La Spina al Conservatore di procedere alla trascrizione del verbale in questione, il Conservatore aveva, tuttavia, dapprima opposto un rifiuto, indi proceduto a trascrizione con riserva.
Sostiene in diritto la trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto in ragione, anzitutto, del carattere obbligatorio, ex art.5 del D.L.vo n.28/10, del procedimento di mediazione (il cui previo esperimento è, come noto, previsto da tale norma quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in talune materie tra cui quella afferente ai “diritti reali”), da cui discenderebbe la necessaria attribuzione a detto verbale degli stessi effetti della sentenza, pena la vanificazione della finalità deflattiva perseguita dal legislatore con l’introduzione dell’istituto della mediazione.
A sostegno della propria tesi, adduce che lo stesso legislatore ha peraltro previsto che il verbale di accordo amichevole raggiunto in seno al procedimento di mediazione costituisce titolo trascrivibile, ciò attraverso la disposizione contenuta nell’art.11 comma 3 del più volte citato D.L.vo laddove è prevista l’autentica notarile della sottoscrizione del processo verbale di accordo amichevole al fine di procedere a trascrizione “se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art.2643 c.c.”. La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto si fonderebbe, in particolare, sull’art.2651 c.c. che prevede la trascrivibilità delle sentenze di accertamento dell’usucapione, cui il verbale di accordo amichevole avente ad oggetto l’accertamento di analoga vicenda dovrebbe, sul piano degli effetti, essere equiparato.
Costituitosi all’udienza del 27.10.11, il Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania chiede il rigetto del reclamo con argomentazioni giuridiche così riassumibili: il verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento della maturata usucapione, non è trascrivibile non potendosi ricondurre ad alcuno degli atti previsti dall’art.2643 c.c., espressamente richiamato dall’art.11 comma 3 D.L.vo n.28/10, in quanto esso non realizza alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assume il valore di negozio di mero accertamento; l’art.2651 c.c. prevede la trascrizione solo della sentenza da cui risulta acquistato per usucapione uno dei diritti indicati dai nn. I, 2 e 4 dell’art.2643 c.c., con ciò escludendo la trascrivibilità degli atti negoziali sia pure produttivi dello stesso effetto della sentenza di accertamento dell’usucapione; la trascrizione del verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento dell’acquisto della proprietà a titolo di usucapione, minerebbe la certezza dei rapporti giuridici poiché consentirebbe alle parti di utilizzare l’istituto della mediazione non già per la composizione di una lite effettiva, bensì per “dissimulare operazioni negoziali ai danni di terzi, con seri pregiudizi alla circolazione dei beni”.
Con note di controdeduzione depositate all’udienza del 17.11.11, parte ricorrente contrasta le argomentazioni avversarie, in particolare sostenendo che il verbale di accordo amichevole in oggetto rientra nel novero degli atti previsti dall’art.2643 c.c. in quanto all’accordo amichevole di accertamento della maturata usucapione conseguirebbe un effetto modificativo di preesistenti situazioni giuridiche soggettive, perché l’accordo amichevole in questione comunque rientrerebbe nella previsione dell’art.2643 n.13 c.c. possedendo tutti i requisiti richiesti dall’art.1965 c.c. ai fini della sua qualificazione come transazione, perché esso rientrerebbe in ogni caso nell’alveo dell’art.2645 c.c. quale norma implicitamente richiamata dall’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10.
In via subordinata, sollevava eccezione di illegittimità costituzionale dell’art.11 comma 3 del D.L.vo. 28/10 nella parte in cui tale norma non prevede la trascrizione del verbale di accordo amichevole di accertamento dell’usucapione, per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Costituzione.
Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
Va osservato, anzitutto, che il verbale di conciliazione contenente l’accertamento della intervenuta usucapione è – contrariamente a quanto sostenuto dal reclamante – inidoneo alla trascrizione poiché, in base all’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall’art.2643 c.c. laddove il verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all’ambito applicativo dell’art.2643 c.c. Prive di pregio sono poi le argomentazioni difensive che pretendono di ricondurre l’accordo amichevole in oggetto all’ambito di previsione dell’art.2643 c.c. ipotizzando la natura transattiva (e quindi riconducendolo alla categoria dell’art.2643 n. 13 c.c.) ovvero assimilandolo agli atti previsti dall’art.2645 c.c., dovendosi di certo escludere la natura transattiva dell’accordo in questione per difetto dei necessari requisiti (“reciproche concessioni” delle parti) ed essendo, per altro verso, non risolutivo il richiamo all’art.2645 c.c. che, com’è noto, prevede la trascrivibilità di “ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluni degli effetti dei contratti menzionati nell’art.2643 c.c.”.
La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l’accertamento dell’intervenuta usucapione non può nemmeno ammettersi per il tramite dell’art.2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione. AL riguardo, è opportuno ricordare che il contratto di accertamento, definibile come il contratto mediante il quale le parti riconoscono l’esistenza o il contenuto di un loro rapporto giuridico preesistente, può avere ad oggetto – come generalmente ammesso sia in dottrina che in giurisprudenza – anche la proprietà e gli altri diritti reali. I negozi di accertamento della proprietà e degli altri diritti reali non hanno però efficacia costitutiva e non rientrano tra i modi di acquisto dei diritti reali, ma hanno piuttosto valore probatorio nel senso che valgono a provare tra le parti l’esistenza della situazione giuridica accertata, salva la possibilità per ciascuna parte di offrire prova contraria (ossia di provare che la situazione reale è diversa da quella accertata).
Ed infatti, secondo il sistema del diritto privato, l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde – in difetto di tale titolo – esso non può crearlo e neppure rappresentarlo se non a quest’ultimo effetto, attraverso l’esplicito richiamo e la menzione del titolo stesso (vedi Cass. N. 20198/04, Cass.n.8365/00). Così, nel caso di specie, il negozio di accertamento dell’usucapione in favore dell’usucapiente dell’esistenza dei presupposti di fatto (possesso e tempo) al cui verificarsi l’acquisto del diritto di proprietà in capo al secondo opera, invero “ex lege” (stante la natura originaria ed il carattere automatico dell’acquisto per usucapione).
Ciò premesso, si comprende la ragione per la quale l’art.2651 c.c. prevede la trascrivibilità della sola sentenza accertativa dell’usucapione, e non del negozio di accertamento avente ad oggetto la medesima vicenda. Né la trascrivibilità del negozio di accertamento dell’usucapione, può desumersi in via interpretativa dal citato art.2651 c.c. ove si consideri che l’effetto accertativo di tale negozio rileva, come detto, su di un piano meramente probatorio tra le parti (rimuovendo l’incertezza tra le stesse circa i fatti a fondamento dell’acquisto a titolo originario, dispensando la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall’onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l’onere della prova contraria), mentre la pronuncia giudiziale di accertamento dell’usucapione contiene un accertamento valevole “erga omnes” nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell’aspetto tipico considerato dall’art.2909 c.c., fa parte tuttavia di quella affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. n.10435/03, Cass. n. 7557/03).
Della sentenza accertativa dell’usucapione è perciò prevista la trascrizione (sebbene si tratti in questo caso di mera pubblicità-notizia, atteso che l’acquisto a titolo originario per usucapione si compie ed è efficace al maturare del periodo e dei requisiti richiesti dalla legge per usucapire il diritto ed esso è di per sé opponibile a qualsiasi terzo che accampi pretese sul bene, a prescindere dalla trascrizione della sentenza).
Chiarito, dunque, che nel vigente sistema la trascrizione del negozio di accertamento dell’usucapione non è prevista, va presa in considerazione la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente, incentrata sull’assunto che l’accordo amichevole stipulato in sede di mediazione, tanto più nei casi (come quello in esame) in cui il previo esperimento del tentativo di conciliazione è previsto come obbligatorio, debba avere gli stessi effetti della sentenza (pronunciata all’esito del giudizio che il positivo esperimento del procedimento di mediazione ha consentito di evitare) e debba quindi, qualora abbia ad oggetto l’accertamento dell’intervenuta usucapione, essere trascrivibile al pari della sentenza accertativa della medesima vicenda, dovendosi in caso contrario l’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10 considerare illegittimo – per contrasto con gli artt.3,4 e 111 Cost. – nella parte in cui non prevede la trascrizione del negozio di accertamento dell’usucapione.
In proposito, va osservato che la questione proposta, sebbene non manifestamente infondata alla stregua dei principi costituzionali sopra richiamati e per le ragioni esposte dal ricorrente nelle note di controdeduzione, è tuttavia priva di rilevanza nel presente procedimento in relazione al petitium, avente ad oggetto l’eliminazione della riserva apposta dal Conservatore alla trascrizione del verbale di accordo amichevole intercorso tra le parti.
Alla luce delle superiori considerazioni, la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente va respinta.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del reclamante.
P.Q.M.
Visti gli artt. 2674 bis e 113 ter c.c.;
Rigetta il reclamo proposto da La Spina Giuseppa quale rappresentante di Ld. Carmelo.
Condanna La Spina Giuseppa alla rifusione delle spese processuali in favore del Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania che liquida in complessivi euro 1.200,00 di cui euro 400,00 per diritti di procuratore, il resto per onorario.
Il giudice.
Catania, 24 febbraio 2012