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La reale portata dell’espressione ”contratti assicurativi” di cui all’art. 5 del decreto legislativo n. 5 del 2010

Secondo una recente pronuncia del Tribunale di Verona (ord. 4 aprile 2012), l’espressione ”contratti assicurativi”, utilizzata nell’art. 5 D.lgs n.28 del 2010, avrebbe una portata più ampia rispetto a quella che si rinviene nel codice civile e nel codice delle assicurazioni, vale a dire ”contratti di assicurazione”.
Il criterio di riferimento, al fine di individuare la tipologia di rapporti riconducibili alla categoria dei contratti assicurativi ex art. 5 D.lgs n. 28 del 2010, sembrerebbe essere pertanto quello di carattere soggettivo, fondato sulla qualità professionale di impresa di assicurazione del soggetto che ha assunto l’obbligazione di pagamento, a prescindere dalla natura di quest’ultima.
A dette conclusioni, peraltro, si perviene sulla base di due distinti ordini di ragioni.
Al di là infatti della diversità semantica sopra rilevata, che induce ad attribuire una più ampia estensione alla nozione adoperata dal legislatore del 2010, il Tribunale osserva che ”…la relazione governativa al D.lgs n. 28 del 2010, nell’esporre i criteri che hanno ispirato la scelta delle controversie da sottoporre a mediazione obbligatoria, ha chiarito, con riferimento alle tipologie di quelle relative ai contratti assicurativi, bancari e finanziari, che esse (…oltre a sottendere rapporti duraturi tra le parti (…) conoscono una diffusione di massa e sono alla base di una parte non irrilevante del contenzioso).
Alla luce di tali considerazioni, il criterio discretivo utile a definire i rapporti riconducibili alla categoria dei contratti assicurativi di cui al primo comma dell’art. 5 D.lgs n. 28 del 2010 è (…) quello, di carattere soggettivo, fondato sulla qualità professionale di impresa di assicurazione del soggetto che ha assunto l’obbligazione di pagamento, a prescindere dalla natura di quest’ultima.
Tra tali rapporti può pertanto pienamente ricomprendersi anche la polizza fideiussoria sottoscritta da una compagnia assicuratrice (analogamente rientrerà nella tipologia dei contratti bancari quella rilasciata da un istituto di credito), sebbene essa abbia natura di fideiussione o di garanzia atipica se stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 3947 del 18 febbraio 2010”.

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Sequestro giudiziario ante causam e mediazione obbligatoria nella giurisprudenza di merito

Il Tribunale di Brindisi (Sez. distaccata di Francavilla Fontana, 9.01.2012), nel corso del giudizio di merito instaurato ai sensi e nei termini di cui all’art. 669 octies c.p.c. dalla parte ricorrente che aveva ottenuto ante causam il sequestro giudiziario del bene oggetto della lite, afferma che, pur volendo instaurare il procedimento di mediazione ex art. 5, D.lgs n. 28 del 2010, la ricorrente medesima non potrà esimersi dal proporre la domanda relativa al giudizio di merito, pena l’inefficacia della misura cautelare secondo quanto disposto dall’art. 669 novies c.p.c.
Nel caso di specie, infatti, posto che il termine di durata della procedura conciliativa può spingersi fino a quattro mesi, ove la parte interessata non avesse proposto la domanda introduttiva del giudizio di merito nel termine di 60 gg. (perentorio), previsto dall’art. 669 octies c.p.c., sarebbe incorsa nella sopravvenuta inefficacia della misura cautelare confermativa, non rilevando ai fini del decorso di detto termine la circostanza che l’esecuzione del sequestro fosse stata sospesa ex art. 669 terdecies.
Ora, a prescindere dalle peculiarità proprie del caso di specie, il Tribunale osserva in via generale che ”…nella piena operatività della media conciliazione obbligatoria, la parte che abbia richiesto e ottenuto un sequestro ante causam (richiesta sempre possibile poiché l’art. 5, comma 3, D.lgs n. 28 del 2010 prevede che ”…lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari”) per una controversia rientrante in una delle materie di cui al comma 1 del suddetto articolo, pur volendo esperire il procedimento di mediazione non potrà esimersi dall’instaurare il giudizio di merito ex art. 669 octies c.p.c. prima o nel corso della mediazione stessa, in quanto, per una parziale antinomia che si auspica possa essere meglio armonizzata de jure condendo (anche mediante un intervento correttivo o additivo della Corte costituzionale sull’art. 669 octies, comma 1, c.p.c. in virtù di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto dell’art. 24 della Carta Fondamentale, che nella specie non può tuttavia essere sollecitato per difetto di rilevanza della questione ai fini del giudizio), il termine di durata della procedura conciliativa ai sensi dell’art. 6 del d.lgs n. 28 del 2010 può spingersi fino a 4 mesi, ed è dunque più ampio rispetto al termine perentorio di cui all’art. 669 octies, comma 1, c.p.c.
Di conseguenza, la parte interessata, ove volesse attendere l’esito della media conciliazione prima di introdurre il giudizio di merito, rischierebbe, in caso di mancato accordo, di vedere vanificata anche la tutela conservativa già ottenuta a seguito dell’inefficacia ex art. 669 novies c.p.c.
Paradossalmente, le altre due strade ipotizzabili, se da un lato consentirebbero di evitare il suddetto rischio, dall’altro produrrebbero comunque un irragionevole aggravio per il diritto di difesa (in primis sul piano dei costi processuali) poichè:
– attivando la mediazione contestualmente all’instaurazione del giudizio di merito, specie ove la mediazione stessa si dovesse concludere positivamente, la parte avrebbe sopportato invano anche le spese per introdurre il giudizio, poi non più necessario;
– instaurando solo il giudizio, la parte andrebbe incontro ad una procedura giudiziale di improcedibilità alla prima udienza, con conseguente invito a procedere alla mediazione e sopportarne i relativi costi
”.

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Processo sommario di cognizione: la mediazione si applica ove si renda necessario il mutamento di rito

Il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 22 maggio 2012, si è soffermato sui rapporti intercorrenti tra il processo sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e segg. c.p.c. e la mediazione civile.
Sembra opportuno premettere come il procedimento in parola, pur non essendo caratterizzato da finalità cautelari o d’urgenza, preveda comunque modalità attraverso le quali risulta massimizzata la velocità della trattazione e della decisione della controversia, con evidente premialità per il ricorrente che sia in grado di comprovare con forte evidenza le ragioni che militano favore del proprio diritto. E’ appena il caso di rammentare che l’art. 702 ter, co. 5, c.p.c., (”…alla prima udienza il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande”), ricalca pedissequamente quanto disposto, in tema di forme procedimentali, dall’art. 669 sexies, c.p.c., relativo al procedimento cautelare!
Rileva quindi il Giudice, nella summenzionata ordinanza, il fatto che ”…una tale disposizione consente evidentemente il rinvio della prima udienza per lo sviluppo degli incombenti necessari, ed esclude all’evidenza una trattazione frammentata o eccessivamente protratta ed invita le parti e il giudice a un confronto processuale concentrato e risolutivo in un medesimo contesto spazio temporale, virtualmente incompatibile con la previsione della concessione di termini per l’esperimento di attività ulteriori e diverse da quelle strettamente tenute in considerazione dalla norma citata e dallo scopo stesso della sua introduzione: svolgere processi semplici, dove le ragioni siano chiare e intelligibili (…) in brevissimo tempo”.
E veniamo al rapporto con la mediazione.
Al fine di evitare un’interpretazione fuorviante delle disposizioni sul procedimento in esame ed, anzi, mirando ad armonizzare il processo sommario di cognizione con quanto previsto dal D.lgs n. 28 del 2010, il Tribunale osserva che l’art. 5, co. 4, di quest’ultimo prevede che ”i commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alle pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione…”.
Al riguardo, dunque, il Giudice ritiene in conclusione che ”…tale disposizione ben possa essere analogicamente applicata al caso del processo sommario di cognizione per l’ipotesi in cui, non potendosi procedere nelle forme previste dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c. per la complessità istruttoria contenutistica della controversia, sia necessario convertire il processo nel rito ordinario di cognizione, nel qual caso, evidentemente dovrà procedersi secondo quanto previsto dal primo comma dell’art. 5 D.lgs n. 28 del 2010”.

Nullo l’atto di citazione che lede il contraddittorio in tema di mediazione

Il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, con sentenza 13 giugno 2012, ha avuto modo di riaffermare come debba considerarsi nullo l’atto di citazione lesivo del contraddittorio sotto il profilo dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione.
Nel caso di specie, si tratta di questione inerente lo scioglimento della comunione, nella quale, quindi, ai sensi del D.lgs n. 28 del 2010, si deve previamente espletare il tentativo di mediazione.
Il Giudice rileva che non può disporsi la rinnovazione della citazione o della notificazione della stessa o l’integrazione del contraddittorio per una successiva udienza assegnando contestualmente il termine per la proposizione dell’istanza di mediazione; ciò sulla base della considerazione che ”…è necessario garantire a tutte le parti del giudizio la possibilità di interloquire sulla necessità o meno di instaurare un procedimento di mediazione (con riferimento ad esempio alla circostanza della sussumibilità della specifica controversia in quelle soggette per legge alla mediazione obbligatoria)”.
Il Tribunale osserva altresì come l’invio delle parti in mediazione contestualmente all’imposizione degli adempimenti per la regolare instaurazione del contraddittorio “…sarebbe sì una soluzione attuativa del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, ma impedirebbe alle parti ancora non presenti in giudizio di evidenziare le ragioni per cui non andrebbe effettuata la mediazione obbligatoria e potrebbe comportare, in caso di presentazione davanti al mediatore del chiamato in mediazione, la sopportazione di costi ad opera di quest’ultimo soggetto ancora non costituito in giudizio e la necessità per lo stesso chiamato, in caso di sua contumacia nel procedimento di mediazione, di dover motivare il giustificato motivo della sua assenza qualora decidesse di costituirsi poi in giudizio e ciò al fine di evitare le conseguenze negative previste dall’art. 8, comma 5, D.lgs n. 28 del 2010”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, dunque, il Giudice, in linea con le citate esigenze di ragionevole durata del processo, ritiene che nulla osti al fatto che sia l’attore ad attivarsi spontaneamente, prima della successiva udienza, al fine di provocare il tentativo di mediazione, evitando così di dover attendere, per il medesimo scopo, l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., “…per poi dovere subire il rilievo officioso dell’improcedibilità della domanda e, quindi, un ulteriore rinvio ad oltre quattro mesi di distanza”.
Di conseguenza, il giudice ha provveduto a dichiarare la nullità della citazione fissando, ex art. 164 c.p.c., la data della successiva udienza.
Da rilevare, peraltro, a margine degli aspetti di specifico interesse che si sono evidenziati sopra, il fatto che nel caso riportato l’atto di citazione avrebbe dovuto essere dichiarato nullo in ogni caso, in quanto mancante dell’avvertimento relativo alla decadenza di cui all’art. 38 c.p.c., vizio non sanatosi a causa della mancata costituzione della parte convenuta.

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In mediazione non è necessaria l’esatta formulazione della domanda sotto il profilo giuridico

Il Tribunale di Mantova, con l’ordinanza n. 158 del 25 giugno 2012, ha affermato, secondo un approccio che appare da condividersi integralmente, come non sia affatto necessario che le domande proposte al fine di introdurre un procedimento di mediazione siano compiutamente ed esattamente formulate sotto il profilo strettamente giuridico, risultando sufficiente, come peraltro espressamente previsto dall’art. 4 D.lgs n. 28 del 2010, la circostanza che l’istanza contenga l’indicazione dell’oggetto e delle ragioni della pretesa, così da consentire alle parti l’eventuale raggiungimento di un accordo conciliativo in merito ad essa.
Il Giudice, avendo la parte convenuta eccepito in via pregiudiziale l’improcedibilità della domanda proposta dagli attori ai sensi dell’art. 5 del D.lgs n. 28 del 2010, per non esservi corrispondenza ed identità tra le domande contenute nell’istanza di mediazione prodromica ed obbligatoria e le domande successivamente proposte in giudizio, ha rigettato detta eccezione di improcedibilità, osservando come ”…nell’ambito della procedura di mediazione non è obbligatoria l’assistenza tecnica di un difensore, per cui non può ritenersi che le domande proposte in sede di mediazione debbano essere compiutamente ed esattamente formulate sotto il profilo giuridico, essendo sufficiente, come espressamente previsto dall’art.4 D.Lgs n. 28 del 2010 che l’istanza contenga l’indicazione dell’oggetto e delle ragioni della pretesa, al fine di consentire alle parti di raggiungere un accordo conciliativo in merito”.

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