Commento:
Il Tribunale di Palermo, con la pronuncia in esame, si esprime su innumerevoli aspetti di estremo interesse concernenti l’istituto della mediazione, aspetti che vale la pena di illustrare in dettaglio subito di seguito.
Il fatto: parte attrice (Ordine dei medici veterinari di Palermo) formulava domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali (quantificati in euro 70.000) asseritamente subiti a seguito di un comunicato, di cui predicava la natura diffamatoria, apparso sul sito internet della FNOVI – Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani, parte convenuta.
Quest’ultima, costituitasi in giudizio, eccepiva – tra l’altro – l’incompetenza ex art. 19 c.p.c. del Tribunale di Palermo a favore di quello di Roma – avendo la stessa sede in Roma – e la tardività della presentazione dell’istanza di mediazione – dinanzi ad un Organismo sito in Palermo – in quanto depositata il 10.11.2014, mentre la citazione era stata notificata nel mese di ottobre 2014, con conseguente mancata partecipazione al relativo procedimento.
Come appare evidente, la questione relativa alla competenza territoriale è pregiudiziale rispetto ad ogni altra, stante la sua rilevanza al fine di ritenere supportata o meno da un giustificato motivo la mancata partecipazione al procedimento di mediazione da parte della FNOVI.
Il Giudice siciliano ritiene l’eccezione infondata.
Infatti, a conclusione di un lungo contrasto giurisprudenziale sul punto, le SS.UU. della Cassazione, con sentenza n. 21661/2009 hanno statuito che nel giudizio per il risarcimento dei danni derivanti “…dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al ‘forum commissi delicti” di cui all’ari. 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione – che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione – consente, da un lato, di evitare un criterio “ambulatorio” della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall’altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole”.
Del tutto corretta risulta, pertanto, la proposizione della domanda innanzi al Tribunale di Palermo, ivi avendo la propria sede l’Ordine dei medici veterinari che lamenta di avere subito il danno da diffamazione per effetto di pubblicazione di notizia su sito internet, così come corretta è da considerarsi, di conseguenza, la presentazione dell’istanza di mediazione dinanzi a Organismo di mediazione sito nel medesimo capoluogo siculo.
Ne consegue, come chiaramente evidenziato dal Tribunale di Palermo, “…che è priva di un giustificato motivo la mancata adesione da parte della Federazione al procedimento di mediazione, stante l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale posta a base della dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione effettuata in data 1.12.2014 ad opera della Federazione convenuta”.
In virtù di quanto precede, deve essere applicata la sanzione di cui all’art. 8, co. 4 – bis, D.lgs. 28/2010, secondo cui, come ben noto, “il giudice condanna la parte costituita che (…) non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.
Che la disposizione in esame non lasci alcun margine di discrezionalità al Giudice appare indubbio. Se non viene addotta alcuna ragione alla mancata partecipazione al procedimento di mediazione ovvero se il motivo fatto valere non è considerato dal giudice idonea causa di giustificazione, la condanna è automatica. Secondo l’art. 8, co. 4 – bis, infatti, il “giudice condanna”. Non è utilizzata l’espressione “può condannare”, che avrebbe dovuto considerarsi come indicativa di una facoltà lasciata al giudice. Incidentalmente, va rilevato che, invece, il “può” è stato impiegato nel primo periodo della disposizione in analisi, con esclusivo riferimento, quindi, all’argomento di prova ex art. 116, co. 2, c.p.c.
Ciò posto, il problema che si pone è quello relativo al momento processuale in cui deve comminarsi la sanzione in parola.
Sul punto, la ricostruzione del Giudice palermitano è particolarmente articolata e merita, pertanto, di essere adeguatamente ripercorsa.
Nell’ordinanza si muove dalla premessa secondo cui il co. 4 – bis dell’art. 8 – introdotto dalla riforma del 2013 – affondi le proprie radici, “molto probabilmente”, nel DM 145/2011, modificativo del DM 180/2010, con il quale, tra l’altro, si introduceva la regola relativa al pagamento della sola somma di euro 40,00 o 50,00 in caso di mancata partecipazione al procedimento della parte chiamata. Secondo il Giudice, in altri termini, “…introdotta un’agevolazione economica per l’istante (non essendo giusto che questi sostenesse costi, a volte anche ingenti, per un tentativo di conciliazione neppure svoltosi a causa del comportamento non collaborativo dell’altra parte), occorreva stimolare in qualche modo la partecipazione del chiamato alla mediazione. Ciò anche per evitare che si potessero creare situazioni di tacito accordo tra i litiganti al fine di non far comparire il convenuto ed andare in giudizio a modico prezzo. Ecco che per sollecitare il chiamato a partecipare al tavolo della mediazione si è pensato ad una sanzione economica come misura che bilanciasse la ridotta spesa per il caso di mediazione contumaciale e facesse riflettere bene il chiamato sull’eventuale scelta non collaborativa”.
Ora, che si tratti di una misura di carattere sanzionatorio è fuori questione, dal momento che il pagamento è ordinato non in favore di parte attrice ma dello Stato.
Non trattandosi di un rimborso delle spese per contributo unificato sostenute dall’attore, ma di una sanzione imposta dallo Stato, non sussiste la necessità che la valutazione del giudice in ordine alla stessa venga effettuata in sede di di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza.
Certamente, si dovrà “…aspettare la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testimoni o con documenti da depositare nei detti termini. La valutazione sulla sanzione economica in questione andrà infine effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite”.
Ma ove il convenuto espliciti le ragioni della propria mancata partecipazione alla fase stragiudiziale già in comparsa di risposta o alla prima udienza, ben potrà il giudice, ove non le ritenga persuasive, pronunciare la condanna con ordinanza in quest’ultima sede e, a fortiori, ciò potrà avvenire laddove il medesimo convenuto non adduca alcun motivo a sostegno della propria diserzione a fronte della chiamata in mediazione.
Né, ad avviso del Giudice, “…può ritenersi preclusivo all’immediata comminatoria della sanzione economica in questione il fatto che non sia stata convertita in legge quella parte dell’art. 12 del decreto legge 22 dicembre 2011 n. 212 che prevedeva che tale sanzione venisse comminata “con ordinanza non impugnabile pronunciata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva”.
Ciò appare francamente condivisibile: dalla mancata conversione in parola deve conseguire non la necessaria valutazione in sentenza circa l’applicazione della sanzione ma, al contrario, una non necessaria predeterminazione, nel senso sopra chiarito, del momento processuale in cui il giudice è tenuto ad effettuare il sindacato in questione.
Come è noto, l’art. 8, co. 4 – bis, si riferisce alla sola “parte costituita”. Quindi, nel caso in cui all’assenza in mediazione si cumuli la contumacia nel successivo giudizio, la sanzione non può essere irrogata. In caso contrario, il legislatore avrebbe introdotto una sanzione, sia pure indiretta, alla contumacia, del tutto incoerente con la sua natura di ficta contestatio (e non di ficta confessio) propria ell’ordinamento italiano e, pertanto, a forte rischio di illegittimità costituzionale.
In sostanza, dunque, “…il legislatore ha introdotto la mediazione obbligatoria e cerca ora di prevedere delle condizioni che ne garantiscano l’efficace svolgimento”, innanzitutto cercando di evitare che chi voglia “…far valere le proprie ragioni in giudizio in relazione alle richieste dell’attore possa agevolmente sottrarsi al tentativo di conciliazione. Non si vuole obbligare le parti ad accordarsi, ma stimolare i litiganti a tentare di trovare l’accordo”.
Risulta pertanto del tutto consequenziale con tali premesse il fatto che chi diserta la mediazione andando poi a costituirsi in giudizio, aumentando così i carichi della giustizia civile e la ragionevole durata degli altri processi, sia chiamato a giustificare la propria assenza nella fase preprocessuale.
Nel caso di specie, secondo il Tribunale di Palermo, risultano ben chiara quale sia stata “…la ragione della mancata comparizione in mediazione della convenuta, ragione addirittura indicata per iscritto nella lettera datata 1.12.2014 inviata dalla convenuta all’organismo di mediazione. Non occorre sul punto procedere ad alcuna attività istruttoria né si deve aspettare la fase decisoria del giudizio (alla quale invece andrebbe demandata l’eventuale condanna per le ingiustificate assenze basate sull’infondatezza della pretesa avversaria), fase nella quale non si disporrebbe di elementi ulteriori rispetto a quelli di cui attualmente si dispone. Va quindi disposta con la presente ordinanza la condanna della convenuta, che non è comparsa al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio”.
Fin qui sul momento dell’irrogazione della sanzione.
Il Tribunale passa poi all’esame della eccezione, sollevata della federazione convenuta, relativa alla tardività della presentazione dell’istanza di mediazione.
La questione non è di particolare complessità. Non assume infatti particolare rilevanza la circostanza per cui parte attrice abbia avviato il procedimento di mediazione con domanda depositata nel novembre 2014, avendo nell’ottobre precedente già notificato l’atto di citazione.
La parte interessata è sì tenuta, ai sensi dell’art. 5, D.lgs. 28/2010, ad esperire il procedimento di mediazione prima dell’instaurazione del giudizio, ma è altresì chiaro che tale adempimento costituisce mera condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con la conseguenza che ove il Giudice riscontri il mancato esperimento della mediazione, lo stesso provvede assegnando alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissando la successiva udienza non prima che siano trascorsi tre mesi.
In altri termini, come rileva il Tribunale, “…nei casi in cui la domanda sia priva della chiesta condizione di procedibilità per mancata previa instaurazione del procedimento di mediazione l’attore può ben dotarla di tale condizione instaurando il procedimento di mediazione nel termine assegnato dal Giudice”.
Ben più bizzarra (a dir poco…) appare la situazione venutasi a creare nel caso di specie.
Infatti, l’istanza di mediazione, presentata prima della prima udienza, ha introdotto un procedimento di mediazione mai svoltosi.
Ciò in quanto l’Organismo di mediazione adito (Organismo di mediazione forense del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo), dopo aver proceduto alla nomina del mediatore ed aver fissato la data del primo incontro di mediazione, ricevuta comunicazione dalla parte chiamata contenente formale dichiarazione di non adesione al procedimento a causa dell’asserita incompetenza territoriale, inviava alla parte istante, attrice nel successivo giudizio, una “nota” con la quale la informava che l’incontro già programmato era “annullato ed il procedimento di mediazione chiuso d’ufficio per improcedibilità” (sic!).
Un comportamento sorprendente, in quanto del tutto incomprensibile ed ingiustificato alla luce di quanto previsto dall’art. 8, D.lgs 28/2010.
Osserva infatti il Giudice come, alla luce della disposizione or ora menzionata, “…il responsabile dell’organismo di mediazione deve necessariamente fissare il primo incontro tra le parti e non può revocare tale fissazione all’esito della comunicazione della mancata adesione ad opera della parte chiamata. La procedura di mediazione è finalizzata a fare incontrare effettivamente le parti affinché le stesse tentino una soluzione amichevole della lite. L’invio da parte del chiamato di una non contemplata dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione non comporta l’aborto della procedura di mediazione. Il citato art. 8 del d.lgs. 28/2010 prevede un’eventuale mancata comparizione ma non una mancata adesione alla procedura di mediazione. Va quindi lasciato fermo l’incontro di mediazione già fissato anche in caso di ricezione da parte dell’organismo di mediazione di comunicazioni di mancata adesione”.
Conseguentemente, non essendosi svolto alcun procedimento di mediazione, in forza della “originale” trovata dell’Organismo adito, il Tribunale di Palermo non può che inviare nuovamente le parti in mediazione affinchè la relativa procedura si svolga correttamente con un incontro al quale la parte chiamata potrà anche non partecipare, assumendosene le conseguenti alee, ma che dovrà, in ogni caso, concludersi con un verbale sottoscritto dalle parti presenti e dal mediatore.
Il Tribunale precisa poi, aderendo alla ormai consolidata giurisprudenza fondatasi sul c.d. “orientamento fiorentino”, che ai fini della effettiva formazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale occorre la partecipazione personale delle parti e che queste ultime abbiano dato vita ad un tentativo effettivo di conciliazione della controversia tra loro sussistente, non potendo considerarsi sufficiente il “mancato superamento del primo incontro”, vale a dire la dichiarazione resa innanzi al mediatore di non potersi (o volersi…) procedere oltre nel tentativo, plausibilmente al solo fine di sottrarsi al pagamento dell’indennità corrispondente allo scaglione di riferimento, risultando così dovute all’Organismo le sole spese di avvio del procedimento. Si badi che, come ormai sempre più spesso tende a verificarsi, i principi di partecipazione personale delle parti e, soprattutto, di effettività del tentativo, sono ribaditi con riferimento ad una ipotesi di mediazione ante causam e non di mediazione delegata di cui all’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.
Pertanto, “…in caso di mancata comparizione personale dell’attore la sua domanda non potrà considerarsi munita di procedibilità. Se non comparirà il convenuto senza giustificato motivo dovrà nuovamente valutarsi l’applicabilità della disposizione sulla sanzione di cui al comma 4 bis dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010”.
Ma non è tutto.
La pronuncia – che appare dunque una sorta di summa delle posizioni più evolutive sviluppate dalla giurisprudenza in tema di mediazione civile – si conclude con la formulazione di una proposta conciliativa ai sensi dell’art. 185 – bis c.p.c.
Una proposta che segue l’invio delle parti in mediazione non in via delegata dal giudice, giova ribadirlo, ma a seguito del mancato svolgimento del procedimento di mediazione pur effettivamente introdotto dalla parte istante, poi attrice.
Una proposta, quella del giudice, cui le parti potranno aderire, ed in tal caso potranno non comparire all’udienza fissata nell’ordinanza stessa, convogliandosi, in tal modo, il giudizio verso l’estinzione, ma anche una proposta che potrà, ove non accettata, “…costituire il punto di partenza del percorso conciliativo da intraprendere davanti al mediatore”, vale a dire suscettibile di “sviluppi autonomi”, sempre possibili in mediazione, anche alla luce della non vigenza, in quella sede, del limite della corrispondenza del chiesto al pronunciato proprio del giudizio.
Dott. Luigi Majoli
Testo integrale:
Tribunale di Palermo, sez. I Civile, ordinanza 29 luglio 2015- Giudice Ruvolo
Osserva Parte attrice ha formulato domanda di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali (per € 70.000) che avrebbe subito a causa di una condotta di natura diffamatoria posta in essere tramite comunicato apparso su sito internet. La Federazione convenuta ha: 1) ha eccepito l’improcedibilità della domanda ex artt. 4 e 5 d.lgs. 28/2010 avendo parte attrice proposto istanza di mediazione soltanto in data 10.11.2014 (mentre la notifica della citazione risaliva all’ottobre 2014) dinanzi all’Organismo di mediazione forense del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, organismo che sarebbe stato comunque territorialmente incompetente considerato che il giudice territorialmente competente a conoscere la presente controversia andava individuato nel Tribunale di Roma avendo essa convenuta sede in Roma; 2) ha eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale di Palermo ai sensi dell’art. 19 c.p.c.; 3) ha eccepito il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria, essendo, viceversa, devoluta al giudice amministrativo la cognizione delle controversie concernenti gli atti degli ordini professionali; 4) ha rilevato l’infondatezza nel merito della domanda. Con successiva nota del 4.3.20 15 la Federazione convenuta rinunciava all’eccezione relativa al difetto di giurisdizione ed a quella afferente l’incompetenza territoriale. Insisteva, invece, nell’eccezione relativa alla tardiva presentazione dell’istanza di mediazione. Orbene – rimettendo alla sentenza di definizione del presente giudizio l’esame della questione relativa al difetto di giurisdizione – va invece, adesso, valutata l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata da parte convenuta, stante la sua rilevanza al fine di ritenere supportata o meno da un giustificato motivo la mancata partecipazione al procedimento di mediazione da parte della Federazione. Al riguardo si osservi che la questione relativa all’individuazione della competenza è stata risolta da un intervento delle Sezioni Unite che con la sentenza n. 21661 / 2009 hanno posto fine al contrasto giurisprudenziale esistente sul punto statuendo che nel giudizio per il risarcimento dei danni derivanti “dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al ‘forum commissi delicti” di cui all’ari. 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione – che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione – consente, da un lato, di evitare un criterio “ambulatorio” della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall’altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole” Visto che il soggetto danneggiato è nel caso di specie ubicato in Palermo, corretta è stata, dunque, la proposizione della domanda innanzi al Tribunale di Palermo, ivi avendo la propria sede l’Ordine dei medici veterinari che lamenta di avere subito il danno da diffamazione per effetto di pubblicazione di notizia su sito internet, così come corretta è stata, di conseguenza, la presentazione dell’istanza di mediazione dinanzi all’Organismo di mediazione forense del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo. Ne consegue, dunque, che è priva di un giustificato motivo la mancata adesione da parte della Federazione al procedimento di mediazione, stante l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale posta a base della dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione effettuata in data 1.12.2014 ad opera della Federazione convenuta, eccezione cui peraltro la stessa parte convenuta ha nel corso del giudizio rinunciato. Ciò determina l’applicazione di quanto disposto al riformato comma 5 dell’art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 secondo cui “il giudice condanna la parte costituita che (…) non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”. La citata disposizione normativa pare, infatti, non lasciare margini di discrezionalità al giudice che è, dunque, tenuto – una volta ravvisata la mancanza di un motivo che giustifichi l’assenza di una parte al procedimento di mediazione laddove esso sia previsto, come nel caso di specie, quale condizione di procedibilità – ad applicare la sanzione di cui all’art. 4 bis. Ne discende, quindi, che la FNOVI va condannata al pagamento in favore dell’Erario della somma di Euro 5 tale essendo l’importo versato da parte attrice a titolo di contributo unificato. Deve ora esaminarsi la questione relativa al momento processuale in cui deve comminarsi la sanzione per ingiustificata, mancata comparizione al procedimento di mediazione. Al riguardo va innanzitutto premesso che il comma 4 bis dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 stabilisce che “il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio’. Tale modifica normativa (introdotta da ultimo nel 2013 dopo la sentenza della Corte costituzionale 272/20 12 ma identica a quella già apportata dalla legge 148/2011 di modifica del comma 5 dell’art. 8) affonda le sue radici, molto probabilmente, nel decreto ministeriale del 6 luglio 2011 n. 145 (entrato in vigore il 26 agosto) con il quale è stato modificato il D.M. 180/2010 introducendo, tra le altre cose, il pagamento della sola somma di € 40,00 o € 50,00 per il caso di mancata comparizione del chiamato. In altri termini, introdotta un’agevolazione economica per l’istante (non essendo giusto che questi sostenesse costi, a volte anche ingenti, per un tentativo di conciliazione neppure svoltosi a causa del comportamento non collaborativo dell’altra parte), occorreva stimolare in qualche modo la partecipazione del chiamato alla mediazione. Ciò anche per evitare che si potessero creare situazioni di tacito accordo tra i litiganti al fine di non far comparire il convenuto ed andare in giudizio a modico prezzo. Ecco che per sollecitare il chiamato a partecipare al tavolo della mediazione si è pensato ad una sanzione economica come misura che bilanciasse la ridotta spesa per il caso di mediazione contumaciale e facesse riflettere bene il chiamato sull’eventuale scelta non collaborativa. Che si tratti di misura sanzionatoria è reso evidente dal fatto che il pagamento non viene ordinato in favore dell’attore ma in favore dello Stato. Quest’ultimo, che ha già incassato il contributo unificato da parte dell’attore, riscuote anche un’altra somma di pari importo. E proprio perché si tratta di una sanzione imposta dallo Stato e non di un rimborso all’attore delle spese per il contributo unificato, non vi è la necessità che la valutazione del giudice sull’imposizione di tale sanzione venga fatta in sede di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza. Nulla esclude che anche prima della sentenza il giudice possa emettere la condanna in questione. Certo, occorre che sia chiaro il motivo della mancata comparizione, motivo che può essere esplicitato dal convenuto già in comparsa di risposta o alla prima udienza, con conseguente possibilità di emettere in quest’ultima sede la relativa condanna. Si dovrà invece aspettare la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testimoni o con documenti da depositare nei detti termini. La valutazione sulla sanzione economica in questione andrà infine effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite. Se poi non viene addotta alcuna ragione della mancata partecipazione o se il motivo fatto valere non è ritenuto dal giudice giustificato la condanna è automatica. La legge non attribuisce al giudice alcun potere discrezionale. La norma prevede che in assenza di giustificato motivo il “giudice condanna”. Non è utilizzata l’espressione “può condannare”, che sarebbe stata invece indicativa di una facoltà attribuita al giudice. Il “può” è impiegato nella prima parte del comma 5 a proposito degli argomenti di prova, ma non anche per l’applicazione della sanzione economica. Neppure può ritenersi preclusivo all’immediata comminatoria della sanzione economica in questione il fatto che non sia stata convertita in legge quella parte dell’art. 12 del decreto legge 22 dicembre 2011 n. 212 che prevedeva che tale sanzione venisse comminata “con ordinanza non impugnabile pronunciata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva di cui all’articolo 5, comma 1″. La mancata conversione in legge di questa parte del decreto legge 212 / 2011 depone non per una necessaria valutazione in sentenza dell’applicazione della sanzione (che, come detto, è estranea al regime delle spese di lite), ma per una non necessaria predeterminazione del momento dell’iter processuale in cui il giudice deve effettuare il sindacato in questione e deve procedere ad irrogare la sanzione se non ritiene giustificata la mancata comparizione. Mai comunque si può condannare chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio. Nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, deve rilevarsi che la modifica normativa rende possibile una condanna solo nei confronti della “parte costituita” . Ed è giusto che sia stata operata questa limitazione, poiché altrimenti si sarebbe introdotta una sanzione indiretta della contumacia a forte rischio di incostituzionalità. Ciò che, invece, si è voluto tentare di evitare è che chi vuol far valere le proprie ragioni in giudizio in relazione alle richieste dell’attore possa agevolmente sottrarsi al tentativo di conciliazione. Non si vuole obbligare le parti ad accordarsi, ma stimolare i litiganti a tentare di trovare l’accordo. Il legislatore ha introdotto la mediazione obbligatoria e cerca ora di prevedere delle condizioni che ne garantiscano l’efficace svolgimento. La prima di queste è che tutte le parti siano presenti, laddove possibile, al tavolo della mediazione. Chi non è presente e poi invece si costituisce in giudizio aumentando il contenzioso giudiziario e la ragionevole durata degli altri processi deve giustificare il motivo della sua assenza. Ora, nel presente giudizio è ben chiaro quale sia stata la ragione della mancata comparizione in mediazione della convenuta, ragione addirittura indicata per iscritto nella lettera datata 1.12.2014 inviata dalla convenuta all’organismo di mediazione. Non occorre sul punto procedere ad alcuna attività istruttoria né si deve aspettare la fase decisoria del giudizio (alla quale invece andrebbe demandata l’eventuale condanna per le ingiustificate assenze basate sull’infondatezza della pretesa avversaria), fase nella quale non si disporrebbe di elementi ulteriori rispetto a quelli di cui attualmente si dispone. Va quindi disposta con la presente ordinanza la condanna della convenuta, che non è comparsa al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. Deve ora esaminarsi l’eccezione di tardività della presentazione della domanda di mediazione formulata dalla Federazione convenuta. In proposito si osservi che parte attrice ha instaurato il procedimento di mediazione con domanda avanzata nel novembre 2014 e ha notificato l’atto di citazione nell’ottobre 2014. Ciò posto, non può non evidenziarsi che se è vero che la parte è tenuta ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 ad esperire il procedimento di mediazione prima dell’instaurazione del giudizio, è parimenti vero che tale adempimento costituisce mera condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con la conseguenza che ove il Giudice riscontri il mancato esperimento della mediazione, lo stesso provvede assegnando alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissando la successiva udienza non prima che siano trascorsi tre mesi. In altri termini, nei casi in cui la domanda sia priva della chiesta condizione di procedibilità per mancata previa instaurazione del procedimento di mediazione l’attore può ben dotarla di tale condizione instaurando il procedimento di mediazione nel termine assegnato dal Giudice. Nella vicenda oggetto del presente giudizio la situazione di fatto che si prospetta al Giudicante è quella di una domanda di mediazione avanzata prima della prima udienza ed introduttiva di un procedimento di mediazione che, però, non si è mai tenuto in quanto l’Organismo di mediazione, dopo avere ricevuto il 10. l’istanza di mediazione e dopo avere comunicato all’attrice in pari data l’attestazione di iscrizione e l’avviso che a breve sarebbe stata inviata comunicazione della data dell’incontro e del nome del mediatore designato, il 9.12.2014 inviava all’attrice la seguente nota: “si comunica che in data 01/ 12/2014 sono pervenute, a mezzo pec… formale comunicazione di non adesione per incompetenza territoriale dell’organismo adito da parte istante da parte del dr. G. P. n.q. di presidente di FNOVI n.p. del vice presidente dott.ssa C. B.. Pertanto, l’incontro di mediazione previsto per il giorno 23/ 12/2014 ore 15.30 è stato annullato ed il procedimento di mediazione chiuso d’ufficio per improcedibilità”. Ora, è noto che l’art. 8 d.lgs. 28/2010 prevede che “all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”. Pertanto, il responsabile dell’organismo di mediazione deve necessariamente fissare il primo incontro tra le parti e non può revocare tale fissazione all’esito della comunicazione della mancata adesione ad opera della parte chiamata. La procedura di mediazione è finalizzata a fare incontrare effettivamente le parti affinché le stesse tentino una soluzione amichevole della lite. L’invio da parte del chiamato di una non contemplata dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione non comporta l’aborto della procedura di mediazione. Il citato art. 8 del d.lgs. 28/2010 prevede un’eventuale mancata comparizione ma non una mancata adesione alla procedura di mediazione. Va quindi lasciato fermo l’incontro di mediazione già fissato anche in caso di ricezione da parte dell’organismo di mediazione di comunicazioni di mancata adesione. Orbene, nella fattispecie in esame il procedimento di mediazione non poteva essere chiuso d’ufficio, previa revoca dell’incontro già fissato, a seguito della comunicazione di mancata adesione da parte del P. e della stessa FNOVI. Nel rispetto, dunque, della lettera della citata disposizione normativa di cui all’art. 8 d.lgs. 28/2010 e conformemente alla ratio sottesa all’intera procedura di mediazione – volta a riattivare la comunicazione tra le parti litiganti al fine di renderle in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto – le parti vanno nuovamente inviate in mediazione affinché la relativa procedura si svolga correttamente a seguito di regolare fissazione di un incontro da parte del mediatore. Vanno ora chiarite le condizioni verificatesi le quali può ritenersi correttamente formata la condizione di procedibilità. Al riguardo si precisa che potrà considerarsi formata la condizione di procedibilità se vi sarà la presenza personale delle parti e se le parti hanno effettuato un tentativo di mediazione vero e proprio e ciò in considerazione della lettera e della ratio delle disposizioni di cui al d.lgs. 28/2010 e visto che l’istituto della mediazione mira ad un’effettiva interazione tra le parti di fronte al mediatore (che deve poter comprendere gli effettivi interessi delle parti) ed ad una soluzione extragiudiziale della controversia. In caso di mancata comparizione personale dell’attore la sua domanda non potrà considerarsi munita di procedibilità. Se non comparirà il convenuto senza giustificato motivo dovrà nuovamente valutarsi l’applicabilità della disposizione sulla sanzione di cui al comma 4 bis dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010. Alla luce di quanto emerso all’udienza del 17.7.20 15 sembra opportuno formulare alle parti, ex art. 185 bis c.p.c, la seguente proposta conciliativa, che potrà eventualmente anche costituire il punto di partenza del percorso conciliativo da intraprendere davanti al mediatore: art. 1) precisazione da parte della Federazione convenuta, con le stesse forme e con gli stessi mezzi utilizzati per la diffusione della notizia lamentata in citazione, del fatto che vi è stato un fraintendimento tra le parti e che la stessa Federazione non intendeva in alcun modo imputare alcuna violazione del codice deontologico ai veterinari iscritti all’Ordine di Palermo che operavano in relazione alla specifica campagna di sterilizzazione e di microchippatura dei cani nell’isola di Lampedusa; art. 2) rinunzia ad opera di parte attrice alla domanda risarcitoria formulata nel presente giudizio; art. 3) pagamento ad opera di parte convenuta, a titolo di parziale contributo alla refusione delle spese sostenute da parte attrice, della somma di € 1.500,00; P.Q.M. condanna parte resistente, che non è comparsa al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell’Erario della somma di € 518,00 (importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio); invia nuovamente le parti in mediazione affinché la relativa procedura si svolga correttamente; assegna alle parti il termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza al fine di depositare l’istanza di mediazione; formula alle parti la proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. indicata in parte motiva; fissa per la prosecuzione del giudizio l’udienza del giorno 15.12.2015, ore 11.00. Si comunichi. Il Giudice rinvia le parti in mediazione, precisando secondo una giurisprudenza oramai consolidata, che la procedibilità sarà soddisfatta soltanto se le parti svolgeranno effettivamente la mediazione.