mediazione obbligatoria conciliazione

Proposta di modifica della mediazione nelle controversie in ambito condominiale

La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, all’esito di un iter avviato il 31 gennaio 2011, ha definito il testo base della riforma del condominio (A.C. 4041).
L’art. 71-ter si riferisce espressamente, in termini assai completi, alla mediazione obbligatoria nelle controversie relative alla materia in esame.
Qui di seguito, il testo licenziato dalla Commissione:
̋Art 71-ter. – Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dalla errata applicazione delle norme del Libro Terzo, Titolo VII, Capo II del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni di attuazione, nonché le controversie in cui il condominio è parte.
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione che si trovi nella circoscrizione del Tribunale nella quale il condominio è situato.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumersi con le maggioranze di cui all’art. 1136, secondo comma,del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere detta delibera, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dal’assemblea con le maggioranze ci cui all’art. 1136, secondo comma, del Codice. Se non si raggiungono le predette maggioranze, la proposta si deve intendere non accettata.
Il mediatore fissa il termine di cui all’art. 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare”.

Mediazione-pubbliche-amministrazioni-problema-assistenza-legale

Giudici di pace e mediazione obbligatoria: la querelle prosegue

L’entrata in vigore, il 21 marzo scorso, dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione anche in materia di controversie condominiali e di sinistri stradali, ha immediatamente prodotto gli effetti deflattivi auspicati e perseguiti dal legislatore, con un notevole incremento delle istanze di mediazione presentate agli organismi accreditati.

I diretti interessati, però, non sembrano intenzionati ad accettare la novità: diversi Giudici di Pace, (ad es. Giudice di Pace di Napoli, ord. 23 marzo 2012, o Giudice di Pace di Cava dei Tirreni, ord. 21 aprile 2012) infatti, hanno sostenuto che nelle questioni rientranti nelle proprie competenze il tentativo di conciliazione non sarebbe obbligatorio, sulla base di argomentazioni che non mancheranno di suscitare più di una perplessità.

In sintesi, si sostiene che, rappresentando il Titolo II del Libro II del c.p.c., dedicato al processo dinanzi al Giudice di Pace, una normativa speciale rispetto al giudizio ordinario, e non contenendo il D.lgs n. 28 del 2010 alcun riferimento al medesimo, non risulterebbero abrogati gli artt. 320 e 322 c.p.c., i quali prevedono un tentativo di conciliazione, rispettivamente giudiziale e stragiudiziale operato dal Giudice di Pace stesso, il secondo dei quali, in particolare, perseguirebbe la medesima finalità del decreto legislativo.

In sostanza, dunque, si asserisce la contraddittorietà e la intrinseca illogicità della previsione di un tentativo di conciliazione, vale a dir quello esperito dal mediatore, che andrebbe a precedere quello successivamente operato dal giudice in sede non contenziosa.

Sorge spontaneo domandarsi, ove non si proceda in mediazione prima di agire dinanzi al Giudice di Pace, se non si finisca con il rischiare di vedersi annullata la sentenza in appello, per poi dover riprendere tutto da capo, a partire dal tentativo di conciliazione dinanzi ad un Organismo…

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Processi in Italia: tempi sempre più lunghi

Ben poco confortanti i dati che emergono dal IV rapporto PIT Giustizia presentato, presso il Senato della Repubblica, da Giustizia per i diritti – Cittadinanzattiva.
Per quanto concerne l’ambito penale, la durata media del processo si attesta a otto anni e tre mesi, vale a dire il doppio rispetto al 2010 (con picchi, nel 17% dei casi, di oltre quindici anni).
Ancor più preoccupante appare la situazione nel campo civile, dove, oltre ad una maggiore durata media, il 20% dei processi accusa una durata media che oscilla tra i sedici ed i venti anni.
Per quanto riguarda la mediazione civile facoltativa, essa risulta utilizzata solo nel 10% dei casi, mentre quella obbligatoria, pur dimostrandosi lo strumento maggiormente idoneo ad un complessivo smaltimento del sistema, non appare ancora sufficientemente supportata da una adeguata conoscenza, come evidenziato dal fatto che la gran parte delle mediazioni inefficaci dipendono dalla mancata adesione della parte chiamata.

mediazione civile obbligatoria dl 69-2013 dlsg 28-2010

Condanna del Tribunale per mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria

Il Tribunale di Termini Imerese ha condannato al risarcimento, in favore dell’Erario, di una somma pari al contributo unificato per la mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria.
La difesa dei convenuti ha giustificato l’assenza dei propri assistiti al tentativo di mediazione con un acclarata ed atavica litigiosità tra le parti. La sussistenza della situazione di litigiosità non può giustificare la mancata partecipazione al tentativo in quanto questo viene svolto con il fine di comporre la lite tra le parti.
Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 8, comma 5, del d.lgs. 28/2010, come modificato dal D.L. 138/2011, deve essere pronunciata condanna al versamento in favore del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio nei confronti della parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5 del medesimo decreto legislativo, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo.
Essendo il procedimento di mediazione stato proposto successivamente all’entrata in vigore del D.L. 138/2011, il Giudice ha ritenuto doversi applicare, detta norma, alla mancata mediazione, in quanto non ha ritenuto valido il motivo di giustificazione.

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La Spagna applica la direttiva sulla mediazione

Fino allo scorso mese di marzo la Spagna non aveva ancora notificato alla Commissione UE le misure adottate in attuazione della Direttiva 52⁄2008⁄CE in materia di mediazione.
In conseguenza di ciό, era incorsa nella procedura di infrazione finalizzata ad indurre lo Stato membro ad adeguarsi agli obblighi comunitari.
Il Real Decreto Ley n.5 del 5 marzo 2012 ha provveduto in tal senso.
Va sottolineato che si tratta di una innovazione di indubbio rilievo per un sistema, come quello iberico, nel quale, pur essendo in vigore diverse leggi sulla mediazione, prevalentemente in materia familiare, a livello di Comunità Autonome, mancava completamente una disciplina generale nell’ambito civile e commerciale.
Occorre peraltro rilevare come in Spagna non si sia voluta introdurre l’obbligatorietà del tentativo con riferimento a determinate materie, potendo le parti accedere alla mediazione o volontariamente o in virtù di un’apposita clausola inserita nel contratto.
Il decreto non prevede, peraltro, le categorie professionali che possono accedere alla formazione richiesta per svolgere il ruolo di mediatore. Gli organismi di mediazione sono invece tenuti a pubblicare almeno un profilo minimo dei mediatori iscritti, dal quale risulti il percorso formativo svolto, le materie di specializzazione e le esperienze maturate. Naturalmente, l’operato dei mediatori e degli organismi sará monitorato dalla Pubblica Amministrazione.

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