Sentenza non definitiva, ai sensi dell’art. 279, co. 2, n. 4, c.p.c., con la quale il Tribunale di Pavia, in composizione monocratica, pronuncia sulle questioni preliminari emerse in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale il Giudice aveva disposto la mediazione delegata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.
In particolare, venivano eccepite due distinte questioni inerenti al procedimento di mediazione delegata.
In primo luogo, l’istanza di mediazione sarebbe stata (ed in effetti era stata) depositata presso l’Organismo di mediazione tardivamente, vale a dire allorché il previsto termine di 15 gg. risultava già spirato.
Detta eccezione, secondo il Tribunale, è priva di pregio.
Ciò, in quanto il termine in questione deve considerarsi ordinatorio e non perentorio. Rileva infatti il provvedimento in commento, come, malgrado la presenza di due distinti orientamenti giurisprudenziali, l’uno favorevole alla natura perentoria, l’altro a quella ordinatoria del suddetto termine, debba propendersi “…coerentemente con la natura informale dell’istituto, per la natura ordinatoria del termine”.
Ma, sul punto, “…decisivo è il disposto dell’art. 152, co. 2, cpc, per il quale <i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori> e, come si è appena visto, nessuna norma del D.lgs 28 definisce <perentorio> il termine di quindici giorni. A ciò si aggiunga che, per taluni soggetti (enti pubblici, società per azioni, condomìni, ecc.) ove il termine per avventura fosse considerato perentorio, ne sarebbe pressoché impossibile il rispetto per i tempi lunghi di formazione delle loro volontà”.
Anche la seconda eccezione proposta non può essere accolta.
Infatti, secondo parte eccipiente, l’istanza presentata all’Organismo, oltre che tradiva, sarebbe stata caratterizzata dalla mancata indicazione dell’oggetto della mediazione stessa.
Ora, però, stante la dimostrata informalità del procedimento di mediazione, il Tribunale ritiene che detta circostanza non possa implicare l’invalidità del tentativo di mediazione, dal momento che l’ambito oggettivo della stessa risulta agevolmente ricavabile dai documenti allegati all’istanza o – al limite, e come chi concretamente opera in mediazione ben sa – dall’esposizione resa oralmente dalle parti e dagli avvocati che le assistono durante l’incontro dinanzi al mediatore.
Osserva infatti il Giudice come “… nella specie erano indicate nel modulo di avvio le condizioni alle quali la parte istante si dichiarava disponibile a conciliare; era indicato un giudizio pendente avanti a questo tribunale in quanto era addirittura fatto riferimento ad una possibilità di responsabilità aggravata ex art. 96 cpc ed è evidente che le parti in quella mediazione corrispondevano e corrispondono alle parti di questo giudizio. Quel che più rileva è, tuttavia, che l’incontro avanti al mediatore si svolgeva con la partecipazione dei legali e soprattutto dei rispettivi clienti…”, vale a dire con le modalità previste dall’art. 8, co. 1, D.lgs 28/2010 e, dunque, con la concreta possibilità di far emergere in modo pieno l’oggetto della mediazione in sede di primo incontro.
Conseguentemente, il Tribunale, rilevato che l’eccezione avrebbe potuto forse essere diversamente valutata se sollevata con riferimento ad una istanza di mediazione avanzata ante causam, non può accoglierla nell’ambito di “…una mediazione demandata, nella quale l’oggetto della mediazione è agevolmente determinabile – solo che lo si voglia vedere – anche per relationem rispetto all’oggetto della causa pendente. Infine, per l’art. 5, co. 2- bis, D.lgs cit., la condizione di procedibilità deve considerarsi avverata se il primo incontro si conclude senza l’accordo e tale circostanza si è verificata nella specie”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, dunque, il Giudice rigetta l’ eccezione di improcedibilità dell’azione per la mancata indicazione dell’oggetto della procedura di mediazione in quanto non solo infondata, ma anche pretestuosa e temeraria.
Dott. Luigi Majoli
Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PAVIA
SEZ. III CIVILE
in composizione monocratica ai sensi dell’art. 50 ter c.p.c. in persona del Dott. Giorgio Marzocchi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA PROVVISORIA
ex art. 281 sexies c.p.c.
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato promossa con atto di citazione per opposizione a decreto ingiuntivo notificato il 13.01.2014 e iscritto a ruolo il 16.01.2014
DA
xxxxx, rappresentato e difeso dall’Avv. zzzzzzzzz, elettivamente domiciliato, giusta procura alla lite in calce all’atto di citazione, presso lo studio del difensore in Pavia, via yyyyyyyyy attore – opponente
CONTRO
xxxxxxx, in persona del liquidatore sig. zzzzzzz convenuto – opposto
All’udienza tenutasi il 14.10.2015, precisate le conclusioni e udita la discussione orale prevista dall’art. 281 sexies c.p.c., viene pubblicata con deposito in cancelleria la seguente sentenza, avendo i difensori rinunciato alla lettura del provvedimento.
FATTO E MOTIVI
1. Con atto di citazione notificato il 13.01.2014 xxxxxxx xxxxxxxx proponeva opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. n. 1380/13 (RG 3512/13) con il quale il Tribunale di Pavia, su ricorso di xxxxxxx in Liquidazione ingiungeva il pagamento della somma di euro 47.500,00 oltre IVA e accessori; rilevava l’opponente che che il credito era fondato su atto di transazione del 21.06.2013 nel quale le parti pattuivano, tra l’altro, un pagamento rateale a suo carico, quale committente di un’opera edilizia realizzata dalla società opposta nell’abitazione dell’opponente; che la transazione sulla quale era fondato il decreto ingiuntivo non si era mai perfezionata in quanto xxxxxxx non aveva mai apposto la propria firma in calce a quel documento; che la tesi dell’opponente di falsità della sua firma era confermata dalla CTU grafologica disposta preliminarmente dal giudice; che, nel corso del giudizio era da lui avviata la mediazione giudiziale demandata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 che dava esito negativo; che all’udienza di verifica dell’esito della mediazione la società opposta sollevava eccezioni sul tardivo e scorretto avvio della procedura di mediazione e chiedeva la declaratoria di improcedibilità dell’opposizione con conferma del decreto ingiuntivo. L’opponente concludeva chiedendo il rigetto delle eccezioni preliminari dell’opposta, la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, la revoca del decreto ingiuntivo e il rigetto della domanda con il favore delle spese.
2. Si costituiva in giudizio la società opposta XXXXXXX, in liquidazione, contestando gli assunti dell’opponente e ribadendo la legittimità del proprio operato; rilevava che il legale rappresentante della società opposta, sig. yyyyyy aveva personalmente partecipato alla trattativa per la definizione delle condizioni della transazione del 21.06.2013; che la negoziazione si svolgeva trattando con due professionisti di fiducia dell’opponente; che la sottoscrizione della transazione non era tuttavia avvenuta nella contemporanea presenza dei firmatari xxxx e yyyy, in quanto quest’ultimo si limitava ad apporre la propria firma sulla transazione e a consegnare il documento a uno dei professionisti di controparte affinché raccogliesse la firma del cliente; che successivamente il sig. xxxx ritirava dal professionista il documento completo delle firme delle parti; che la CTU grafologica accertava che la firma attribuita a XXXXX apposta in calce alla transazione era apocrifa; che nel corso del giudizio era svolta la mediazione demandata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 e un tentativo di conciliazione giudiziale, ma entrambi davano esito negativo; che la mediazione non era avviata tempestivamente né correttamente, per non essere stato compiutamente indicato nel modulo di avvio della mediazione l’oggetto della procedura. L’opposta concludeva chiedendo fosse fissata udienza ex art. 281 sexies cpc sulla questione preliminare di improcedibilità del giudizio con conseguente conferma del decreto ingiuntivo e condanna dell’opponente alla rifusione delle spese del giudizio; in subordine chiedeva ammettersi le prove per interrogatorio formale e per testi come da memoria ex art. 183, co. 6, n. 2, cpc.
3. La procedura di mediazione è procedura riservata, in buona misura orale e, per molti aspetti, informale. L’informalità della procedura si deduce chiaramente da varie norme del D.lgs 28/2010. L’art. 3, co. 3, stabilisce che gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità; l’art. 6, co. 1, stabilisce che la procedura di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi e tale norma è derogabile dalla volontà delle parti e del mediatore; l’art. 8, co. 2, ribadisce che il procedimento di mediazione si svolge senza formalità e il successivo comma 3, che disciplina il omento più importante della procedura, l’attività del mediatore, si limita a stabilire che il mediatore “si adopera” affinché le parti raggiungano un accordo amichevole, senza ulteriori specificazioni al contenuto dell’attività del mediatore, attività che si conferma essenzialmente di dialogo con le parti e i difensori. Oltre a tali norme, che per chiarezza non necessitano di particolare commento e che dimostrano l’informalità della procedura di mediazione, possono prendersi in rapido esame, quali indici della natura informale della procedura, la competenza territoriale dell’organismo di mediazione, stabilita dall’art. 4, D.lgs cit., pacificamente derogabile dall’accordo tra le parti e la natura del termine di quindici giorni per l’avvio della mediazione. Su tale ultima questione non è ignota al giudicante la divergenza emersa in giurisprudenza, nel silenzio dell’art. 5, sia del comma 1 – bis sia del comma 2, tra chi si è espresso per la natura perentoria del termine (tra le altre, Trib. Firenze, Gherardini, sent. 4.06.2015) e chi invece per la sua natura ordinatoria (Trib. Firenze, Breggia, ord. 17.06.2015). Lo scrivente propende, coerentemente con la natura informale dell’istituto, per la natura ordinatoria del termine. Decisivo è il disposto dell’art. 152, co. 2, cpc, per il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori” e, come si è appena visto, nessuna norma del D.lgs 28 definisce “perentorio” il termine di quindici giorni. A ciò si aggiunga che, per taluni soggetti (enti pubblici, società per azioni, condomìni, ecc.) ove il termine per avventura fosse considerato perentorio, ne sarebbe pressoché impossibile il rispetto per i tempi lunghi di formazione delle loro volontà. In materia condominiale sono infatti espressamente previste dall’art. 71 quater, co. 4 e 6, Disp. att. al c.c., eccezioni al rigore dei termini con possibilità di rinvio dell’incontro di mediazioni (co. 4) potendosi disporre una proroga del termine di adesione adottabile caso per caso o di proroga dei termini per la risposta alla proposta del mediatore (co. 6), in considerazione della particolare natura del soggetto convocato in mediazione.
4. Eccezione di improcedibilità per tardività della presentazione dell’istanza di avvio. L’eccezione, pur se non ribadita nella discussione orale dalla difesa dell’opposta, è infondata e va rigettata. L’ordinanza che demandava le parti in mediazione, ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 era del 19.02.2015 ed era emessa facendo prudente applicazione della discrezionalità che la norma attribuisce al magistrato – anche in grado di appello – il quale, prima di mandare le parti in mediazione, deve valutare la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti. Ai tre parametri di legge lo scrivente magistrato onorario, dopo l’assegnazione del procedimento a sé, si è rapportato per valutare e decidere se mandare le parti in mediazione. E’ indubbio, sia dall’esame degli atti difensivi che dall’esame dei documenti di parte opposta, che le parti prima di instaurare il giudizio non solo tentavano di risolvere in via amichevole l’insorgente lite giudiziaria ma, data la natura del giudizio, è altrettanto indubbio che l’esame dei diritti in questo giudizio coinvolge aspetti e comportamenti di buona o di mala fede nella relazione tra xxxx e yyyy, principali protagonisti della vicenda che ha portato alla contestata transazione. Sulla base di tali elementi, una procedura di mediazione in corso di causa non sarebbe stata affatto fuori luogo e avrebbe dato invece – ad avviso dello scrivente – un’utile opportunità alle parti per riprendere un negoziato pendente judicio. Alla luce del negativo esito dei tentativi di definizione amichevole è ora evidente la necessità di proceder oltre e decidere la controversia con sentenza. Venendo all’eccezione in parola, per valutare la tempestività dell’avvio della mediazione è sufficiente considerare la data del provvedimento, della sua comunicazione e della presentazione dell’istanza di avvio. L’ordinanza che disponeva che disponeva la mediazione demandata era emessa il 19.02.2015, la sua comunicazione telematica alle parti a cura della cancelleria era del 23.02.2015 e l’istanza di avvio della mediazione era presentata dall’opponente all’organismo di mediazione il 5.03.2015. dal semplice raffronto delle date appare evidente, ove fosse necessario accertarlo, che l’avvio della mediazione era tempestivo e che l’eccezione preliminare in parola è del tutto priva di fondamento e come tale doveva essere rigettata. Ad avviso dello scrivente, data la natura ordinatoria del termine, sarebbe stato sufficiente riscontrare, all’udienza di verifica dell’esito della mediazione successiva all’ordinanza ex art. 5, co. 2, D.lgs cit., un regolare svolgimento dell’incontro preliminare per poter considerare soddisfatta la condizione di procedibilità ed eventualmente disporre, su istanza di entrambe le parti, un rinvio della causa per la verifica dell’esito della mediazione.
5. Eccezione di improcedibilità per non avere l’opponente indicato l’oggetto della mediazione nell’istanza d’avvio. La procedura di mediazione non è, come si è già dimostrato sopra, soggetta a forme solenni stabilite dal D.lgs 28/2010. I vari organismi di mediazione hanno, per loro regolamento, predisposto moduli sia per l’avvio delle procedure che per l’adesione alle stesse. La modulistica viene compilata dalle parti, spesso utilmente assistite dai difensori fin dalla fase di compilazione dei moduli. Data l’informalità della procedura è evidente come l’oggetto della mediazione possa essere ricavato non solo dal modulo di avvio ma anche aliunde, ad esempio dai documenti allegati o, ancora e soprattutto, dall’esposizione orale delle parti durante l’incontro di mediazione, sempre che la discussione – anche in quella procedura – non si dilunghi e si perda in questioni preliminari, togliendo così alle parti un’opportunità di dialogo che potrebbe non ripresentarsi più. Nella specie erano indicate nel modulo di avvio le condizioni alle quali la parte istante si dichiarava disponibile a conciliare; era indicato un giudizio pendente avanti a questo tribunale in quanto era addirittura fatto riferimento ad una possibilità di responsabilità aggravata ex art. 96 cpc ed è evidente che le parti in quella mediazione corrispondevano e corrispondono alle parti di questo giudizio. Quel che più rileva è, tuttavia, che l’incontro avanti al mediatore si svolgeva con la partecipazione dei legali e soprattutto dei rispettivi clienti, in ossequio a quanto stabilito sia nella citata ordinanza giudiziale che nell’art. 8, co. 1, D.lgs cit. a mente del quale per un regolare svolgimento della procedura di mediazione “al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”. L’eccezione sollevata dalla convenuta opposta potrebbe forse concepirsi in una mediazione ante iudicio, obbligatoria per materia, ex art. 5, co. 1 – bis, D.lgs cit., ma non in una mediazione demandata, nella quale l’oggetto della mediazione è agevolmente determinabile – solo che lo si voglia vedere – anche per relationem rispetto all’oggetto della causa pendente. Infine, per l’art. 5, co. 2- bis, D.lgs cit., la condizione di procedibilità deve considerarsi avverata se il primo incontro si conclude senza l’accordo e tale circostanza si è verificata nella specie. Da tutte le considerazioni che precedono consegue che l’eccezione di improcedibilità dell’azione per la mancata indicazione dell’oggetto della procedura di mediazione deve essere rigettata in quanto non solo infondata, ma anche pretestuosa e temeraria. Dal rigetto delle eccezioni di improcedibilità discende logicamente che non v’è luogo a provvedere sulla domanda di conferma del decreto ingiuntivo opposto, decisione che viene rimessa alla sentenza definitiva. Essendo il presente provvedimento una sentenza provvisoria che si limita a risolvere questioni preliminari e a disporre la prosecuzione del giudizio, ex art. 279, co. 2, n. 4 cpc, non si adotta alcuna decisione sulle spese di lite la cui regolazione è rimessa alla sentenza definitiva.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pavia, pronunciando sulle eccezioni preliminari, così provvede:
1) Ritenuta soddisfatta la condizione di procedibilità consistente nel corretto e tempestivo avvio e svolgimento della procedura di mediazione demandata, ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, rigetta le eccezioni di improcedibilità;
2) Spese legali nella sentenza definitiva;
3) Dispone la rimessione della causa sul ruolo per la prosecuzione del giudizio.
Così deciso in Pavia, in esito all’udienza del 14 ottobre 2015.
Si comunichi.
Dott. Giorgio Marzocchi