tribunale milano

Convegno Garbagnate Milanese

MEDIAZIONE CIVILE: COME RISOLVERE FACILMENTE IL CONTENZIOSO

RELATORI:

Dott. Salvatore Zambrino – Responsabile ADR Intesa

Dott.ssa Simona Maria Travagliati – Responsabile ADR Intesa sede di Garbagnate Milanese

Dott. Luigi Majoli – Formatore e Mediatore ADR Intesa

Dott. Salvatore Primiceri – Formatore e Mediatore ADR Intesa, Esperto in Tecniche di Comunicazione

AVV. Simone Ferrari  – Direttivo Proloco Garbagnate Milanese

 

 GARBAGNATE MILANESE – 30 MARZO 2015 h. 21.00

SALA CONFERENZE AGRIMANIA – Via Milano n. 170

INFORMAZIONE E ADESIONI: formazione@adrintesa.it

Mediazione-obbligatoria

Tribunale di Nola, sentenza 24 febbraio 2015

Commento:

Ancora un provvedimento, nella fattispecie ad opera del Tribunale di Nola, con il quale si conferma l’orientamento “sistematico – evolutivo” in relazione alle conseguenze della mancata instaurazione del procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il Giudice, infatti, ritiene di aderire al “…non isolato orientamento (Cfr. Trib. Rimini, 05.8.2014) che, muovendo dalla necessità di fornire alla disciplina dettata dal d.lgs. 28/2010 una interpretazione sistematica, che sia coerente non solo con l’intero universo normativo in materia di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ma, altresì, con la ratio che ha animato il legislatore dell’Istituto della mediazione obbligatoria, individuando nell’opponente il soggetto su cui graverebbe l’onere di coltivare il giudizio e, quindi, anche gli effetti pregiudizievoli di un’eventuale improcedibilità. Con la conseguenza che, una volta dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione, il corollario giuridico di detta pronuncia non potrà che essere la conferma del decreto ingiuntivo opposto”.

Sembra opportuno ricostruire le posizioni successivamente emerse in giurisprudenza.

Come è noto, l’art. 5, co. 2 – bis, D. lgs 28/2010, prevede che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”.

Va altresì rammentato che, a norma dell’art. 5, co. 4, i commi 1 – bis e 2 del medesimo articolo 5, vale a dire le disposizioni che prevedono la mediazione obbligatoria prima del giudizio, ovvero la mediazione delegata dal giudice per le cause già pendenti, non si applicano “ ...nei procedimenti di ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.

Il legislatore ha evidentemente ritenuto che lo svolgimento della procedura di mediazione fosse sostanzialmente incompatibile con le peculiari caratteristiche del procedimento monitorio, caratterizzato dalla rapidità e assenza di previa attivazione del contraddittorio, e dell’opposizione, il cui termine di proponibilità risulta contingentato dall’art. 641 c.p.c.

In conseguenza di quanto premesso, in caso di pretesa azionata in via monitoria, l’esperimento della mediazione diviene possibile solo quando sia stata proposta opposizione, e comunque dopo l’adozione dei provvedimenti, considerati urgenti e latu sensu cautelari, sulla esecutività del provvedimento monitorio emesso.

Ora, fermo restando che ai sensi dell’art. 5, co. 2, citato, il mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice, così come nel caso di mediazione ante causam, comporta la improcedibilità della domanda giudiziale, ha costituito oggetto di vivace dibattito, in dottrina e giurisprudenza, il punto relativo a chi abbia l’onere di promuovere la mediazione, e quindi abbia interesse ad evitare la declaratoria di improcedibilità, per l’appunto con riferimento all’ipotesi di mediazione in presenza di opposizione a decreto ingiuntivo.

In ordine alla problematica in esame, due diversi orientamenti si sono successivamente contrapposti.

Secondo un primo indirizzo, che valorizza la consolidata giurisprudenza circa l’oggetto del giudizio di opposizione, la declaratoria di improcedibilità avrebbe ad oggetto la domanda sostanziale proposta in via monitoria.

Il ricorrente opposto, formalmente convenuto nel relativo giudizio, è da considerarsi attore sotto il profilo sostanziale, mentre l’opponente, che formalmente ha agito, sempre sotto il profilo sostanziale deve ritenersi convenuto.

Pertanto l’opposto, titolare della pretesa sostanziale azionata, divenuta oggetto del giudizio di opposizione, avrà l’onere di promuovere il tentativo di mediazione, subendo, in mancanza, la declaratoria di improcedibilità della domanda, che implicherebbe il venir meno della pretesa sostanziale proposta in via monitoria.

Alla base di una siffatta ricostruzione si pone la ricorrente considerazione secondo cui, diversamente opinando, si finirebbe con il produrre un irragionevole squilibrio ai danni del debitore che non solo subisce l’ingiunzione di pagamento a contraddittorio differito, ma nella procedura successiva alla fase sommaria, viene pure gravato di altro onere che, nel procedimento ordinario, non spetterebbe a lui. E ciò sulla base di una scelta discrezionale del creditore (cfr., ex multis, Trib. Varese, 18 maggio 2012, est. Buffone).

Secondo un diverso orientamento, invece, muovendo da una lato da una asserita scarsa chiarezza obbiettiva delle espressioni letterali utilizzate dal legislatore e dall’altro dall’intento di valorizzare la particolare disciplina giuridica del giudizio di opposizione, si è sostenuta, in caso di omessa mediazione, la improcedibilità della opposizione, con conseguente passaggio in giudicato del decreto opposto (cfr., ad es., Trib. Prato, 18 luglio 2011, est. Iannone; Trib. Rimini, 5 agosto 2014, est. Bernardi; e, più recentemente, Trib. Firenze, 30 ottobre 2014, est. Ghelardini).

Tale opzione ermeneutica è quella che appare più in armonia con il contesto normativo in cui si inserisce il giudizio di opposizione e, in particolare, con il sistema di sanzioni previste dall’ordinamento a fronte dell’inattività del debitore ingiunto.

Occorre innanzitutto fare riferimento alla disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 647 e 650 c.p.c. in virtù del quale, dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione tardiva, il decreto acquista esecutività.

La medesima sanzione è prevista, poi, dal richiamato art. 647 c.p.c. per l’ipotesi di costituzione tardiva dell’opponente.

Viene in rilievo, infine, il dettato dell’art. 653 c.p.c. che, per il caso di dichiarazione dell’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 c.p.c. , stabilisce che “il decreto che non ne sia già munito acquista efficacia esecutiva”.

D’altro canto, ritenere che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo comporterebbe che, in contrasto con le regole processuali proprie del rito, si porrebbe in capo all’originario ingiungente l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò contraddicendo la ratio propria del giudizio di opposizione, che ha la propria peculiarità nel rimettere l’instaurazione del giudizio – e, quindi, la sottoposizione al vaglio del giudice della fondatezza del credito oggetto d’ingiunzione  – alla libera scelta del debitore.

Del resto, se solo si considera che l’opposto è già munito di un titolo che, come detto, è destinato a consolidarsi nel caso di mancata opposizione, appare evidente che è proprio l’opponente la parte più interessata all’esito del giudizio di opposizione.

D’altra parte, con riferimento a quanto previsto dall’art. 653 c.p.c., è opportuno sottolineare che secondo la costante interpretazione della giurisprudenza di legittimità, concorde la dottrina, tale disposizione va intesa nel senso che l’estinzione del giudizio di opposizione produce gli stessi effetti dell’estinzione del giudizio di impugnazione: il decreto ingiuntivo opposto diviene definitivo ed acquista l’incontrovertibilità propria del giudicato (cfr. Corte Cassaz,. n. 4294/2004). Non sarà pertanto possibile riproporre l’opposizione e resteranno coperti da giudicato implicito tutte le questioni costituenti antecedente logico necessario della decisione monitoria (cfr. Corte Cassaz. 15178/2000).

Evidente l’analogia di ratio e di disciplina tra l’estinzione dell’opposizione a decreto ingiuntivo e quella del processo di appello (art. 338 c.p.c. secondo cui “l’estinzione del giudizio di appello… fa passare in giudicato la sentenza impugnata…”).

Inoltre, la soluzione interpretativa in parola appare maggiormente coerente anche con la finalità deflattiva che ha accompagnato l’introduzione da parte del legislatore dell’istituto della mediazione: il formarsi del giudicato sul decreto ingiuntivo opposto, infatti, esclude che possa mettersi nuovamente in discussione tra le parti il rapporto controverso mediante la riproposizione della medesima domanda.

Pertanto, sulla base del complesso di considerazioni finora svolte, il Tribunale di Nola ha ritenuto di dichiarare improcedibile l’opposizione e, per l’effetto, esecutivo il decreto ingiuntivo opposto, con spese del giudizio che, ovviamente, seguono la soccombenza.

 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI NOLA
II SEZIONE CIVILE
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA, IN PERSONA DELLA DOTT.SSA
MARIA GABRIELLA FRALLICCIARDI

 

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Ai sensi dell’art.281 sexies c.p.c.

Nella causa iscritta al nrg_____/2014

TRA

Ditta X, in persona del rappresentante p.t.____ rappresentato e difeso dall’avv._____

Opponente

NEI CONFRONTI DI

Banco ____ in persona del legale rappresentante p.t., con l’avv._______

Opposta

Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n.___/2013 emesso dal Tribunale di Nola in data_____.

 

Conclusioni: come da atti di causa e verbali di udienza del____

 

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

Con atto di citazione notificato in data 25.02.2014, la Ditta X in qualità di debitore principale e_____ in qualità di fideiussore, proponevano opposizione avverso il d.i. n. ___/2013 con il quale, in data _____questo Tribunale aveva ingiunto loro di pagare alla Banco_____ l’importo di euro 63.901,59, oltre interessi, a titolo di saldo debitore relativo al conto corrente n.1611/9353 acceso dalla ____ presso l’Istituto di credito ricorrente.

Si costituiva l’opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione perché infondata.

Alla prima udienza di comparizione della parti, questo giudice, ritenendo non sussistessero i presupposti di cui all’art. 648 c.p.c., rigettava la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, rilevato che le parti non avevano provveduto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione ex d.lgs. 28/2010, rinviava all’udienza del 05.02.2015, assegnando termine alle parti di quindi giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

All’udienza del 05.02.2015 le parti dichiaravano di non aver esperito il tentativo di conciliazione e, pertanto, chiedevano fissarsi udienza di discussione ai sensi dell‘art. 281 sexies c.p.c. al fine di dichiarare la improcedibilità dell’opposizione.

All’udienza del 24.02.2015, all’esito della discussione delle parti, il giudice ha deciso la causa dando lettura della sentenza.

Si osserva in diritto.

L’opposizione è improcedibile.

Al riguardo viene in rilievo il d.lgs. 28/2010 che, all’art. 5 ha introdotto, quale condizione di procedibilità per le controversie aventi ad oggetto, tra le parti, i contratti bancari, l’esperimento di un procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto (…), prevedendo che altresì, qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal giudice entro la prima udienza, quest’ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l’avvio del procedimento in parola.

Ai sensi dell art. 5 cit., poi, il mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice, così come nel caso di mediazione ante causam, comporta l’improcedibilità della domanda giudiziale.

Ciò premesso in ordine alla necessità di dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione atteso che, come rilevato, le parti non hanno ottemperato all’invito del giudice di avviare il procedimento di mediazione, va ora stabilito quale sia la sorte del decreto ingiuntivo opposto per effetto di detta improcedibilità dell’opposizione.

Non ignora questo giudice che sul punto, all’indomani delle prime applicazioni interpretative della disciplina richiamata, si è formato nella giurisprudenza di merito (Trib. Varese, 18.05.2012) un orientamento secondo cui, vertendo il giudizio di opposizione sulla pretesa creditoria vantata dall’opposto e gravando su quest’ultimo attore in senso sostanziale, l’onere probatorio e le relative facoltà di domanda riconvenzionale, proponendo “domanda giudiziale” dovrebbe, conseguentemente subire gli effetti dell’eventuale declaratoria di improcedibilità e, in particolare di revoca del decreto opposto.

Ritiene questo giudice di aderire al diverso e non isolato orientamento (Cfr. Trib. Rimini, 05.8.2014) che, muovendo dalla necessità di fornire alla disciplina dettata dal d.lgs. 28/2010 una interpretazione sistematica, che sia coerente non solo con l’intero universo normativo in materia di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ma, altresì, con la ratio che ha animato il legislatore dell’Istituto della mediazione obbligatoria, individuando nell’opponente il soggetto su cui graverebbe l’onere di coltivare il giudizio e, quindi, anche gli effetti pregiudizievoli di un’eventuale improcedibilità. Con la conseguenza che, una volta dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione, il corollario giuridico di detta pronuncia non potrà che essere la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

A ben vedere, infatti, tale opzione ermeneutica è quella che meglio si armonizza col contesto normativo in cui si inserisce il giudizio di opposizione e, in particolare, con il sistema di sanzioni previste dall’ordinamento a fronte dell’inattività del debitore ingiunto.

Si fa riferimento, in primo luogo, alla disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 647 e 650 c.p.c. in virtù del quale, dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione tardiva, il decreto acquista esecutività.

Medesima sanzione è prevista, poi, dal richiamato art. 647 c.p.c. per l’ipotesi di costituzione tardiva dell’opponente.

Viene in rilievo, infine, il dettato dell’art.653 c.p.c. che, per il caso di dichiarazione dell’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 c.p.c. , stabilisce che “il decreto che non ne sia già munito acquista efficacia esecutiva”.

D’altro canto, come pure correttamente evidenziato dall’opposto, ritenere che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo in capo all’ingiungente comporterebbe che, in contrasto con le regole processuali proprie del rito si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò contraddicendo la ratio del giudizio di opposizione che ha la propria peculiarità nel rimettere l’instaurazione del giudizio – e, quindi, la sottoposizione al vaglio del giudice della fondatezza del credito ingiunti – alla libera scelta del debitore.

Del resto, se solo si considera che l’opposto è già munito di titolo che, come visto, è destinato a consolidarsi nel caso di mancata opposizione, appare evidente che è proprio l’opponente la parte più interessata all’esito del giudizio di opposizione.

Come anticipato in premessa, poi, una soluzione interpretativa appare maggiormente coerente anche con la finalità deflattiva che ha accompagnato l’introduzione da parte del legislatore dell’Istituto della mediazione: il formarsi del giudicato sul decreto ingiuntivo opposto, infatti, esclude che possa mettersi nuovamente in discussione tra le parti il rapporto controverso mediante la riproposizione della medesima domanda.

Pertanto, alla stregua di tutte le considerazioni esposte l’opposizione va dichiarata inprocedibile e, per l’effetto, dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo n.___2013 emesso dal Tribunale di Nola in data ____.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate da dispositivo (….)

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale di Nola, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al nrg.____/2014, così provvede:

  1. Dichiara improcedibile l’opposizione e, per l’effetto, dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo____/2013 emesso dal Tribunale di Nola in data_____;
  2. Condanna l’opponente al pagamento, in favore di parte opposta, delle spese del giudizio di opposizione che liquida in complessivi €.8.050,00 (di cui €.8.030,00 per compensi e €.30,00 per spese) oltre il rimborso forfettario pari al 15%, oltre Iva e CPA.

 

Nola, 24.02.2015

Il Giudice
dott.ssa Maria Gabriella Frallicciardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sentenze mediazione civile

Tribunale di Pavia, sez. III civile, ordinanza 9 marzo 2015.

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Commento:

Il Tribunale di Pavia, con l’ordinanza in commento, si allinea alla giurisprudenza ormai largamente prevalente in base alla quale il tentativo di mediazione non può considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, dal momento che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione, risultando viceversa necessaria la partecipazione delle parti personalmente – o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare – che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre il primo incontro.

Ciò, in particolare, perché la valutazione circa la “mediabilità” della controversia risulta già effettuata dal giudice stesso con il provvedimento medesimo, nel quale, tra l’altro, viene articolata una proposta ai sensi dell’art. 185 – bis c.p.c., disponendosi contestualmente la mediazione delegata ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, per l’ipotesi in cui le parti ritengano di non aderire alla soluzione prospettata dal Tribunale (ovvero di svilupparla autonomamente in mediazione).

L’ordinanza in parola, dunque, appare di notevole interesse in quanto tende a compendiare due distinti orientamenti, peraltro tra loro pienamente complementari, radicatisi in giurisprudenza all’indomani dell’entrata in vigore della legge 98/2013.

Innanzitutto, sotto un profilo di principio.

La mediazione disposta dal giudice ai sensi del novellato art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010 costituisce, come è noto, condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Ai fini dell’avverarsi di detta condizione, secondo la giurisprudenza sviluppatasi a seguito delle ordinanze 17 e 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze, al cui retroterra il presente provvedimento mostra di aderire pienamente, occorre che il tentativo di mediazione sia effettivo e che le parti partecipino personalmente allo stesso, salvo ipotesi eccezionali, non risultando in ogni caso sufficiente la presenza dinanzi al mediatore dei soli avvocati che le assistono.

L’assenza della parte determinerebbe conseguenze rilevanti sulla natura stessa del tentativo di mediazione che, in quanto tale, dovrebbe dipanarsi in modo tale da consentire agli interessati di assurgere quanto più possibile al ruolo di autentici protagonisti della vicenda (auspicabilmente) destinata a favorire il recupero del rapporto tra le parti, anticamera di ogni ipotesi di conciliazione. Una trattativa svolta dai soli avvocati potrebbe anche portare ad un esito fruttuoso, ma non rappresenterebbe una mediazione vera e propria, assumendo piuttosto le sembianze di una mera transazione, in quanto tale ispirata alla (diversa) logica delle reciproche rinunce.

D’altra parte, però, la presenza personale delle parti a nulla gioverebbe, se calata all’interno di una vuota formalità mirante unicamente all’ottenimento di un verbale negativo, senza alcun tentativo concreto di soluzione stragiudiziale.

Secondo la giurisprudenza citata, infatti, la mediazione disposta dal giudice deve  essere intesa alla stregua di un tentativo di mediazione effettivamente avviato, ossia di un tavolo nel quale le parti, anziché limitarsi ad incontrarsi ed informarsi, per poi non aderire alla proposta del mediatore di procedere, adempiano effettivamente all’ordine del giudice, partecipando alla vera e propria procedura propedeutica ad una eventuale conciliazione, salvo, naturalmente, l’emergere di questioni pregiudiziali (di natura – pertanto – oggettiva) ostative al suo svolgimento.

Nella mediazione delegata dal giudice non può che essere quest’ultimo a valutare, secondo i parametri legali, i margini di componibilità stragiudiziale della controversia, con conseguente ridimensionamento della funzione del primo incontro di mediazione di cui all’art. 8, co. 1, D.lgs 28/2010, tanto più in un’ottica quale quella post riforma per la quale la mediazione è “disposta” (rectius: ordinata) dal giudice,  il quale non si limita più, pertanto, a rivolgere un mero invito alle parti, ma esercita un potere affidatogli dalla legge la cui conseguenza immediata è di condizionare la procedibilità del giudizio pendente dinanzi a sé.

In secondo luogo, sotto un profilo attinente al modus operandi del giudice.

Nel provvedimento in esame, infatti, viene ribadita la cumulabilità tra proposta transattiva o conciliativa formulata dal giudice ex art. 185 – bis c.p.c. e mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.

Si tratta di una tecnica inaugurata dal Tribunale di Roma, sez. XIII civile, con l’ordinanza 24 ottobre 2013 e che, come ormai ben noto, è divenuta in seguito di utilizzo comune.

In sostanza, formulata la proposta e assegnato un congruo termine per la valutazione della medesima, il giudice dispone che dalla eventuale infruttosa scadenza dello stesso decorrerà il termine ulteriore di 15 gg. per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, l’istanza relativa alla mediazione disposta ex ante dal giudice stesso in previsione dell’eventualità di non adesione alla proposta.

Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo  le parti potranno anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni a riguardo (naturalmente con riferimento alla sola proposta del giudice), anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle stesse, ai fini degli artt. 91 e 96, co. 3, c.p.c.

Si tratta di una tecnica che appare convincente, in quanto, nell’ipotesi in cui le parti (o una di esse) non ritenessero di aderire alla proposta giudiziale, quest’ultima potrebbe in ogni caso fungere da base di trattativa passibile di sviluppi autonomi, da verificarsi nel successivo (ma preventivato) tavolo di mediazione.

Ben potrà, infatti, il mediatore, anche sulla base dell’eventuale proposta formulata dal giudice e dei motivi per i quali una delle parti (o entrambe) non abbia ritenuto di accoglierla, estendere il tentativo conciliativo a profili emersi successivamente alla formulazione della proposta stessa o, comunque, se già esistenti, non entrati nel thema decidendum, superando così il vincolo rappresentato, nel giudizio, dalla corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Per depositare un’ istanza presso ADR Intesa, sede di Pavia: pavia@adrintesa.it e info@adrintesa.it – tel. 06.87463699

Testo integrale:

 TRIBUNALE DI PAVIA

Sezione III Civile
Dott. Giorgio Marzocchi

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
promosso da
……..
attore-opponente
contro
……..
convenuto-opposto

Il giudice istruttore del Tribunale di Pavia, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 4.03.2015,

Osserva

da una delibazione degli atti e dei documenti del fascicolo; dall’esito dell’interrogatorio libero esperito anche a fini conciliativi all’ultima udienza del 4.03.2015; dalla disponibilità delle parti manifestata in esito al fallimento del tentativo di conciliazione giudiziale, discende l’opportunità di disporre l’esperimento di una procedura di mediazione, previa proposta giudiziale di conciliazione della lite;

Visto l’art. 185 bis, cpc, considerata la natura della causa, il valore della lite e le questioni di diritto non particolarmente complesse che vengono in considerazione nel presente giudizio;

Si propone alle parti:

di definire amichevolmente la lite nel modo seguente: la società opponente s’impegni ad effettuare un pagamento, a saldo e stralcio in favore dell’opposto, per il titolo dedotto in giudizio, della somma di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), da intendersi onnicomprensive di capitale, interessi e concorso nelle spese legali (al lordo di tutti gli accessori). La somma potrà essere corrisposta in parte alla conclusione dell’accordo e in parte in rate mensili.

Si invitano i difensori, ove condividessero l’opportunità della proposta transattiva giudiziale, a prendere contatto tra loro per definire le concrete modalità del pagamento, invitandoli, ove preferissero formalizzare l’accordo in un verbale di conciliazione giudiziale, ad avanzare apposita istanza di anticipazione dell’udienza.
In caso di mancato accordo – da accertarsi a cura dei difensori entro il termine perentorio del 15.04.2015 – sulla sopra formulata proposta giudiziale o su altra liberamente determinabile nell’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti

 Dispone come segue:

Considerato lo stato dell’istruzione, la natura della causa e il comportamento delle parti;
Ritenuto opportuno ordinare il tentativo di mediazione in vista di una possibile conciliazione della lite, alla luce degli elementi in fatto e di diritto già emersi;
Ritenuto che il tentativo di mediazione non possa considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, essendo evidente che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione ed essendo al contrario necessaria la partecipazione delle parti personalmente – o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare – che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre l’incontro preliminare (ex multis, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14; Trib. Roma, Ord. 30.06.14; Trib. Firenze, Ord. 26.11.2014; Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15);

Viste le modifiche introdotte dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013;

 PQM

 Letto ed applicato l’art. 5, co. 2, D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28,

Ordina alle parti, in caso di mancato accordo entro il 15.04.2015 sulla proposta giudiziale sopra formulata, l’esperimento del procedimento di mediazione, ponendo l’onere dell’avvio della procedura a carico della parte più diligente e avvisando entrambe le parti che, per l’effetto, il tempestivo esperimento del tentativo di mediazione – presenti le parti o i loro procuratori speciali e i loro difensori – sarà condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che, considerato che il giudizio sulla mediabilità della controversia è già dato con il presente provvedimento, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti;

Visti gli artt. 8, co. 4-bis, D.Lgs. 28/2010, 116, co. 2, 91 e 96 cpc, invita il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare;

Ordina alla parte più diligente di allegare la presente ordinanza anche in copia “libera” all’istanza di avvio della mediazione o all’adesione alla stessa, in modo che il mediatore possa averne compiuta conoscenza;

Rinvia la causa all’udienza del 23 settembre 2015, ore 10,30

1) per la verifica dell’esito della procedura di mediazione e, in caso suo esito negativo,
2) per la trattazione orale sulla sussistenza delle condizioni e sull’opportunità per le parti di presentazione dell’istanza congiunta, ex art. 1, co. 1, D.L. 132/14, convertito in L. 162/14, di trasferimento del giudizio alla sede arbitrale forense, ex art. 1, co. 4, L. cit., con invio del fascicolo al Presidente dell’Ordine Avvocati di Pavia;
3) in subordine, in caso di mancanza dell’istanza congiunta di cui sopra, per la precisazione delle conclusioni.

Assegna alle parti il termine perentorio del 30.04.2015 per la presentazione della domanda di avvio della procedura di mediazione da depositarsi presso un Organismo, regolarmente iscritto nel registro ministeriale, che svolga le sue funzioni nel circondario del Tribunale di Pavia, ex. art. 4, co. 1, D. Lgs. 28/2010;

Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.

Pavia, 9 marzo 2015
Dott. Giorgio Marzocchi

Per depositare un’ istanza presso ADR Intesa, sede di Pavia: pavia@adrintesa.it e info@adrintesa.it – tel. 06.87463699

mediazione obbligatoria conciliazione

Tribunale di Vasto, sentenza 9 marzo 2015.

Commento:

Ancora una pronuncia nella quale si conferma l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale sviluppatosi all’interno del solco tracciato dalle ”celebri” ordinanze del Tribunale di Firenze del 17 e 19 marzo 2014.

In sostanza: il tentativo di mediazione, nella fattispecie disposto dal giudice ex art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, deve essere effettivamente avviato, ossia le parti, anziché limitarsi ad incontrarsi ed informarsi, per poi non aderire alla proposta del mediatore di procedere, sono tenute ad adempiere effettivamente all’ordine del giudice, partecipando alla vera e propria procedura (auspicabilmente) conciliativa, salvo, naturalmente, l’emergere di questioni pregiudiziali (di natura – pertanto – oggettiva) ostative al suo svolgimento.

Affinchè possa parlarsi di tentativo “effettivo”, però, occorre ovviamente la partecipazione personale delle parti, assistite dai propri avvocati e non “sostituite” da questi ultimi, salvo – beninteso – situazioni eccezionali, nelle quali, peraltro, occorrerà che i legali risultino dotati di idonei poteri di rappresentanza sostanziale.

L’assenza delle parti, infatti, determina conseguenze rilevanti sulla natura stessa del tentativo di mediazione che, in quanto tale, dovrebbe dipanarsi in modo tale da consentire agli interessati di assurgere quanto più possibile al ruolo di autentici protagonisti di una vicenda destinata a favorire il recupero del rapporto tra le parti, anticamera di ogni ipotesi di conciliazione. Una trattativa svolta dai soli avvocati potrebbe anche portare ad un esito fruttuoso, ma non rappresenterebbe una mediazione vera e propria, assumendo piuttosto le sembianze di una mera transazione, in quanto tale ispirata alla (diversa) logica delle reciproche rinunce.

I principi appena riassunti sono stati configurati con riferimento alla mediazione delegata di cui all’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, ma da più parti si è osservato, come gli stessi possano a buon diritto essere estesi anche  alla mediazione ante causam di cui all’art. 5, co. 1 – bis, del medesimo decreto legislativo 28/2010, dato che in entrambe le ipotesi il tentativo costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Nel caso di specie, il giudice istruttore, ritenuto che il comportamento delle parti, apparentemente disponibili all’individuazione di una soluzione conciliativa della controversia, fosse tale da consigliare il ricorso a soluzioni amichevoli, disponeva, ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, l’esperimento della mediazione.

Il relativo procedimento, però, veniva chiuso dal mediatore in quanto la parte chiamata non riteneva sussistenti i presupposti per l’inizio di un confronto nel merito, peraltro all’esito di un primo incontro nel quale le parti non risultavano comparse personalmente.

Il Giudice rileva innanzitutto come la natura stessa della mediazione richieda che all’incontro con il mediatore siano presenti (anche e soprattutto) le parti di persona.

L’istituto, infatti, “…mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto; questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. Nella mediazione è fondamentale, infatti, la percezione delle emozioni nei conflitti e lo sviluppo di rapporti empatici ed è, pertanto, indispensabile un contatto diretto tra il mediatore e le persone parti del conflitto. Il mediatore deve comprendere quali siano i bisogni, gli interessi, i sentimenti dei soggetti coinvolti e questi sono profili che le parti possono e debbono mostrare con immediatezza, senza il filtro dei difensori (che comunque assistono la parte). D’altronde, il principale significato della mediazione è proprio il riconoscimento della capacità delle persone di diventare autrici del percorso di soluzione dei conflitti che le coinvolgono e la restituzione della parola alle parti per una nuova centratura della giustizia, rispetto ad una cultura che le considera ‘poco  pensabile applicare analogicamente alla mediazione le norme che, ‘nel processo’, consentono alla parte di farsi rappresentare dal difensore o le norme sulla rappresentanza negli atti negoziali. La mediazione può dar luogo ad un negozio o ad una transazione, ma l’attività che porta all’accordo ha natura personalissima e non è delegabile. 

In secondo luogo, occorre considerare che gli avvocati delle parti (mediatori di diritto secondo la stessa legge) sono senza dubbio già a conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità (come, peraltro, si desume dal fatto che essi, prima della causa, devono fornire al cliente l’informativa di cui all’art. 4, co. 3, D.lgs 28/2010), di talché non avrebbe senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore in vista di una inutile informativa.” Pertanto, osserva il Giudice, “…ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. L’ipotesi che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore per le informazioni appare particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di ‘mediabilità’ del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare “la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”).

Si perviene, quindi, al passaggio che – ad avviso di chi scrive – risulta rivestito della massima importanza.

Alla luce delle considerazioni che precedono, infatti, il giudice ritiene che “…sia per la mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, sia per la mediazione demandata dal giudice, ex art. 5, comma 2, è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dal successivo art. 8) all’incontro con il mediatore”.

Graverà quindi sul mediatore stesso, in quanto soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, l’onere di adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti “…ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore), per il caso di assoluto impedimento a comparire”.

La parte interessata in senso contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà pertanto “…l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri”. Soltanto una volta accertato che la procedura non si è potuta svolgere a causa dell’indisponibilità della parte invitata la condizione di procedibilità potrà considerarsi verificata, per l’ovvia ragione che altrimenti lo stesso chiamato potrebbe, con la propria volontaria (o comunque colpevole) inerzia, addirittura “…beneficiare delle conseguenze favorevoli di una declaratoria di improcedibilità della domanda, che paralizzerebbe la disamina nel merito delle pretese avanzate contro di sé”.

Nel caso di specie, come evidenziato in precedenza, nella mediazione demandata dal giudice non sono comparse personalmente né la parte attrice, né la parte convenuta, mentre in loro rappresentanza “…sono intervenuti soltanto i difensori, i quali non hanno, peraltro, esposto al mediatore alcun giustificato motivo dell’assenza dei rispettivi assistiti. Il mediatore ha dichiarato chiuso il procedimento, senza dare atto a verbale delle ragioni della assenza delle parti e delle eventuali iniziative adottate al fine di procurare la comparizione personale delle stesse. La procedura non si è, pertanto, svolta correttamente, in particolar modo a causa della ingiustificata assenza della parte che ha presentato (su disposizione del giudice) la domanda di mediazione…”.

Su queste basi, dunque, la declaratoria di improcedibilità della domanda.

In conclusione, dunque, va sottolineato il fatto che se è vero, da un lato, che nella mediazione delegata è il giudice a valutare nel caso concreto i margini di “mediabilità” della controversia, è anche vero, dall’altro, che nelle materie di cui all’art. 5, co. 1 – bis, D.lgs 28/2010, detta valutazione risulta già operata in astratto dal legislatore. Non si vede quindi perchè le stesse considerazioni in ordine alla partecipazione personale delle parti al procedimento ed alla effettività del tentativo non debbano valere anche (ed a maggior ragione) laddove l’esperimento della mediazione condiziona la procedibilità della domanda giudiziale ab inizio.

L’assimilazione in parola, come si evince anche dal caso sopra considerato, è stata già fatta più volte propria dalla giurisprudenza, a partire dalla ordinanza 17 marzo 2014 del Tribunale di Firenze.

 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI VASTO

 

in composizione monocratica, nella persona del dott. Fabrizio Pasquale, alla pubblica udienza del 09.03.2015, al termine della discussione orale disposta ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., ha pronunciato la seguente

 SENTENZA

dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, nel procedimento civile iscritto al n. 1221/12 del Ruolo Generale Affari Civili, avente ad oggetto: VENDITA DI COSE MOBILI e promosso da La Nuova O.C.M. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti di Rei Residence s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambi rappresentati e difesi come in atti.

LETTI gli atti e la documentazione di causa;

ASCOLTATE le conclusioni rassegnate dai difensori delle parti;

PREMESSO IN FATTO CHE

La Nuova O.C.M. s.n.c., assumendo di avere stipulato con la società convenuta un contratto di fornitura e posa in opera di serramenti in alluminio per un fabbricato in corso di costruzione di proprietà della Rei Residence s.r.l. per un corrispettivo di € 140.000,00, ha convenuto in giudizio, innanzi a questo Tribunale, la società committente per ivi sentirla condannare al versamento della somma di € 96.221,35, a titolo di saldo asseritamente dovuto per tutte le forniture pattuite ed eseguite, ma non ancora pagate dalla convenuta.

La Rei Residence s.r.l., costituitasi in giudizio, si è opposta all’accoglimento della domanda, sull’assunto che la fornitura dei materiali non sarebbe stata ultimata e che i manufatti consegnati presenterebbero vizi e difetti; ha, pertanto, concluso per il rigetto della domanda, a motivo della sua infondatezza, chiedendo in via riconvenzionale la condanna di controparte al pagamento della somma di € 163.250,35 a titolo di risarcimento danni.

In corso di causa, il giudice istruttore, ritenuto che il comportamento delle parti (resesi disponibili alla individuazione di una soluzione conciliativa della controversia) suggeriva il ricorso a soluzioni amichevoli della lite, disponeva – ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10 – l’esperimento del procedimento di mediazione, il quale veniva dichiarato chiuso dal mediatore per mancata prestazione del consenso da parte della società convenuta.

RITENUTO IN DIRITTO CHE

Lo scrutinio nel merito delle rispettive domande delle parti deve essere anticipato dalla trattazione di una questione pregiudiziale, relativa alla procedibilità della domanda, che assume carattere dirimente. Da quanto risulta dal verbale del procedimento di mediazione n. 25/14, instaurato innanzi all’organismo di mediazione istituito presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, in sede di primo incontro svoltosi davanti al mediatore, le parti non sono comparse personalmente e la procedura si è chiusa poiché la società convenuta non ha prestato il proprio consenso al relativo espletamento. Orbene, a tal proposito, è appena il caso di evidenziare che le disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 28/2010 (come modificato dalla legge n. 98/2013), lette alla luce del contesto europeo nel quale si collocano (cfr. in particolare, direttiva comunitaria 2008/52/CE) impongono di ritenere che l’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte (o di un di lei delegato), accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato della parte. Molteplici sono le argomentazioni che consentono di giungere a tale conclusione. a) Innanzitutto, la natura della mediazione di per sé richiede che all’incontro con il mediatore siano presenti (anche e soprattutto) le parti di persona. L’istituto, infatti, mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto; questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. Nella mediazione è fondamentale, infatti, la percezione delle emozioni nei conflitti e lo sviluppo di rapporti empatici ed è, pertanto, indispensabile un contatto diretto tra il mediatore e le persone parti del conflitto. Il mediatore deve comprendere quali siano i bisogni, gli interessi, i sentimenti dei soggetti coinvolti e questi sono profili che le parti possono e debbono mostrare con immediatezza, senza il filtro dei difensori (che comunque assistono la parte). D’altronde, il principale significato della mediazione è proprio il riconoscimento della capacità delle persone di diventare autrici del percorso di soluzione dei conflitti che le coinvolgono e la restituzione della parola alle parti per una nuova centratura della giustizia, rispetto ad una cultura che le considera ‘poco capaci’ e, magari a fini protettivi, le pone ai margini. Non è, dunque, pensabile applicare analogicamente alla mediazione le norme che, ‘nel processo’, consentono alla parte di farsi rappresentare dal difensore o le norme sulla rappresentanza negli atti negoziali. La mediazione può dar luogo ad un negozio o ad una transazione, ma l’attività che porta all’accordo ha natura personalissima e non è delegabile. b) In secondo luogo, i difensori (definiti mediatori di diritto dalla stessa legge) sono senza dubbio già a conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità (come, peraltro, si desume dal fatto che essi, prima della causa, devono fornire al cliente l’informazione prescritta dall’art. 4, comma 3 del D. Lgs n. 28/2010), di talché non avrebbe senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore in vista di una inutile informativa. Ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. L’ipotesi che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore per le informazioni appare particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di ‘mediabilità’ del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare “la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”). Questo presuppone anche un’adeguata informazione ai clienti da parte dei difensori; inoltre, in caso di lacuna al riguardo, lo stesso giudice, qualora verifichi la mancata allegazione del documento informativo, deve a sua volta informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Come si vede, dunque, sono previsti plurimi livelli informativi e non è pensabile che il processo venga momentaneamente interrotto per un’ulteriore informazione anziché per un serio tentativo di risolvere il conflitto.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudice ritiene che, sia per la mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, sia per la mediazione demandata dal giudice, ex art. 5, comma 2, è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dal successivo art. 8) all’incontro con il mediatore. Graverà su quest’ultimo, in qualità di soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, l’onere di adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti, ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore), per il caso di assoluto impedimento a comparire. La parte che avrà interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri. Solo una volta acclarato che la procedura non si è potuta svolgere per indisponibilità della parte che ha ricevuto l’invito a presentarsi in mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi avverata, essendo in questo caso impensabile che il convenuto possa, con la propria colpevole o volontaria inerzia, addirittura beneficiare delle conseguenze favorevoli di una declaratoria di improcedibilità della domanda, che paralizzerebbe la disamina nel merito delle pretese avanzate contro di sè. Negli altri casi e, segnatamente, quando è la stessa parte che ha agito (o che intende agire) in giudizio a non presentarsi personalmente in una procedura di mediazione da lei stessa attivata (anche su ordine del giudice), la domanda si espone al rischio di essere dichiarata improcedibile, per incompiuta osservanza delle disposizioni normative che impongono il previo corretto esperimento del procedimento di mediazione.

Nel caso in esame, nella procedura di mediazione demandata dal giudice non sono comparse personalmente né la parte attrice, né la parte convenuta, mentre in loro rappresentanza sono intervenuti soltanto i difensori, i quali non hanno, peraltro, esposto al mediatore alcun giustificato motivo dell’assenza dei rispettivi assistiti. Il mediatore ha dichiarato chiuso il procedimento, senza dare atto a verbale delle ragioni della assenza delle parti e delle eventuali iniziative adottate al fine di procurare la comparizione personale delle stesse. La procedura non si è, pertanto, svolta correttamente, in particolar modo a causa della ingiustificata assenza della parte che ha presentato (su disposizione del giudice) la domanda di mediazione, vale a dire del legale rappresentante della società attrice La Nuova O.C.M. s.n.c., che aveva interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Occorre, pertanto, rilevare d’ufficio il mancato avveramento della condizione di procedibilità, ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 28/10 e assumere le conseguenziali determinazioni decisorie. A tal riguardo, secondo questo giudicante, non vi è altra possibilità se non quella di dichiarare l’improcedibilità della domanda attorea. Non è praticabile, per converso, l’alternativa soluzione di assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione, essendo questa già stata definita. La norma dell’art. 5, comma 1-bis, D. Lgs. n. 28/10, che impone al giudice l’obbligo di assegnare alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione e di fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6, si applica soltanto al caso in cui la mediazione è già iniziata ma non si è ancora conclusa e al caso in cui essa non è stata affatto esperita, ma non anche alla diversa ipotesi (come quella in esame) in cui la mediazione è stata tempestivamente introdotta e definita, ma in violazione delle prescrizioni che regolano il suo corretto espletamento.

Quanto al regime delle spese processuali, l’assoluta novità della questione, l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità sul punto e la natura meramente processuale delle ragioni di reiezione della domanda, costituiscono eccezionali motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

 Per Questi Motivi

 Il Tribunale di Vasto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda promossa da La Nuova O.C.M. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti di Rei Residence s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o conclusione, così provvede:

DICHIARA improcedibile la domanda di cui in epigrafe;

DICHIARA interamente compensate tra le parti le spese di lite;

MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza;

DISPONE che la presente sentenza sia allegata al verbale di udienza.

 

Così deciso in Vasto, il 09.03.2015.

IL GIUDICE dott. Fabrizio Pasquale

Convegno Saronno

LA MEDIAZIONE CIVILE SPIEGATA AI CITTADINI

Con il patrocinio del Comune di Saronno e accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio

 

RELATORI:

Dott. Salvatore Zambrino – Responsabile ADR Intesa

Dott.ssa Mariachiara Baldinucci – Responsabile ADR Intesa sede  di Saronno

Dott. Luigi Majoli – Formatore e Mediatore ADR Intesa

Dott. Salvatore Primiceri – Formatore e Mediatore ADR Intesa, Esperto in Tecniche di Comunicazione

AVV. Paola Conti  – Presidente dell’Associazione Forense Saronnese

 

 SARONNO – 30 MARZO 2015 h. 16.00

AUDITORIUM ALDO MORO – Viale Santuario n. 13

INFORMAZIONE E ADESIONI: formazione@adrintesa.it

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