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Settimana Nazionale della Conciliazione delle Camere di Commercio

La settimana nazionale della Conciliazione delle Camere di Commercio, nona edizione, si terrà dall’8 al 14 ottobre. Il tradizionale appuntamento promosso dal Sistema delle Camere di Commercio su tutto il territorio nazionale.

In tutte le Camere di Commercio d’Italia, la Settimana prevede un programma denso di convegni, workshop, campagne informative e corsi di formazione, orientati a diffondere le novità legislative e i vantaggi di questo tipo di giustizia alternativa e, allo stesso tempo, volti a rilanciare nuovi accordi e collaborazioni con gli ordini professionali.

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Mancata comparizione parte istante in mediazione e forme del conferimento della rappresentanza

Mancata comparizione parte istante in mediazione: il Tribunale di Roma, sez. distaccata di Ostia, con l’ordinanza 22 agosto 2012 ha avuto modo di fornire un ulteriore contributo alla ricostruzione interpretativa di due aspetti che spesso, all’interno del procedimento di mediazione, rappresentano altrettante criticità.
In primo luogo, si afferma come il mero deposito della domanda di mediazione, nelle materie di cui all’art. 5 d.lgs n. 28/20100, cui non consegua la effettiva presentazione della parte istante dinanzi al mediatore, non soddisfa il requisito minimo di legge perché possa affermarsi esperito il procedimento di mediazione e verificatasi la condizione di procedibilità dell’azione. La mancata partecipazione del proponente va senz’altro parificata, quindi, all’ipotesi in cui la mediazione non sia stata tout court attivato, con la conseguenza che va assegnato alle parti il termine di quindici giorni per la valida instaurazione del procedimento medesimo.
Si rileva, a tale proposito, come “…la previsione, per talune materie, di una condizione di procedibilità comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperita dinanzi al mediatore, sia pure con le modalità sopra indicate, con la conseguenza che, per ritenersi esperita la condizione di procedibilità, l’unico soggetto legittimato secondo legge a redigere il verbale di esito negativo della mediazione è il mediatore e non la segreteria dell’organismo di mediazione.
Ai fini, quindi, della corretta applicazione delle previsioni normative di riferimento, questa direzione, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, invita gli organismi di mediazione ad adeguarsi alla presente circolare nei sensi di cui sopra, limitando alla sola fattispecie della mediazione volontaria l’applicazione di una eventuale previsione del regolamento di procedura che abbia contenuto analogo a quello preso in esame
“.

Con il successivo D.M. 6 luglio 2011 n. 145 tale orientamento veniva confermato prevedendosi nei casi di mediazione obbligatoria la necessaria presenza della parte istante al fine di consentire al mediatore di incontrare almeno tale parte e se del caso accertare l’effettiva impossibilità di un’utile prosecuzione dell’esperimento. Solo all’esito di tale incontro e verbalizzazione l’organismo di mediazione è abilitato ad attestare l’esito negativo della media conciliazione per la mancata presenza della parte chiamata.
Poiché non si tratta di fonte normativa primaria è opportuno uno scrutinio di legittimità di tale disposizioni che solo se conformi alla legge potranno trovare applicazione da parte del giudice ordinario.
Ebbene si ritiene la sostanziale conformità (sia pure con la consapevolezza del relativismo storico della interpretazione normativa, che per quanto ci occupa deve confrontarsi con una cultura nazionale ancora largamente distante dalla media-conciliazione) al decreto legislativo 28/10 della disposizione che prevede che ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso (vale a dire anche nel caso in cui la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione) davanti al mediatore.
Ciò in quanto deve essere il mediatore ad accertare ed attestare la mancata comparizione della controparte e la conclusione negativa del procedimento di mediazione.

Diversamente opinando si correrebbe il rischio, specialmente nell’attuale periodo di ancora diffusa diffidenza verso l’istituto della mediazione, di prestare il fianco a condotte delle parti non corrette (in quanto sostanzialmente aventi lo scopo di bypassare tout court la mediazione ovvero, che è lo stesso, di espropriare surrettiziamente il mediatore delle funzioni che la legge gli attribuisce).
Tali condotte si possono articolare nei modi più vari, ad esempio con scambio di corrispondenza fra le parti che, al di fuori del procedimento di mediazione, si diano reciprocamente atto della impossibilità o inutilità della procedura di mediazione; con comunicazioni di analogo contenuto dirette all’organismo di mediazione e simili (va segnalato a proposito la recente modifica del regolamento dell’Organismo Forense di Roma nel quale è stato introdotta all’art.13 una disposizione che non merita in questa sede specifica ed approfondita valutazione ma che potrebbe risultare non in linea con la necessità che il tentativo di mediazione sia esperito, in modo sostanziale e non meramente formale, davanti al mediatore ed ad opera di questi).
In secondo luogo, il Giudice si sofferma sulle problematiche derivanti dalla circostanza che il decreto legislativo n. 28/2010 non disciplina la materia della rappresentanza delle parti nel procedimento di mediazione, specialmente quando, come nel caso di specie, si tratti di persone giuridiche.
Con specifico riferimento al caso in esame, infatti, erano presenti non le parti personalmente (in questo caso sarebbe più esatto dire, trattandosi di persone giuridiche, attraverso i loro organi), ma i loro avvocati.
Osserva infatti il giudice come nulla fosse possibile dire “…circa i poteri e la rappresentatività di essi difensori non essendovi sufficienti indicazioni in atti (…)” si può, per quanto qui interessa, ipotizzare e concedere che avessero gli usuali (informali) poteri rappresentativi degli avvocati in mediazione.
Il vero problema è che quand’anche il difensore della parte istante fosse stato munito dei più ampi poteri rappresentativi, di fatto la sua presenza veniva sterilizzata e resa vana, ridotta a non più di un mero nuncius, dalla preventiva comunicazione espressa ed univoca del suo cliente, diretta al mediatore, con la quale la srl Alfa in modo tranciante e definitivo dichiarava che non sarebbe comparsa ritenendo fallito l’esperimento di mediazione.

Tale dichiarazione costituiva un limite formidabile per qualsiasi attività dell’avvocato della parte istante (srl Alfa) che non avrebbe potuto, senza entrare in plateale contraddizione con la volontà del suo Cliente, essendo peraltro ciò preclusogli oltre che dal buon senso e dalla deontologia anche dalle comuni norme regolanti il mandato, aggiungere o modificare alcunché alla chiara e tranciante (manifestazione di) volontà di chiusura dell’esperimento inviata al mediatore dalla ricorrente. Ne deriva che, presente la parte convenuta in mediazione, non lo era, nell’accezione sostanziale conforme al dettato dell’art.5 del decr.lgsl.28/10, la parte istante. Situazione ancor più grave di quella presa in considerazione dal D.M. 145/2010 che non arriva a prendere posizione sul caso in cui in presenza della parte convocata la sia la parte istante a non comparire e ciò per la elementare ragione che in questo caso è di palmare evidenza la irritualità del procedimento di mediazione)”.
In definitiva, dunque, ad avviso del Tribunale “… la presenza nel procedimento di mediazione, in luogo delle parti, di soggetti, avvocati o meno, che le rappresentano è sempre ammessa a prescindere dalle modalità del conferimento del potere rappresentativo. Ed invero va considerato che nessuna norma impone che nella media-conciliazione il conferimento della rappresentanza avvenga con specifiche forme (scrittura privata autenticata o atto pubblico) mentre è certo che alla mediazione si applicano le norme di portata generale di cui agli artt. 1392 e 1393 c.c. (per cui il conferimento del potere rappresentativo ha il solo limite di seguire la forma dell’atto da compiere). Laddove il rappresentante della parte istante nella mediazione obbligatoria, come nel caso in esame, sia stato ridotto a mero nuncius la procedura di mediazione, ai fini della procedibilità dell’azione giudiziale, non può ritenersi ritualmente esperita”.

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La riforma del condominio

Sono ripresi i lavori alla Camera sul testo del disegno di legge sulla riforma del condominio (ddl c. 4041). Il progetto di legge, dopo il passaggio alla Camera, è destinato a tornare in seconda lettura a Palazzo Madama, dove verrà, verosimilmente, approvato in maniera definitiva.
Per quanto concerne in particolare la mediazione, nel testo attualmente all’esame dei deputati è prevista l’aggiunta, alle disposizioni per l’attuazione del codice civile, dell’art. 74 quater, secondo il quale:
Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice civile.
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.
Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare
”.
Tra gli ulteriori emendamenti apportati al testo della riforma del condominio va segnalata l’aggiunta del sottotetto alle parti comuni, quando presenta caratteristiche strutturali e funzionali all’uso comune dei i condomini. Sempre riguardo le parti comuni condominiali sembrerebbe soppressa la disposizione sulle maggioranze da rispettare per disporre le modifiche alle destinazioni di uso, anche se rimane nel testo la possibilità di diffida da parte di ogni singolo condomino nei confronti di altro condomino che muta la destinazione d’uso di una parte comune.
Per la suddivisione delle parti comuni occorre l’unanimità dell’assemblea di condominio.
Sulla possibilità di installare telecamere e dispositivi per la videosorveglianza, installate nelle parti comuni, il testo della riforma prevede che si abbia la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 del codice civile (“In prima convocazione quorum di 2/3 del valore e maggioranza per teste, e delibere approvate con la maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio. In seconda convocazione basta la maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”). E sulle maggioranze, viene stabilito che per l’installazione di impianti alimentati a energie rinnovabili occorre quella stabilita sempre dall’art. 1136.
Peraltro viene prevista l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. Il distacco dall’impianto centralizzato del condominio da parte di un singolo condomino è possibile, a patto che possa dimostrare che i problemi di riscaldamento derivano dall’impianto comune.
Chi subentra nella proprietà di un alloggio, diventa responsabile delle spese condominiali non sostenute dal precedente proprietario a partire dalla data del subentro. Sempre con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c. è prevista la possibilità di pubblicare un sito internet del condominio, dal quale sia possibile scaricare i rendiconti, i verbali di assemblea e tutti i documenti di rilievo.
Nell’ambito degli alloggi di proprietà esclusiva, viene vietato l’apposizione di limiti alla destinazione d’uso. Collegato a questo emendamento è anche quello che vieta l’imposizione di non possedere animali da compagnia.
Presso l’ufficio competente dell’Agenzia del Territorio, viene istituito il Repertorio dei condomini e dei loro amministratori.

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Tribunale Siena e assenza istante: atto in frode alla legge

Il Tribunale di Siena, con sentenza 25 giugno 2012, pone un interessante principio in materia di osservanza dell’obbligo di procedere al tentativo di mediazione nelle ipotesi di cui all’art. 5 del D.lgs n. 28/2010.
La mediazione, come è noto, persegue il precipuo scopo di contribuire alla deflazione del contenzioso mediante un procedimento stragiudiziale preventivo. L’obbligo legislativamente imposto, in determinate materie, di procedere al tentativo, non può considerarsi assolto dal mero deposito della domanda cui non faccia seguito alcun comportamento, ad opera della parte istante, che risulti effettivamente idoneo a dare seguito al procedimento dinanzi al mediatore.
Conseguentemente, ad avviso del Tribunale, il comportamento manifestamente elusivo di una norma imperativa posta a tutela del principio del giusto processo, nonché dell’interesse pubblico ad una complessiva riduzione dei carichi della giustizia civile, verrebbe ad integrare gli estremi della frode alla legge.
Come rilevato dal giudice, infatti, le S.U. della Corte di Cassazione, fin dalla sent. n. 302/1967 ribadiscono che deve essere considerato adottato in frode alla legge qualunque atto o comportamento che tenda a raggiungere fini contrari alla legge o ad ovviare a divieti tassativi di legge (si richiamano anche le S.U. Cassaz. n. 63/1973 e n. 4414/1981).
Qui di seguito il testo della pronuncia riportata.

Tribunale Ordinario di Siena
Sezione Unica
Sentenza 25 giugno 2012
RG 772/ 2011
Tribunale Ordinario di Siena
Sezione Unica
Verbale di udienza
Nel procedimento iscritto al n. 772 /2011 R.G., avente ad oggetto “ Contratti Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario)” , promosso da
S. S.A.S., omissis;
M., omissis T., omissis MA., omissis
Parte attrice Parte attrice Parte attrice
Parte attrice
BANCA xxx SPA, omissis
CONTRO
Parte convenuta
all’udienza del 25/06/2012 ore 14.25 avanti il GU dott. Stefano Caramellino sono presenti:
– per parte attrice l’avv. omissis
– per parte convenuta l’avv. omissis
Il giudice invita parte attrice opponente a giustificare l’omessa partecipazione al procedimento di mediazione.
Parte attrice nulla dichiara a tale proposito, ma produce lettera di rinuncia al mandato con una comunicazione via fax al n.0xxx e un avviso di ricevimento datato 24.05.2012 a Mxxx S.R.L.
Il giudice
***
rilevato che la rinuncia al mandato non risulta comunicata né via posta, né via fax ad alcuno dei soggetti che sono parti del presente giudizio, ma al contrario ad una società terza e ad un numero di fax che visibilmente non corrisponde in nulla a quello dell’attore opponente M
considerato che la rinuncia al mandato è atto recettizio
ritenuta pertanto l’inefficacia della rinuncia oggi prodotta, comunque non ostativa della prorogatio dei poteri doveri difensivi ex art. 85 cpc
rilevato che parte attrice S. S.A.S. , in persona del legale rappresentante pro tempore, nonostante quanto disposto dal giudice con ordinanza 29.09.2011, non ha partecipato al procedimento di mediazione obbligatoria
considerato che l’art. 8, co.5 ultimo periodo d.lgs. 28/2010 introdotto dall’art. 2, co. 35 sexies d.l. 138/2011, così come modificato dalla legge di conversione 148/2011, sanziona tale condotta con condanna a beneficio dell’Erario e non prevede alcuna discrezionalità in capo al giudice per tale ipotesi e che tale legge di conversione è entrata in vigore il 17.09.2011 ai sensi del suo art. 1, co.6
ritenuto che nessuna espressione normativa consenta di argomentare che la novella si applichi alle sole procedure di mediazione instaurate dopo la sua data di entrata in vigore, né tantomeno alle sole procedure di mediazione obbligatoria attinenti a processi iniziati anteriormente alla data medesima: infatti la predetta legge di conversione non reca alcuna norma di diritto intertemporale che deroghi al principio tempus regit actum, che deve pertanto essere interpretato, coerentemente con la natura sanzionatoria della norma, con riferimento alla data del fatto genetico della sanzione, nel caso di specie l’omessa comparizione all’incontro per la mediazione debitamente fissato
rilevato che a seguito di espresso invito del giudice non è stata allegata all’odierna udienza alcuna ragione integrante giustificato motivo per l’omessa partecipazione di parte attrice opponente s.a.s. al predetto procedimento di mediazione
rilevato che il contributo unificato complessivamente dovuto per il presente giudizio ammonta ad €550,00 complessivi, dati dalla somma della fase monitoria e della fase a cognizione piena, pertanto detta parte deve essere condannata al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di identico importo
rilevato che la partecipazione degli altri tre attori opponenti alla mediazione obbligatoria
costituisce questione pregiudiziale di rito astrattamente idonea a definire il giudizio allo stato degli atti, passibile di rilievo officioso e incidente sul doversi procedere oltre nei rapporti processuali attinti da tale rilievo
visto l’art. 8 d.lgs. 28/2010

P.Q.M.
condanna parte attrice S. S.A.S. , in persona del legale rappresentante pro tempore, residente in omissis, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente a €550,00
manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli attinenti alle notificazioni conseguenti all’irrogazione di pena pecuniaria a carico della parte indicate in dispositivo
visto l’art. 187 cpc
invita le parti alla precisazione delle conclusioni visto l’art. 281 sexies cpc
invita le parti alla discussione orale della causa
***
Parte attrice riferisce che il numero di fax corrisponderebbe a utenza di M.
* * *
Il giudice
Rilevato che la circostanza da ultimo allegata è del tutto sprovvista di prova
Visto l’art. 85 cpc
Dispone procedersi con la precisazione delle conclusioni e la discussione
***
Parti attrici: come da atto in opposizione a decreto ingiuntivo.
Parte convenuta: in via pregiudiziale, eccepisce l’improcedibilità della domanda ex art. 5 d.lgs. 28/2010; conseguentemente l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo di tutte o di parte delle parti processuali; nel merito, come in comparsa di costituzione e risposta.
Le parti chiedono in caso di prosecuzione i termini ex art. 183, co.6 cpc. Le parti discutono la causa illustrando i rispettivi argomenti.
Il giudice dichiara chiusa la discussione, si ritira in camera di consiglio, rinviando ad horas per la lettura della decisione. Invita tutte le parti a comparire alle ore 16.50 odierne nella medesima stanza in cui si è tenuta l’udienza, rendendosi presenti per la lettura della sentenza, che comunque avverrà, nell’ipotesi di assenza di una o più di esse non prima che siano decorsi 10 minuti dal succitato orario.
* * *
Riaperto il verbale alle ore 17.20, viene data lettura in udienza della seguente sentenza contestuale, alla presenza degli avvocati omissis
RG 772 / 2011
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice Stefano Caramellino ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento RG 772 /2011 promosso da
S. S.A.S., omissis; M., omissis
T., omissis
MA., omissis
Parte attrice Parte attrice Parte attrice Parte attrice
BANCA xxx SPA, omissis
CONTRO
Parte convenuta
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Parte attrice: in via pregiudiziale accertare l’incompetenza territoriale del tribunale di Siena in favore di quello di Livorno Sezione Distaccata di PORTO FERRAIO per tutti i motivi di cui in narrativa e, per l’effetto, dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo numero 73/2011; nel merito: in tesi: accertare e dichiarare l’inefficacia e l’invalidità e/o nullità dell’ingiunzione di pagamento numero 73/2011, per i motivi tutti di cui in narrativa e per quelli ulteriori che ci si riserva di dedurre e precisare in prosieguo di giudizio; sempre in ogni caso: con vittoria di spese, competenze ed onorari. In via istruttoria: si chiede ammettersi c.t.u. contabile volta a determinare l’esatto ammontare delle partite di dare avere tra le parti, il tutto depurato dagli effetti dell’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi ed all’applicazione illegittima della commissione di massimo scoperto.
Parte convenuta: in via pregiudiziale, eccepisce l’improcedibilità della domanda ex art. 5 d.lgs. 28/2010; conseguentemente dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo di tutte o di parte delle parti processuali; nel merito, previa dichiarazione di competenza territoriale del foro di Siena, respingere tutte le domande attrici perché infondate in fatto ed in diritto per i motivi addotti in narrativa e conseguentemente confermare in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto numero 73/2011 emesso dal tribunale di Siena l’1/2 febbraio 2011 a favore della banca xxx s.p.a.; nel merito e in denegata ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, condannare in ogni caso la S.S.A.S. ed i garanti di questa M., T., MA., nei limiti di ciascuna loro fideiussione, al pagamento a favore della banca xxx S.P.A. delle somme che risulteranno di giustizia da questi dovute. Con vittoria di spese e di onorari.
Il giudice,
RAGIONI di FATTO e di DIRITTO
rilevato che l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito nella fase monitoria è stata formulata da parti attrici opponenti senza contestare tutti i fori alternativi ex art. 20 cpc, in particolare quello del luogo presso il quale l’obbligazione deve essere adempiuta (il domicilio del creditore al tempo della scadenza ex art. 1182, co. 3 cpc, che tra l’altro è appunto Siena)
rilevato che parti attrici opponenti neppure deducono che la clausola inerente alla competenza territoriale del foro in cui è sita Portoferraio vada interpretata come clausola di foro esclusivo malgrado la contemporanea pattuizione della competenza di questo Tribunale contenuta nelle fideiussioni
ritenuta pertanto l’inammissibilità dell’eccezione di incompetenza territoriale, così per come formulata;
rilevato che all’esito della prima udienza, con ordinanza riservata comunicata a tutte le parti costituite, era stato assegnato il termine di cui all’art. 5, co.1 d.lgs. 28/2010 per la promozione della mediazione obbligatoria, nella ricorrenza dei presupposti per tale statuizione
rilevato che detta norma è oggetto di giudizio di legittimità costituzionale in esito all’ordinanza TAR Lazio 12 aprile 2011, numero 3202, ma che tale circostanza non integra causa di sospensione necessaria ex articolo 295 c.p.c., poiché secondo la giurisprudenza di legittimità “il giudice, qualora ritenga rilevante la questione, [deve] investire a sua volta la Corte costituzionale e successivamente procedere alla sospensione del giudizio” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24946 del 24/11/2006 Rv. 593752, nonché le ordinanze emesse in pari data numeri 24947, 24949, 24950)
rilevato che la norma censurata di illegittimità costituzionale dal TAR Lazio inter Aliis prescrive il previo esperimento di una procedura per la risoluzione di controversie civili e commerciali relative a diritti disponibili alternativa all’azione giudiziale, di fatto notoriamente dispendiosa in termini economici e, nell’odierna contingenza emergente dalle statistiche Istat nazionali e locali, di tempo
ritenuto pertanto che la mediazione obbligatoria, senza violare il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, introduca un ulteriore strumento di tutela dei diritti, la cui effettività, potenzialmente non minore di quella della giurisdizione nell’odierno contesto, necessita rebus sic stantibus del presidio dell’obbligatorietà, stante la novità dell’istituto
ritenuto per tali ragioni di non dover sollevare d’ufficio ex art. 23, commi 3 ss. Legge 87/1953, questione di legittimità costituzionale della predetta norma, peraltro nemmeno sollecitata dalle parti in causa, anche alla luce del fatto che al punto 9 della propria Risoluzione 13 settembre 2011 n. 2011/2026(INI) il Parlamento Europeo ha osservato “che i risultati raggiunti, in particolare in Italia, Bulgaria e Romania, dimostrano che la mediazione può contribuire a una soluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie attraverso procedure adeguate alle esigenze delle parti”
considerato che l’improcedibilità deve essere rilevata d’ufficio dal giudice
rilevato che nel caso di specie le tre persone fisiche parti attrici opponenti, destinatarie dell’ingiunzione in qualità di fideiussori hanno conferito mandato a conciliare ad uno dei loro difensori, che tuttavia non risulta avere proposto alcuna domanda di mediazione in loro nome, bensì soltanto in nome e per conto della s.a.s. attrice opponente, ancorché in persona delle tre predette persone fisiche, sempre menzionate nella sola loro qualità di sue legali rappresentanti (docc. 3 attori, 17 convenuti, 21 convenuti)
rilevato che pertanto queste ultime, sebbene dotate della veste processuale di attrici opponenti, non hanno in alcun modo preso parte alla mediazione obbligatoria
rilevato che anche la s.a.s. promotrice di tale procedura, peraltro, si è limitata a depositare una domanda introduttiva di procedura di mediazione, senza poi prendere parte alla procedura stessa (lo si desume dal doc. 3 di parte attrice e 21 di parte convenuta) e senza corrispondere né le competenze del mediatore, né tantomeno le spese introduttive della procedura, al cui versamento risulta invece avere fatto luogo la convenuta opposta (doc. 20 di parte convenuta)
rilevato per di più che nel caso di specie parte attrice opponente ha promosso la procedura di mediazione senza provocare o procurare la presenza delle parti della presente lite (i tre attori opponenti persone fisiche) diverse dal convenuto opposto
ritenuto in punto di diritto che la prescrizione legale del previo esperimento della procedura media – conciliativa, in quanto intesa allo scopo della deflazione del contenzioso mediante l’offerta di un’effettiva ed attuale possibilità di definizione stragiudiziale della controversia anteriormente alla trattazione della medesima, non possa ritenersi soddisfatta mediante un mero formalistico deposito di domanda cui non faccia seguito alcun comportamento della parte proponente idoneo a perseguire né l’instaurazione di un effettivo ed integro contraddittorio di fronte al mediatore, né l’effettiva fruizione del servizio da quest’ultimo erogato, che trova il suo corrispettivo nel pagamento delle competenze del mediatore ritenuto pertanto che il comportamento elusivo tenuto dalla Sas attrice opponente nei confronti della prescrizione legale di un presupposto processuale, costituente norma imperativa poiché posta a presidio del giusto processo e della sua ragionevole durata mediante la complessiva deflazione del contenzioso civile, anche nell’interesse pubblico, integri gli estremi della frode alla legge, che da sempre l’interpretazione del Supremo Collegio identifica con il perseguimento in via di fatto di un risultato vietato dalla legge con norma imperativa (Cass. 11/01/1973, n. 63, conf. Cass. 17 luglio 1981, n. 4414, ma già Cass.
03/02/1967, n. 302, secondo cui atto in frode alla legge è quello che tende a “raggiungere fini contrari alla legge o ad ovviare a divieti tassativi di legge”; tutte le pronunce citate sono state adottate dalle Sezioni Unite della Suprema Corte)
ritenuto che nel caso di specie lo scopo di eludere, sul piano sia della sua funzione processuale sia dei suoi riflessi pecuniari, l’obbligatorietà della media-conciliazione sia stato efficacemente perseguito da parti attrici opponenti, in contrasto con la norma imperativa processuale
ritenuto che ne discenda l’improcedibilità della causa di opposizione a decreto ingiuntivo in capo a tutti gli attori opponenti
ritenuto che la presente statuizione abbia forma di sentenza poiché le condizioni di procedibilità, come riconosciuto dalla giurisprudenza unanime sull’interpretazione dell’art. 145 d.lgs. 209/2005, incidendo sull’an del diritto di azione, sono idonee a definire la lite con
pronuncia in mero rito, che in difetto di contraria disposizione di legge non può che avere la forma prescritta dall’art. 279, co.3 n. 2 cpc; anche Trib. Roma, Sezione Distaccata di Ostia, 26 marzo 2012 ha ritenuto che il provvedimento con cui il giudice definisce la questione della procedibilità dell’azione ha natura sostanziale di sentenza
rilevato che in ragione dell’assoluta carenza di specifica allegazione e prova circa le somme asseritamente non dovute, palesata dalla mancanza di elaborati tecnici di parte, il decreto opposto è già stato munito, nei confronti di tutti gli attori opponenti, di efficacia esecutiva, sicché non si pone questione circa l’applicabilità dell’art. 653, co.1 cpc
rilevato ai fini delle spese di lite che non sussistono gravi ed eccezionali ragioni per discostarsi dal criterio della soccombenza, pertanto occorre applicare l’art. 9, co.3 d.l. 1/2012 e la tabella allegata al DM Giustizia 127/2004, in relazione al valore di causa compreso tra €103.300 ed €258.300
ritenuto che la definizione in rito, a fronte peraltro della qualità dell’attività difensiva svolta da parte convenuta, implichi la liquidazione degli onorari nel valore medio della forcella, tenuto conto che si sono tenute tre udienze, una delle quali non esauritasi nella discussione ritenuto che, anche alla luce dell’assoluta inconsistenza ai fini del merito dei documenti attorei, meriti una proporzionata sanzione ex art. 96, co.3 cpc la condotta dilatoria concretatasi nella tardiva rinuncia al mandato, inefficace sia perché non vi è prova che sia stata trasmessa ad alcuno degli attori opponenti, sia comunque ex art. 85 cpc, e vieppiù nella formulazione e reiterazione di manifestamente infondata istanza di rinvio per rinuncia al mandato, peraltro non accompagnata da istanza di rinvio ex art. 281 sexies cpc, ragione quest’ultima per cui la misura della sanzione va equitativamente contenuta entro il centesimo del valore di lite in linea capitale
visti gli artt. 281 sexies, 279 e 91 ss. cpc
il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione reietta o assorbita
P.Q.M.
dichiara improcedibile l’opposizione proposta da parti attrici opponenti S. S.A.S. , in persona del legale rappresentante pro tempore, T., MA., M. avverso il decreto ingiuntivo Tribunale di Siena xx/2011, che conferma a favore di parte convenuta BANCA xxx SPA , in persona del legale rappresentante pro tempore
condanna parti attrici opponenti S. S.A.S. , in persona del legale rappresentante pro tempore, T., MA., M., in solido tra loro,
1- a rifondere le spese processuali di parte convenuta BANCA xxx SPA , in persona del legale rappresentante pro tempore che liquida in euro 1195,00 per diritti, euro 4805,00 per onorari, oltre rimborso forfetario 12,50% ex art. 14 allegato al DM Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, oltre CPA ed IVA ai sensi di legge
2- al pagamento di una somma di €1.460,30 a favore di parte convenuta BANCA xxx S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli conseguenti alle statuizioni sopra adottate in tema di sanzione pecuniaria.
Siena, 25/06/2012 . Letta in udienza. Verbale chiuso alle ore 17.35
Il giudice Stefano Caramellino

mediazione obbligatoria conciliazione

Assemblea di condominio e fattispecie di reato. Legittimità della dichiarazione della parte offesa quale mezzo di prova

In sede di assemblea condominiale possono verificarsi fatti tali da configurare una fattispecie di reato.
Nel caso di specie, un architetto, rappresentante di condominio, lamentava di essere stato oggetto di ripetuti epiteti offensivi da parte di un condomino (“architetto del c…”, “mafioso”, “evasore fiscale”).
Costituitosi parte offesa in un procedimento, l’architetto riceveva soddisfazione, con conseguente condanna del condomino per il reato ci cui all’art. 594 c.p. (ingiuria). Il condomino ricorreva in Cassazione, sostenendo, oltre al fatto che il suo comportamento doveva ritenersi giustificato dallo stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, ai sensi dell’art. 599 c.p., principalmente che il Tribunale aveva giudicato sulla base della prova testimoniale della parte offesa.
La Corte di Cassazione (sent. 23 agosto 2012 n. 33221) ha però rigettato il ricorso, rilevando, in primo luogo, come lo stato d’ira, per rappresentare causa di giustificazione ai sensi dell’art. 599 c.p., debba essere indotto da un fatto ingiusto altrui, mentre nel caso di specie era il frutto di un comportamento gratuitamente astioso derivante dalla contrarietà del condomino condannato all’esecuzione di lavori condominiali in ordine all’esecuzione dei quali l’architetto aveva altresì preso posizione favorevole.
Ciò premesso, la Suprema Corte ha dichiarato la legittimità dell’utilizzo della dichiarazione della parte offesa quale prova di responsabilità, in quanto “…la persona offesa, anche costituita parte civile, partecipa al processo, di regola, in qualità di testimone e, in tale veste, è tenuta a prestare giuramento sicchè le sue dichiarazioni sono idonee ad essere valutate come elemento di prova anche a prescindere dalla ricerca e dalla sussistenza di elementi di riscontro”.

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